Capitolo 10

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Torno a casa.

Appena entro nel vialetto sento delle urla provenire dall'interno di casa mia, chissà cosa sarà successo.

Entro e trovo mia madre che lancia in aria tutti i vestiti di mio padre e che urla come un animale; mi sto preoccupando. «Mi fai schifo, non meriti più di essere mio marito, spero solo che tu possa diventare un buon padre per nostra figlia.» mio padre non controbatte, l'unica cosa che fa è annuire e recuperare le sue cose dal pavimento; deduco che sappia la storia della donna bionda, d'altronde, se la è cercata lui.
Vado in camera mia lasciandoli discutere giù in salotto, mi preparo per la doccia; porto dei vestiti puliti in bagno e inizio a lavare via qualsiasi cosa mi frulli per la testa.

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Appena torno in salotto inizio a notare l'assenza di mio padre e la rassegnazione di mia madre; mi siedo accanto a lei. «Mamma, cos'è successo con papà?» le chiedo anche se so già tutto. «Ho visto il telefono di tuo padre per sbaglio, c'era il messaggio di una donna, nel messaggio c'era scritto  che lo sarebbe venuto a prendere in tarda serata e che avrebbero passato la notte insieme, a me aveva detto che sarebbe tornato a lavorare in trasferta.» annuisco, mi sento delusa, triste, arrabbiata, un mix di tutte le emozioni negative insomma. «Voglio chiedere consiglio a te, figlia mia, ho fatto bene a cacciarlo di casa?» chiede preoccupata. «Non so cosa dire mamma, ho solamente 19 anni, devo ancora crescere per bene prima di capire alcune decisioni dei genitori.» mia madre mi da un bacio sulla fronte e si alza dal divano per recarsi in cucina. «Mettiti a studiare che, se non prendi almeno tutte sufficienze non uscirai di casa per un mese intero.» e ride

È tornata la mia mamma.

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Esco di casa con la borsa dei libri a tracolla, diretta alla biblioteca della scuola.

Mi faccio un resoconto mentale delle materie che ho da recuperare; ho già recuperato fisica, biologia e chimica, a italiano e storia sto bene, mi mancano solo matematica e anatomia, anatomia non penso che sia un problema così grande ma, matematica come la recupero?

Apro il libro degli esercizi di matematica e mi metto le mani nei capelli, non capisco nulla, già inizia a farmi male la testa.
Sto studiando da due ore e ancora non ho capito un numero, bella battuta.
Decido di chiudere il libro di matematica e aprire quello di anatomia, iniziamo a studiare gli apparati riproduttivi.
Sottolineo e faccio il riassunto, così posso chiudere il libro e studiare direttamente sui riassunti, mi sembra un buon piano; l'intenzione devo dire che c'è ma, la voglia e l'impegno lasciano un po' a desiderare.

Mentre inizio a ripetere i capitoli dove sono rimasta indietro mi sento bussare alla spalla, mi volto e vedo Nathan.
Merda.
«Anatomia?» mi chiede sedendosi accanto a me. «Si ma, ora vattene, devo recuperare il 3 che presi la settimana scorsa, non mi distrarre.» posa la mano sui miei riassunti per non farmi leggere. «Lo sai che per recuperare un voto così basso, dovresti prendere il massimo dei voti?» mi ricordo, che grande amico che ho. «Lo so e, so anche che non mi servirà il tuo aiuto.» ribadisco scandendo le parole. «Ti ricordo che sono il primo della classe in anatomia.» immagino che tipo di anatomia faccia. «E non voglio sapere il perché; ora vattene e lasciami in pace.» lo caccio gesticolando la mano. «Voglio aiutarti, dai.» mi prende il libro dalle mani e si mette a leggere ma, riesco a riprendermelo. «Vattene Nathan, non sto scherzando; non puoi venire qui a fare il carino con me e subito dopo ti comporti come uno stronzo, non puoi usarmi, non sono un giocattolo.» Nathan sbatte la mano sul tavolo della biblioteca e si alza di scatto. «Tu non sai niente.» mi urla contro e se ne va.

Il mio umore deve smetterla di dipendere dai suoi sbalzi d'umore.

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Guardo l'orario, le 22:34, forse è il momento di tornare a casa.

Mi arriva un messaggio in anonimato, di nuovo, pensavo che questa persona avesse smesso di perseguitarmi. «Ti stai comportando come di dovere, piccola Amanda; devo farti i miei complimenti, continua così ad evitare Nathan e ti lascerò in pace per sempre.» non mi fa paura, mi mette solo un po' di inquietudine; non capisco cosa questa persona voglia da me, nemmeno mi piace Nathan.

Ripenso alle parole di Lizzie: "sei innamorata di lui?", "se non lo sei, perché stai piangendo per lui?"

Questo ragazzo mi sta facendo ammattire, mi provoca un mal di testa maggiore rispetto a quello che mi provoca la matematica.
Arrivo nel parco e trovo un gomitolo di gente tutti intorno ad un piccolo spiazzo di fronte ad un albero pieno di fiori, mi avvicino per capire cosa succede e trovo un ragazzo steso a terra ricoperto di sangue; è Nathan.
Ecco che arriva l'ambulanza e io che mi precipito a terra accanto a lui per cercare di scuoterlo e di risvegliarlo ma, non succede niente.
I paramedici mi chiedono chi io sia e se nella folla c'è qualcuno della sua famiglia; fanno salire me con lui e mi chiedono di tenergli stretta la mano; nel frattempo prendo il suo telefono per poter poi chiamare qualcuno che venga ad accudirlo.

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Arriviamo in ospedale e trasportano Nathan in terapia intensiva, voglio sapere a tutti i costi chi l'avrebbe ridotto in questo stato.

Nel frattempo controllo nel suo telefono le ultime chiamate e vedo che ha ricevuto una chiamata da suo padre circa un'oretta prima dell'incidente, credo, lo richiamo in attesa che qualcuno mi risponda. «Buonasera, lei è il padre di Nathan?» attendo una risposta dall'altro capo del telefono. «Sì, quell'essere è mio figlio, tu chi diavolo sei?» forse ho capito perché si odiano. «Suo figlio si trova qui in ospedale, se vuole venire a vedere come sta..» non faccio in tempo a finire la frase che vengo subito interrotta. «Non mi interessa, per me potrebbe anche morire.» e mi riaggancia il telefono in faccia.

Chissà cosa sarà successo nella vita di questo povero disgraziato per far si che tutti lo odino.

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