Il sole rosso e potente era nascosto dietro le grigie nuvole gonfie d'acqua, ma alcune sue scie illuminavano in lontananza il mare scuro e agitato. Sul terrazzo soffiava un vento che odorava di mare e presagiva l'arrivo del temporale. Cambiamento climatico o meno, ma di sicuro il gran caldo che si era prolungato fino ai primi di ottobre, preannunciava l'arrivo di una forte perturbazione. Daniele era ipnotizzato a fissare il mare in lontananza, da dietro i tetti di Genova su cui grosse gocce di pioggia cominciavano a cadere piano, mentre la gente si affrettava a correre in casa, a ritirare il bucato, a chiudere le finestre, a mettere le auto nei garage...una goccia gli cadde sulla fronte e poi ne sentì altre scorrergli lungo la camicia a quadri, sui jeans, sulle converse...-Daniele muoviti- questa era sua madre. Coi capelli arruffati, si muoveva veloce lungo il terrazzo a sistemare le varie piante e pure il compost. Erano probabilmente l'unica famiglia di tutta Genova a tenersi un compost sul terrazzo sopra il tetto della casa. Ma erano anche probabilmente l'unica che non comprava mai la verdura al supermercato: che fosse inverno o estate, il terrazzo era pieno di piante che sua madre coltivava amorevolmente. Zucchine, pomodori, zucca, fagioli, lattuga, melanzane, peperoni...ciò che non riusciva a coltivare da sé lo comprava unicamente nei negozietti equo solidali, a chilometro zero e biologici. –Dai muoviti- lo riprese ancora lei, mentre lui rimaneva lì, impalato, con un vaso di basilico nelle mani. Quando finirono di sistemare, la pioggia si era fatta intensa e cadeva giù forte. Scesero in casa. –Clima giusto per un buon minestrone- commentò sua madre e si mise subito all'opera. Daniele aveva l'impressione che non si stancasse mai.
Guardo Emma sul tappetto, intenta a giocare un po' a caso, come fanno i bimbi di due anni come lei. I capelli, corti e fini, le ricadevano lungo l'apparecchio acustico, ma non abbastanza da nasconderselo. –Ehi Emma- le batté forte le mani Daniele, mettendosi davanti a lei. Poi prese uno dei cubi lì di fianco. –Guarda Emma- continuò, tenendo il volume della voce il più alto possibile. –Rosso- le disse. Poi ne prese un alto. –Blu-. E un altro ancora. –Verde-. Ma niente. Emma lo guardava, curiosa, ma sembrava non capire. –Blu- le disse Daniele, muovendo bene la bocca davanti ai suoi occhi, facendole vedere il movimento che faceva con la lingua. –Lulu- disse sussurrando Emma e poi allungò le mani. Daniele se la mise sulle ginocchia. –Blu- le disse ancora mostrandole il cubo. Lei annuiva, sorrideva. Daniele sperava che non perdesse mai quella sua vivacità, ma sapeva che era impossibile. –Blu- disse ancora. Emma lo guardò dal basso verso l'alto e portò il suo piccolo dito vicino l'occhio sinistro di Daniele e indicandolo disse precisa: -blu-. Daniele sorrise. –Brava- le urlò quasi, la baciò poi sulla testolina che profumava sempre di buono. In quel momento rientrò suo padre. –Grandina- annunciò. I piccoli granelli di pioggia ghiacciata cominciarono a battere sui vetri delle finestre. Daniele portò Emma alla finestra, l'aprì e tese la mano per farci cadere dei granelli. Poi la richiuse e li mostrò alla sorellina. Emma li toccò divertita e dubbiosa. –Io vado a lavorare- annunciò il padre e sparì di sopra, nel suo studio dove dipingeva. –E' ora del bagnetto!- annunciò la madre ad Emma, prendendola in braccio.
Fuori era diventato buio, anche se erano solo le quattro del pomeriggio. Daniele sorrise. Odiava la pioggia perché se c'erano le nuvole non poteva mettersi gli occhiali da sole. Ma adorava quand'era buio, perché le differenza non si notavano. Era in quei momenti che poteva guardarsi allo specchio e dire "va bene anche così".
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VA TUTTO BENE
General FictionLa vita a volte mette davanti a grande difficoltà. Per Daniele, un quindicenne di Genova, la difficoltà più grande, è quella di superare la vergogna per se stesso e la paura che nessuno lo possa accettare o far sentire "normale", come lui vorrebbe...