Londra riesce sempre a calmarmi.
Anche quando dentro il cuore scalcia, furioso e terrorizzato, e il vuoto mi prende lo stomaco, lo inghiotte.
Se guardo fuori dalla finestra, se osservo questo cielo che sembra solo bianco eppure è pieno di una miriade di colori, riesco sempre a respirare. Riesco quasi a convincermi che andrà tutto bene, che riuscirò a cavarmela.
Perché Londra è casa, lo è sempre stata. È il luogo che li unisce, questi due mondi che mi vivono dentro, questi universi tanto opposti eppure così simili.
È dove troverò sempre me stessa, qualsiasi persona sceglierò di essere.
Oggi è arrivato troppo in fretta.
Per quanto io abbia supplicato e sfidato il tempo, quello è scivolato via, senza lasciarmi scampo.
Avvicino la tazza di tè bollente alle labbra, ne prendo un sorso e trattengo quel calore il più possibile, sperando che allontani il terrore.
Sospiro, quasi sorrido.
Dopo quello che ho vissuto dovrei essere abituata al terrore, eppure non posso farci niente. È qualcosa che non si impara mai a conoscere fino in fondo.
Come la perdita. Come il dolore.
I ricordi arrivano, salgono a stringermi la gola, a chiudermi il cuore in una morsa gelida, quasi come se un Dissennatore lo schiacciasse tra le mani scheletriche, e quello che ho perso, che abbiamo perso, torna a tormentarmi, come sempre.
Pensa a un ricordo felice.
È il suo volto che viene a cercarmi. Che si insinua in mezzo a tutto questo orrore, che si fa strada tra i detriti sanguinanti di ciò che siamo stati, che speravo saremmo rimasti per sempre.
Oggi, dopo tutto questo tempo, lo rivedrò.
È stupido e infantile, soprattutto considerate le circostanze, ma devo confessare che temo più il suo sguardo di tutto il Wizengamot al completo.
Prendo un altro sorso di tè e scorro veloce con gli occhi alla pendola sopra al caminetto.
Le sette e venticinque. Saranno qui tra pochi minuti, sarà meglio muoversi.
Sciacquo la tazza (non riesco ancora a disfarmi di questi semplici gesti babbani) e la lascio a scolare sull'acquaio, poi torno in soggiorno e dò un colpo gentile di bacchetta alle carte sul tavolo, prima di infilarle nella borsa.
Liscio la gonna del tailleur grigio, sistemo un'ultima volta i capelli e inspiro. Raccolgo l'aria piano, lascio che mi apra i polmoni, che provi a calmare i battiti furiosi del cuore e mi dia sollievo, conforto.
Coraggio.
Sei la strega più coraggiosa che conosca.
Lo sono davvero?
Un'ultima occhiata alla pendola: le sette e ventinove.
Allora perché mi tremano le mani? Perché non riesco a fare a meno di vedere i suoi occhi, il suo dispiacere?
Sono le scelte che facciamo che dimostrano quel che siamo veramente.
Ho scelto la mia strada dieci anni fa, devo accettarne le conseguenze.
Un crack appena dietro la porta del mio appartamento, il suono inconfondibile di qualcuno che si è appena materializzato.
Lascio andare il respiro, stringo la bacchetta tra le dita. Non me ne servirò, la consegnerò come previsto dalla legge. Non voglio oppormi, non l'ho mai voluto.
Ti prego, fa' che lui sia davvero lì.
Bussano alla porta.
- Signorina Granger?
Fa' che non mi odi.
Muovo qualche passo fino alla porta, la apro dolcemente, fino a trovarmi di fronte a due maghi dall'aria seria e dimessa, vestiti di tutto punto e con le bacchette sfoderate.
- Buongiorno.
Sono contenta di sentire che la mia voce risuona limpida e sicura.
- Buongiorno, signorina Granger. Siamo venuti per...
- ...per accompagnarmi al Ministero della Magia, lo so.
Sorridono appena, mi lasciano il tempo di infilarmi il cappotto e sistemarmi la borsa sulla spalla.
- Dovrebbe anche... - quello più tarchiato incespica, imbarazzato – consegnarci la...
Indica la mia bacchetta, visibilmente a disagio. Eppure dovrebbe essere abituato a confiscare le bacchette degli imputati.
Sorrido e annuisco, anche se dentro mi sento morire. Senza la mia bacchetta mi sento spoglia, inerme.
- Ecco a voi.
La consegno senza smettere di sorridere, mentre dentro la paura continua a crescere.
Gli uomini fanno un cenno, si fanno da parte per farmi passare.
- Ci segua, signorina.
Esco sul pianerottolo e chiudo la porta alle mie spalle.
Ci siamo, il momento è arrivato. Da ora in poi non si torna più indietro.
Sapevo che sarebbe accaduto, prima o poi. Qualcuno l'avrebbe scoperto. Eppure, quando ho iniziato non mi sarei mai sognata di arrivare a questo punto, di oltrepassare quella soglia così sottile e allontanarmi così da ciò che è giusto.
Però, anche se potessi tornare indietro lo farei ancora, mille altre volte.
Non ho nessun rimpianto.
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La colpa - Processo a Hermione Jean Granger
Fanfiction"Perché, per quanto avessi letto e imparato nella mia breve e giovane vita, niente avrebbe potuto prepararmi a quell'istante, a quel trambusto soffice dentro il cuore, quel bruciore dentro il sangue. Perché quella notte capii che ero innamorata di H...