Capitolo 4

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Non so ancora con quale forza mi sono alzata dal letto, sono in piedi davanti allo specchio, mi guardo, ho gli occhi rossi e gonfi per la notte passata a piangere, sono orribile.

Mi trucco con un po' di correttore e l'eye-liner, rossetto nude, coda di cavallo alta; indosso una camicetta bianca, skinny neri e vans nere basse, prendo la borsa e scendo a prendere il caffè, non riesco nemmeno a pensare senza aver preso almeno una dose di caffeina.

Pulisco la cucina, lavo le tazze per la colazione, prendo un bicchiere d'acqua e una serie di pasticche e salgo in camera di mia madre, «Mamma svegliati, ti ho portato le pasticche che devi prendere.» mia mamma si alza dal letto e mi guarda con un sorriso e con occhi stanchi, mi sale una tale rabbia in corpo, «G..grazie, figlia m..mia.» dice mentre mette in bocca la prima di una serie di pasticche.
Sorrido mentre ascolto le sue parole, le prima da quando abbiamo saputo della sua malattia ancora parzialmente sconosciuta; cammino verso di lei e l'abbraccio, la lascio li mentre mi dirigo verso la porta per andarmene. «Mamma, io sto andando a scuola, ci vediamo più tardi, ti voglio bene.», dico chiudendo la porta alle mie spalle.

Esco di casa e dopo qualche minuto arrivo nel cortile della scuola, la prima cosa che vedo è una nuvola di fumo che mi pervade, forse ho capito chi mi sta davanti.

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«Che cosa vuoi Nathan?» dico dopo aver sentito una mano posarsi sulla mia spalla. «Ma lo sai che dobbiamo fare il progetto di fisica insieme, nana?» quasi mi vengono i capelli dritti a sentir quel soprannome, lo odio! «Sai perfettamente che lo farò con Lizzie, non ci sperare.» agito la mano davanti a me per togliere il fumo dai capelli, «E ti ho già detto di non fumarmi davanti.» inizio ad incamminarmi verso l'interno dell'edificio e mi sento strattonare il braccio. «Lizzie non frequenta il corso di fisica e, prima che tu lo dica, nemmeno quel secchione nerd di Alex che ti ritrovi come amico, ho già controllato.» sfodera uno dei suoi sorrisi migliori per cercare di imbambolarmi ma, non mi faccio incantare, lo guardo male.
Nathan mi sorride e mi passa una mano tra i capelli, mi appoggio al palmo e il sospiro tradisce ciò che penso «Posso offrirti una sigaretta?» sono indecisa se rifiutare o meno.

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«Lo sai che se non l'accendi, non aspirerai mai il fumo, si?» guardo a terra, non riesco a fare altro; «Ma io non voglio fumare..non sono una fumatrice incallita come te.» rispondo in tono acido e continuo a guardare la sigaretta indecisa sul da farsi.
Non saprei cosa dire o che impressioni avere.
«Senti, non sono una maestro di parlate, non ne capisco niente di certe cose ma so che quando fumo mi sento relativamente meglio, non penso ai problemi che ho e fidati che ne ho tantissimi, non penso a tornare a casa e stare solo, non penso a mia madre, non penso a mia sorella, non penso a mio fratello..non penso nemmeno a me stesso.» lo guardo quasi incantata, non avrei mai pensato con un tipo come Nathan Brody potesse confidarsi, sfogarsi con una tipa come me, insicura e piena di pensieri contorti. «Forse sono la persona meno indicata per farti questo discorso ma, secondo me, dovresti fregartene un po' degli altri e pensare più a te stessa, credimi che non faresti del male a nessuno.» lo ascolto, con molto interesse.
Mi accendo questa sigarette, tossisco al primo tiro, Nathan ride e io che lo guardo male, guardandolo ridere scoppio in una risata allegra anche io, non credevo potessimo avere tutta questa complicità. «Ora credo proprio che dovremmo entrare in classe, si è fatto molto tardi.» passo la sigaretta nella sua mano, provo una sensazione insolita, languida, indescrivibile proprio, «Allora sarai la mia compagna di laboratorio?» mi dice rivolgendomi anche uno sguardo divertito; «Ho altra scelta?» Nathan sorride, butta il morso di sigaretta a terra. «No, nana, ormai sei mia.» e se ne va, così, lasciandomi all'entrata della scuola da sola, con le sue parole che mi ronzano in testa "sei mia", ha detto, non credo significasse per lui ciò che ho paura significherebbe per me.

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Sono tornata a casa da poco e sento il telefono squillare, rispondo «Pronto?» dall'altra parte nessuno che risponde, ma sento il suo respiro; «Chi parla?» insisto, «Stai lontano da Nathan, piccola Amanda o, farai una brutta fine.» sento riagganciare, mi si gela il sangue, a quanto pare le disgrazie non capitano mai sole.

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