𝐏𝐑𝐎𝐋𝐎𝐆𝐔𝐄

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"se avessi saputo che quegli occhi sarebbero stati la mia rovina, li avrei fatti miei molto prima di quel giorno

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"se avessi saputo che quegli occhi sarebbero stati la mia rovina, li avrei fatti miei molto prima di quel giorno."
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Pioveva, te lo ricordi? Tanto che nella mia mente albergava il pensiero che il cielo fosse di cattivo umore - pessimo, a dire il vero. Il colore delle nubi era di un neutro grigio che, in modo assai grandioso, sposava i suoni della tempesta in corso ed in contemporanea, quelli del traffico della città di Seoul; nonostante quest'ultimi venissero ovattati, di tanto in tanto, dal rintrono dei lampi e dal frusciare del vento che mi rinfrescava il viso. Il mio sguardo era perso nel vuoto, totalmente disinteressato nello scovar qualcosa che potesse manifestare il suo interesse; forse perché, ormai, qualsiasi cosa risultava ai miei occhi come una inutile aggiunta ad un quadro già definito nei minimi dettagli. Vorrei durasse per sempre, pensai, seduto a gambe incrociate sulle brevi scalinate che portavano all'entrata della palestra del liceo che entrambi frequentavamo, ispirando a pieni polmoni quell'aria che lasciava una sensazione appiccicosa sulla pelle ed un leggero fastidio alle narici.

Vederti lì, fu per me una novità. Correndo sotto la pioggia scrosciante, ti avvicinavi a grandi falcate presso la mia posizione; non ti guardavi neanche davanti, incurante se nel casso fossi finito con l'urtare qualcuno. Tra le tue braccia, stretta e coperta con un telo chiaro, una tela di medie dimensioni. Arrivasti davanti a me, occupandomi la visuale col tuo fisico minuto avvolto da un paio di pantaloni neri un po' sporchi di pittura e la camicia bianca della divisa scolastica completamente zuppa e sporca, anch'essa, di colori acrilici fin su al taschino. Boccheggiavi in cerca d'aria, continuavi a sospirare ed imprecare a bassa voce per quel tempo che sembrava odiassi con tutto te stesso; poi, nell'alzare lo sguardo mi sorprendesti a guardarti ed i nostri occhi si incontrarono per la prima volta. Le tue gote si tinsero - in maniera istantanea - di un rosso tenue ed il tuo labbro inferiore venne stretto dai tuoi denti, forte, fino al farmi pensare che di lì a poco avrebbe iniziato a sanguinare. Non lo capii subito, forse non eri a tuo agio, magari eri seccato dal mio sguardo, ma non ebbi neanche il tempo di pormi quelle domande che, dopo aver chinato il capo in un cenno di saluto, scappasti via, lasciando di te, nell'aria, solo un dolce profumo dalle note floreali che si mischiò presto all'odore dell'acqua piovana.

Poco dopo, il rumore di un qualcosa che d'improvviso cadde al suolo mi scosse l'intero corpo, facendomi sussultare sul posto. Calai lo sguardo, notando in lontananza quell'oggetto che tanto volevi proteggere, solo, in compagnia delle lacrime che il cielo gli versava violentemente contro. Mi alzai, volgendo il passo verso di esso, senza farmi troppi problemi per i vestiti che lentamente mi si appiccicavano al fisico. Calandomi per raccoglierlo, i miei occhi sussultarono nell'apprendere il fatto che, come un riflesso piangente rinchiuso in uno specchio, il mio viso fosse stato ritratto con una moltitudine di colori vivaci in contrasto con una espressione all'apparenza pacata ed infrangibile. Levai alto il capo per cercarti, ma tu già non c'eri più ed il desiderio di sapere chi tu fossi crebbe in me, senza ch'io potessi impedirlo. Le mie mani, accarezzarono il viso del soggetto di quel dipinto, sfiorandone gli occhi, profondi, e quelli tuoi tornarono vividi alla mia mente. Forse per quel loro brillio, o per il calore ch'essi mi trasmisero nell'incontrarli. All'epoca, ammetto, sapevo di per certo solo una cosa: i tuoi occhi sembravano veleno e io mi sentivo già malato.



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𝐉𝐔𝐒𝐓 𝐁𝐄𝐓𝐖𝐄𝐄𝐍 𝐋𝐎𝐕𝐄𝐑𝐒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora