𝑓𝑜𝑢𝑟𝑡𝘩

49 9 0
                                    

minho.

bloccai il movimento del polso che accompagnava la sigaretta alla mia bocca, e guardai jisung, questa volta lo guardai meglio. aveva un'espressione rassegnata, le sue labbra erano curvate in un sorriso così triste, ed i suoi occhi, i suoi occhi erano il nulla più totale.
per una volta, ringraziai me stesso per aver deciso di non andare sul pesante quella sera, perché per una volta, qualcuno aveva bisogno di tutta la mia attenzione.
e ci provai, ci provai davvero a trovare qualsiasi parola che in quel momento sarebbe potuta sembrare opportuna, ma la mia mente era in un caos totale. "non..non devi dire niente, ormai ci sono abituato, anzi, non capisco nemmeno perché te ne abbia parlato" disse frettolosamente il ragazzo vicino a me, e fece per alzarsi, ma qualcosa lo fermò, e si risedette con una smorfia di dolore ed una mano sul fianco. "da quanto?" chiesi flebilmente; onestamente, non ero sicuro di voler sentire la risposta. "quasi quattro anni, da quando mia madre è morta".
il suo gelato era ormai sciolto, così mi alzai e gli tesi una mano.
"dove andiamo?" chiese "a casa mia" risposi, e non chiese nemmeno il motivo, mi seguì in silenzio.

la città era deserta, eppure c'erano così tante stelle che era quasi asfissiante. per tutto il viaggio la mia mano non aveva osato lasciare quella di jisung, perché avevo paura che se mai lo avessi fatto, sarebbe giunto il punto di non ritorno.
"benvenuto nella mia dimora da criminale" sorrisi e continuai "scusami, è abbastanza in disordine, e c'è anche molta roba con cui lavoro" mi toccai il collo in imbarazzo.
lui scosse la testa "perché siamo qui?" chiese, "ho pensato, che forse non avresti voluto passare la notte a casa tua" dissi guardandolo. jisung guardò il pavimento e si morse un labbro.

lo condussi nella mia camera e gli diedi qualcosa di più comodo da indossare, poi gli dissi di fare una doccia in modo da pulire il sangue sulla sua ferita, e anche perché volevo si rilassasse. un attimo prima che uscisse dal bagno il mio telefono mi avvisò dell'arrivo di un messaggio

xxx xxxx
dove cazzo sei finito lee?
00:20
qui la gente chiede di te e in più stiamo finendo le pasticche
00:21

"cazzo" dissi portandomi una mano tra i capelli.
"qualcosa non va?", mi girai a guardarlo e sospirai, perché cazzo, era così carino, lì in piedi, con uno dei miei maglioni bianchi troppo lungo per lui, le gambe piene di lividi e i capelli così morbidi.

gli feci segno di sedersi sul letto vicino a me e quando lo fece gli spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio "dobbiamo disinfettare questa ferita se non vuoi che peggiori"; andai in bagno e tornai con del disinfettante e dei cerotti.
cercai di essere gentile e di procurargli il minor dolore possibile.
"senti jisung, mi dispiace, davvero davvero tanto che tuo padre ti abbia fatto questo" lui si coprì le ginocchia "non avresti dovuto essere così gentile con me, non credo di meritarmelo, non ci conosciamo affatto, eppure mi hai invitato a casa tua, quindi quello che dovrebbe essere dispiaciuto sono io" e detto ciò fece per alzarsi

"non me ne frega un cazzo se ci conosciamo da due minuti, o da tutta la vita, per una volta ho voluto fare la parte di quello buono, non potresti semplicemente ringraziare?" forse il mio tono era stato troppo duro, e forse avevo fretta di tornare a lavoro, ma jisung non se ne meravigliò, e rimase in piedi vicino alla porta.

Glass House || 유리 집Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora