Sono stata, una notte, in casa di uno gnomo che viveva con un uomo strano. Forse però non era tanto strano come poteva sembrare, poiché è facile, troppo facile, oggi come oggi, essere considerati "strani".
Lo dico perché forse anche io sono una di queste persone.
Quello che più mi ha colpito è stata la capacità di quest'uomo di esternare pensieri che probabilmente tutti abbiamo ma che sopprimiamo troppo di frequente. Un quesito mi si è instillato nella mente in quelle poche ore: per quale motivo continuiamo a formulare ipotesi riguardo a temi che creano domande senza risposte, quando siamo perfettamente consapevoli che queste ipotesi non possono essere universali? Qualsiasi nostra convinzione può valere soltanto per noi stessi e in questo modo troviamo un motivo per vivere e un sistema per accettare la morte.
L'uomo ha parlato, forse per merito dello gnomo che vive con lui. Io mi sono limitata, ad un certo punto, a dire che era ora di andare a casa, e non ho aperto bocca per tutta la notte. Però ora sono qua che rifletto su quanto è accaduto e lo scrivo. Forse una cosa la so fare, so pensare e ascoltare, e forse so anche scrivere.
Non so se devo ringraziare l'uomo, lo gnomo o solo me stessa e penso che non lo scoprirò mai, però per merito di quella notte sono riuscita a riacquistare un po' di fiducia in un numero elevato di cose.