Daniele si svegliò. La luce entrava dalle finestre della sua stanza, fuori il vento portato dal mare batteva contro le persiane. Un filo di luce gli illuminò gli occhi. Si alzò, con aria stanca, e recepì che fosse lunedì. "La scuola" riecheggiò nella sua mente. Lentamente, prese alcuni libri e quaderni dallo scaffale di fianco alla scrivania e li mise nello zaino. Poi uscì dalla stanza e si diresse nella cameretta di Emma. Era ancora addormentata. Le si sdraiò di fianco e le diede un bacio sulla testa. Era il suo momento preferito della mattina: svegliarsi quando Emma ancora dormiva e sdraiarsi accanto a lei sul suo lettino tutto rosa che faceva fatica a contenere le gambe di Daniele. La madre entrò e gli sorrise. Aprì le persiane e la luce illuminò la stanza. –La svegli tu?- chiese a Daniele. Annuì.
Emma era nata che Daniele aveva già tredici anni. E per lui era stata un'emozione indescrivibile. I suoi genitori avevano lottato molto per riuscire ad avere un secondo figlio, e l'attesa della nascita di Emma era stato fantastico per lui. Aveva accarezzato mattina e sera la pancia alla madre, solo per sussurrare ad Emma il buongiorno o la buonanotte. Una mattina si era alzato, e aveva trovato il padre e la madre intenti ad uscire di casa: sua madre era nettamente provata dalle contrazioni. –E' ora! E' ora!- urlava il padre, e frettolosamente mentre già usciva di casa gli aveva urlato di aspettare che lo zio Tiziano venisse a prenderlo, di fare colazione e di stare tranquillo che andava tutto bene. Daniele si era appuntato su un quadernetto a righe l'ora e sotto aveva scritto "la mamma e il papà sono usciti, finalmente stai arrivando piccola Emma...non vedo l'ora di conoscerti". E poi aveva fatto come gli aveva detto il padre: aveva fatto colazione e poi si era messo a guardare la TV. Lo zio Tiziano arrivò due ore dopo, e aveva l'aria di qualcuno che si era appena svegliato. –Tua sorella ha un ottimo tempismo, mi ero appena messo a letto quando tuo padre mi ha chiamato-. –Alle sette e mezza del mattino?-. –Essere me implica dei sacrifici- aveva risposto lui sdraiandosi sul divano. –Dì, hai fatto colazione?-. –Sì zio...quando tornano? -. –Non lo so, ci vorrà un po'-. Daniele si era vestito mettendosi la sua maglietta preferita, quella rossa, perché era un giorno speciale. E poi aveva aspettato con grande impazienza e angoscia, tra pisolini vari di suo zio, fino alle quattro del pomeriggio quando finalmente suo padre chiamò e annunciò "E' nata Emma, stanno entrambe benissimo". Daniele si era messo a saltare ed era pure scoppiato a piangere . Lo zio Tiziano l'aveva abbracciato e poi l'aveva messo in macchina per portarlo in ospedale. Dalla fretta si era pure dimenticato di mettere gli occhiali da sole.
Quando Daniele la vide per la prima volta, così piccola appoggiata al petto della madre, si era sentito tremare dalla gioia. Le aveva sfiorato la piccola testa con una carezza, giusto per sentire un leggero contatto coi pochi capelli. –E' bellissima- aveva mormorato alla madre abbracciandola.
Capirono che Emma era sorda fin dai primi giorni. Non reagiva ad alcun suono, il che la rendeva una neonata alquanto tranquilla. Le si poteva urlare vicino, battere le mani, alzare la musica a tutto volume, ma Emma rimaneva impassibile. Daniele la prendeva dalla culla, la stringeva a se e le sussurrava comunque piccole cose, anche se suo padre in lacrime urlava "non servirà a niente". E Daniele si sentiva male pensando che magari non aveva mai udito tutti i suoi buongiorno e buonanotte da dentro la pancia, e che forse non li avrebbe uditi mai. Emma aveva cominciato a fare terapie e visite da subito. Il suo primo apparecchio acustico le era stato messo a quattro mesi. Il linguaggio c'era, ma sapevano che sarebbe stato molto tardivo rispetto alla media. I gesti sarebbero stati fondamentali, e tutta la famiglia aveva cominciato a frequentare un corso per imparare la lingua dei segni da insegnare poi ad Emma una volta cresciuta, da accompagnare sempre con il labiale, per stimolarle il parlato naturale. Daniele giocava con lei, le urlava contro qualsiasi cosa, la stimolava a fare di tutto. E la cosa più bella era che Emma i sorrisi migliori li faceva proprio a Daniele. E lui l'adorava: non lo guardava male come gli altri, ad Emma non fregava niente dei suoi occhi...non doveva neanche impegnarsi a sapere cosa dirle, tanto non l'avrebbe sentito. Quando Emma aveva mosso i suoi primi passi in salotto, Daniele l'aveva seguito attento. E quando per la prima volta si era girata avvertendo il suono del battito delle mani del fratello, Daniele per poco non era scoppiato a piangere. E ogni giorno, sul suo quadernetto riportava qualcosa. "Piccola Emma, oggi hai imparato ad impugnare il cucchiaio. E hai spalancato gli occhi quando un bambino al parco si è messo a piangere. Forse non senti proprio tutto, ma so che senti col cuore meglio di altri, e questo mi piace più di qualsiasi altra cosa".
"Ascoltomolto perché non ci sento. E' questa è la mia più grande ricchezza. Saperascoltare"
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VA TUTTO BENE
General FictionLa vita a volte mette davanti a grande difficoltà. Per Daniele, un quindicenne di Genova, la difficoltà più grande, è quella di superare la vergogna per se stesso e la paura che nessuno lo possa accettare o far sentire "normale", come lui vorrebbe...