Luna, finestre e didjeridoo...

38 3 0
                                    

Mi telefona Cinzia per dirmi che il musicista di Padova andrà a Lucca esattamente il fine settimana in cui dovrò andare anch'io. Sarebbe bene mettersi d'accordo in modo da poter fare una macchina unica. Dico che, sì, sarebbe una cosa intelligente e penso che, cazzo, è la macchina che non c'è più; ma va bene, dammi il numero che ci mettiamo d'accordo.  

Ha già dato il mio numero a lui.

O.K (questo leggasi "o punto cappa", in onore di Anna che in questa storia non c'entra niente ma se dovesse leggerla sappia che ho pensato anche a lei).

Allora non mi resta che aspettare che sia lui, questo musicista, a chiamare me.

Non ricordo cosa pensassi esattamente in quel periodo... sì, all'incidente, ai soldi, avevo distrutto la macchina, non avevo una lira e dovevo assolutamente trovare qualcuno che dividesse l'appartamento con me. Ero già fortunata a non essermi fatta niente (o quasi), ero un po' ossessionata, questo me lo ricordo, avevo paura di molte cose, dopo l'incidente, chissà per quale ragione mi ero completamente chiusa in me stessa. Comunque, la voglia di fare non era ancora venuta a mancare.

E dovevo cercare un lavoro, Anna se ne era andata e io non potevo contare sulle poche cifre che mia zia mi erogava di quando in quando.

Comunque c'era questa cosa degli incontri mensili di arte a Lucca cui io partecipavo metodicamente senza sapere esattamente nemmeno per quale ragione continuassi a farlo.

Cinzia mi invitava (o mi autoinvitavo, non so), e io andavo.

Questa volta dovevo consegnarle, senza perderlo strada facendo, un musicista, spacciatomi per percussionista.

Comunque, dopo aver sentito Cinzia, mi dimenticai dell'intera faccenda, avrebbe chiamato lui a e potevo permettermi di cancellare questo dato dalla mia mente. Non ci pensai più finché un giorno Jack squillò (Jack era il nomignolo che io e Anna – sì, io e la mia ex coinquilina avevamo lo stesso nome - avevamo dato al telefono da quando scoprimmo che aveva vita propria!)

- Pronto...

- Anna?

- Sì, chi parla?

- Sono Luciano.

- ...

- Mi ha dato il tuo numero Cinzia di Lucca, sono il ragazzo di Padova che deve andare là a suonare, mi aveva detto che forse tu saresti andata in macchina e per gli strumenti sarebbe comodo...

- Ha! Sì, ho capito.

- Dunque, dimmi...

- (Cosa ti devo dire ?!!! ) Eh! Ti dico che andremo in treno...la macchina non c'è più, mi spiace.

Dice che non è un problema, lui è abituato, era stata Cinzia ad insistere. Potevamo comunque metterci d'accordo per prendere almeno lo stesso treno, oppure, ancora meglio, forse può trovarla lui una macchina. Comunque manca ancora una settimana, io mi informo sugli orari dei treni e lui chiede se qualcuno per caso debba andare a Lucca in auto.

Luciano ha la voce molto calda. La prima telefonata è breve ma sufficiente a scatenare immotivata ma reciproca simpatia.

Mi richiama il giorno dopo. Forse è un po' presto, ma mi fa molto piacere. Mi dice che non ha trovato né macchine né autisti e ci mettiamo a ragionare sugli orari dei treni. Non so poi come né perché il discorso prende una direzione verticale verso il basso (nel senso di profondità! Cosa avevate capito?) che non dispiace a nessuno dei due. Parliamo dei genitori, delle paure che ogni individuo si porta nella tomba, gli parlo dell'incidente e dello strano effetto che ha avuto su di me. Vuole sapere di Anna. Mi dà suggerimenti utili ma soprattutto mi è di gran conforto. Gli dico anche il nome del mio fidanzato ideale: Massimo Persempre.

Sotto le orticheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora