Chapter Two

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Nuvole scure e basse avevano ricoperto il cielo che si stava per tingere delle sfumature di blu della sera.
Quando succedeva, la città assumeva un'aria tetra e sinistra che ci faceva drizzare le orecchie e tenere gli occhi aperti, come se fosse un segnale che qualcosa di brutto sarebbe presto accaduto.

Ma in realtà, dalla prematura morte di Jason Blossom, avevamo assunto una certa attenzione a qualunque rumore sentissimo o fatto sospetto accadesse.
Era tanta la paura che quell'omicidio si potesse riverificare nella non più città in cui "non succede mai niente".

Era così molti mesi fa, e nonostante le persone delle altre città non lo sapessero, sia Riverdale che noi eravamo cambiati.
Si diffideva anche di chi, prima dell'accaduto, era per gli altri una "brava persona". Ed è proprio in momenti come questi che bisognerebbe starci accanto l'un l'altro; noi stavamo infrangendo questa regola.

***

Il rumore delle mie scarpe sul marciapiede era uno dei pochi che si sentiva. Non passavano molte macchine, avevo incontrato solo quattro persone e gli animali che d'estate mostravano tutta la loro bellezza, ora stavano dormendo in un luogo sicuro, lontano dai predatori e dalle macchine.

Nonostante non avessi capito a cosa si riferiva Veronica, decisi lo stesso di incontrarla da Pop's.

Erano le 17:00, ma di lei nessuna traccia; l'aspettai  seduta ad un tavolo vicino la finestra. Ero agitata, muovevo freneticamente la punta del piede destro sul pavimento, che era come sempre perfettamente pulito.

Cercai di distrarmi, così puntai il mio sguardo e la mia attenzione sul paesaggio che si vedeva dalla lastra di vetro.

Poggia il viso sulle mie mani fredde e mi rassegnai che ormai nulla sarebbe tornato più come prima. Dall'essere un'autostrada a quattro corsie, eravamo diventati tante piccole stradine che portavano ognuna ad un posto diverso in mezzo alle campagne, quasi sperdute.

Ad un tratto sentii la porta aprirsi e mostrare il viso di Veronica, agitato e nervoso.

Si guardò intorno e finalmente incroció i suoi occhi con i miei.
Appena li vide sospirò e passò velocemente le mani sulla sua camicia, per sistemarla.

Venne verso di me e, con lo sguardo sorpreso di Pop, si sedette di fronte a me.

Pop sapeva che i nostri rapporti non erano più come prima. Non ci vedeva insieme, e quelle poche volte che ci andavamo avevamo espressioni tristi sul viso. Lo sapevo perché lui me lo raccontava sempre e gli dispiaceva. Era davvero un brav uomo, gentile e dolce; uno dei pochi ancora così.

Cercai di assumere le sembianze di una persona a cui non interessava molto quell'incontro, che era lí solo perché ci teneva alla propria educazione, ma fallii miseramente. Entrambe volevamo che non avessimo mai litigato.

Nessuna delle due osava aprire bocca per iniziare un semplice discorso, come se non volessimo rovinare il nostro orgoglio...o semplicemente avevamo paura di scoppiare in lacrime.

E finalmente, dopo secondi che sembravano interminabili, Veronica parlò.

«Allora, per quale motivo sei quí Elisabeth?» 
«Tu mi hai chiesto di venirci» risposi seccamente.

Lei roteó gli occhi e rispose con voce un po' strozzata, forse dalle lacrime. O forse dalla rabbia che provava verso di me.

«Elisabeth non sono venuta quí per giocare, quindi dimmi se hai capito qual'è il motivo per è successo tutto quel casino»

Rimasi spiazzata. Non seppi come comportarmi, così decisi di provare a dire qualcosa che so non avesse nulla a che fare.
«È per me e Jughead, forse»   «Stai scherzando vero? Elisabeth dimmi se lo sai o no»
 
Ecco, mi conosceva troppo bene. Non ero molto brava a mentire, e mi rassegnai.

«Non lo so, non so cosa io ti abbia fatto e perché tu ce l'abbia con me, questa è la verità che ti piaccia o no»

Probabilmente si aspettava una risposta del genere, ma rimase sorpresa lo stesso.

«Ti dovresti vergognare»
«Ma perché non me lo dici tu!» le dissi furiosa, e continuai
«O forse ti stai inventando tutto»
Feci passare la mia lingua velocemente sulle labbra, per evitare di torturarle mordendomele, e lei mi rispose senza esitare.

«Hai baciato Archie e gli hai detto che per te sono solo una troia, stupida troia»

Aprii gli occhi e la bocca in segno di sorpresa; non era mai successo in realtà.

«Veronica non so chi te l'abbia mai detto ma...»
«E ci hai anche riso sopra, come se a me non importasse nulla di te o dei miei sentimenti»
«Non è la verità!»
«Elisabeth, mi fai schifo»

E a quelle parole sprofondai dentro. Mi cadde il mondo addosso, frantumandosi in mille pezzi scheggiati che entravano nella mia pelle, distruggendola.

Lei se ne andò via, nascondendo delle lacrime che però io avevo visto chiaramente.

Io le mie le lasciai scorrere. Incantata a vedere ciò che in realtà non guardavo, un po' per gli occhi appannati e un po' per l'uragano che avevo in testa, le lasciai inondarmi il viso e soffocarmi il respiro.

Pop venne verso di me e mi chiese agitato «Betty che succede»
Mi asciugai velocemente il volto e cercai di sorridere, senza riuscirci. «Va tutto bene Pop»
E uscii subito dal locale, lasciandomi alle spalle il povero uomo senza parole.

***

Rigiravo tra le mia dita che tremevano delle foto raffiguranti me e Veronica.

Le avevo stampate mesi e mesi fa e le tenevo con cura appiccicate allo specchio; quando litigammo, immersa dalla rabbia, le buttai dentro un comodino che non lo riaprii fino a quella sera.

Una era mezza strappata, ed era la mia preferita.
Indossavamo il completo da Cheerleader e mi ricordavo che facemmo la foto subito dopo esser entrate nella squadra.

Mi ricordavo di quando legammo subito, come se il nostro destino fosse scritto nelle stelle, quelle stesse che ormai erano morte insieme alla nostra amicizia.

Senza che me ne accorgessi, delle lacrime iniziarono a bagnare le coperte e una goccia cadde sul volto di Veronica sulla fotografia.

Chi mai le aveva detto una bugia simile?

La risposta a quella domanda mi sembrava tanto lontana, ma appena mi affacciai alla finestra tutto divenne più semplice; bastava chiedere ad Archie.

Con lui era andata a finire proprio come con Veronica, e da allora non ci eravamo più guardati dalla finestra che ci divideva. Quella sera invece, guardò anche lui verso la mia camera, e mi vide.

E capí tutto.

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