Chapter One

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Le promesse si fanno per essere infrante. Non si può prevedere il futuro, quindi che senso ha farle? Eppure è bello quando ti dicono "te lo prometto", come per rassicurarci.
Ma ci illudimiamo, ogni volta.
Meno illusioni, meno delusioni.
È questa la regola.

Il caldo estivo ci aveva lasciati improvvisamente da un giorno all'altro, aprendo le porte all'aria settembrina.
Era quel periodo in cui si è indecisi se mettersi una T-Shirt o una felpa, per poi scegliere la cosa sbagliata e promettersi per il giorno dopo, di indossare entrambi. Questa è una promessa mai mantenuta, da nessuno a quanto ne so.

Mi fermai davanti la porta dalla serratura arruginita, che faceva da ingresso per l'interno della Riverdale High School, e aspettai il suono fastidioso della campanella.

Era strano non trovarmi lì insieme ai miei -ex- migliori amici.

Mi ricordavo di quando, ogni mattina, Archie e Jughead si sedevano sopra gli scalini e si lamentavano poiché li ritenevano "troppo freddi"; così io e Veronica gli promettevamo che un giorno li avremmo regalato una poltrona a sacco, da portare ovunque.
Ma non abbiamo mantenuto quella promessa.

Un pensiero passò come un fulmine per la mia mente, ormai abituata troppo a pensare, o per meglio dire un nome...
Jughead.

Gli apparteneva, lo descriveva.
È un nome originale, strano; come lui.
È un nome che non da subito ti piace, ma impari ad amarlo nel corso del tempo.

Ma dovevo dimenticarlo.
Era ormai parte del mio passato, un ricordo il quale è stato meraviglioso da vivere ma doloroso quando mi passava per la testa.

Ma con il ritorno a scuola non sarebbe stato così facile evitare sia lui, che Archie e Veronica.
L'armadietto di Veronica era ancora accanto al mio e -a meno che lui non avesse parlato con il preside- io e Jughead facevamo ancora parte del Blue&Gold.

Il rumore metallico della campenella suonò, distraendomi da tutti i miei pensieri, e così si decretò l'inizio di un nuovo anno scolastico. Sarebbe stato il peggiore di tutti, me lo sentivo.

Non mi ero accorta che le mie mani si muovevano nervosamente su una parte della camicia che avevo addosso, stropicciandola.

Avevo le unghie un po' mangiucchiate a causa dell'ansia, che si autoinvitava ogni volta che voleva.
È un qualcosa che non si può fermare, soltanto controllare. Ed è molto difficile.

L'ansia mi aveva procurato tante emozioni diverse, non piacevoli alla mia mente e al mio corpo, che ne risentiva.

Mi sentivo triste per aver perso le persone più importanti che avevo al mio fianco, e dall'altra il mio sangue ribolliva per la rabbia contro Jughead.
Mi aveva fatta illudere usando l'amore come arma, e non esiste modo peggiore.

Mi aveva detto che mi amava, mi aveva resa sua e poi mi aveva pugnalata alle spalle.

Me la ricordavo quella sera, che credevo sarebbe stata la più bella della mia adolescenza.
Ma tutto cambiò.

Flashback
«Ti amo, Betty Cooper» disse il ragazzo, incantato a guardarmi. Si era tolto il suo berretto che era ormai diventata la sua corona, mostrando il ciuffo corvino che mi piaceva tanto scompigliare.
I suoi occhi verde smeraldo brillavano più che mai; parlavano da sé.
Non mi aveva mai detto quelle parole e io stessa rimasi immobile, come per capire se stessi sognando o quella fosse davvero la realtà.
«Jughead Jones, ti amo» gli dissi anch'io. Il suo volto si illuminò mostrando un meraviglioso sorriso che mi fece sentire bene. Ero felice con lui, e mi bastava.
Mi prese il viso tra le sue mani delicate e mi baciò, incastrando perfettamente le mie labbra tra le sue, morbide, perfette.
Ad un tratto mi sorprese prendendomi in braccio, feci una piccola risata e senza esitare mi portò sul lavello della piccola cucina.
Il bacio si fece più passeniovole, facendo incontrare le nostre lingue che giocarono tra loro.
In fretta mi tolse la maglia, svelando il mio reggiseno, ma non smise di baciarmi come se il desiderio di avermi fosse più forte di qualunque cosa.
Ricambiai il suo gesto scoprendo i suoi fantastici pettorali.
Passó a baciarmi il collo; tirai la testa all'indietro per il piacere che mi stava provocando.
Tutto andava per il meglio, finché ad un tratto qualcuno bussó alla porta ed entrambi sussultammo per lo spavento.
Si rimise la maglietta e andò ad aprire. Intanto mi ero rivestita e accucciata dietro il muro, per non farmi vedere.
Davanti il suo viso si presentarono degli uomini, di cui uno di loro gli porse la giacca dei Serpents. Lui la guardò indeciso sul da farsi, poi fece un sorriso malizioso e la indossò.
Il cuore mi si bloccò in gola.
«Jug...» sussurrai. Lui mi guardò preoccupato e io uscii da lì di corsa.
«Betty aspetta!» gridava la sua voce.
«No Jughead! Mi hai mentita, mi hai nascosto tutto. Hai me, non ti basta?! Anzi, avevi. Sto meglio senza di te, Jughead Jones»
Accelerai il passo per allontanarmi il più presto possibile da quel posto.
Le lacrime mi bruciavano gli occhi, stanchi e gonfi.
«Betty! Ti prego aspetta!» mi disse, ma io non mi fermavo.
Era tutto finito.
Fine flashback.

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