Qualche settimana dopo non ci fu bisogno della testimonianza di Lauren, perché Jeffrey Warren, l'autista del camion, confessò dopo essere stato chiamato in tribunale. Si scusò con le famiglie coinvolte, ma ovviamente le sue scuse non servirono proprio a nulla, né tanto meno furono accettate.
Si beccò trent'anni di galera che non sarebbero potuti diminuire nemmeno se avesse adottato un atteggiamento impeccabile dietro le sbarre.
Lauren procedeva abbastanza a rilento con la fisioterapia, pensava che sarebbe stato un processo più rapido e veloce, ma si sbagliava.
Non riusciva a stare in piedi da sola con la sua gamba, nemmeno con l'aiuto del bastone, e quel giorno si sentiva particolarmente nervosa
«Vaffanculo!» gridò, dopo l'ennesimo tentativo di alzarsi in piedi.
«Lauren, ci riuscirai, vedrai» la incoraggiò Amy sedendosi accanto a lei.
«Non è vero! Stiamo solo perdendo tempo!» urlò ancora. «Sono stanca di provare» disse, con un tono di voce più basso, chiudendo gli occhi e poggiando un braccio sulla faccia per coprirsi.
«Lauren non sto mentendo» disse Amy accarezzandole affettuosamente i capelli. «Potrai camminare, ma dobbiamo lavorarci molto, tutti i giorni, e non devi mai perdere la speranza.»
«Amy è da settimane che proviamo, e risultati non ce ne sono stati» sbuffò, spostandosi dal suo tocco.
«Cos'hai oggi? È tutto il giorno che sei strana e distante... ho fatto qualcosa?»
«Amy, vai a casa per favore, ho bisogno di una pausa.»
«Una pausa da cosa?»
«Cazzo! Va' via» strillò Lauren guardandola finalmente negli occhi. «Va' via.»
«Non me ne vado se prima non mi spieghi qual è il problema» ribatté Amy senza spostarsi di un millimetro, ma mantenendo, tuttavia, la distanza tra loro.
«Perché sei qui, Amy?»
«Non capisco... voglio aiutarti, e inoltre sto facendo il mio lavoro.»
«Il tuo lavoro consiste nell'uscire con i tuoi pazienti, baciarli, e fare questo genere di cose?»
«Quindi è di questo che si tratta?»
«Amy, non ho niente da darti, probabilmente non potrò nemmeno camminare, quindi che stai a fare qui?»
«Lauren, si può sapere perché adesso stai pensando in questo modo?»
«Perché è la verità. Non posso fare nulla per te, e poi, comunque, cosa siamo? Una specie di scopa amiche che non sono ancora arrivate a scopare?»
Amy le diede uno schiaffo forte in viso, raccolse le sue cose, e se ne andò.
Qualche minuto dopo suo padre, preoccupato per il modo in cui aveva visto Amy andare via, entrò nella stanza di sua figlia, trovandola in lacrime, stesa sul pavimento.
«Lauren, piccola, che succede?» chiese, avvicinandosi a lei e prendendola tra le sue braccia.
Lauren si aggrappò a suo padre e iniziò a piangere, stringendo la camicia di lui tra le mani. Non disse nulla, continuò a versare lacrime mentre Alexander la cullava per cercare di dare un minimo di sollievo alla sua bambina.
«Piccola...» provò Alexander dopo un po'.
«Papà, io... non fate entrare più Amy, ok?»
«Lauren ma che stai dicendo?»
«Licenziatela. È brava nel suo lavoro, ma sta perdendo troppo tempo con me...»
«Lauren non licenzierò Amy senza motivo» disse Alexander serio.
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