Prologo

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Guardati allo specchio.

Questa è l'unica persona

di cui devi preoccuparti,

l'unica persona che

non dovrai mai deludere.

Mi guardai allo specchio, consapevole che la mia vita, da lì a breve sarebbe cambiata radicalmente.

Sentii bussare alla porta, mio padre entrò nella mia camera. Era triste, lo leggevo dal colore degli occhi, il verde smeraldo era stato sostituito da un grigio spento e questo non faceva altro che incupire anche me. La sua piccola stava abbandonando il nido familiare per vivere la sua vita lontano da casa, lontana da loro che mi avevano sempre protetto.

-Iside sei pronta? - Mi chiese flebilmente.

Mi fermai ad osservarlo. Lui era l'unico uomo che avrei amato incondizionatamente per tutta la mia vita. Perché l'unico amore esistente era quello per la propria famiglia. Il resto era solo un'illusione, un amore immaginario, un amore blando che con il tempo scemava, svaniva. L'amore di una figlia verso il proprio padre, madre e sorella, invece non muore mai, cresce giorno dopo giorno, anno dopo anno, diventando sempre più forte e intenso. Non credevo più alle altre forme di amore, erano solo degli stereotipi per giustificare il legame temporaneo con una persona estranea.

-Si papà, sistemo le ultime cose nella borsa e sono pronta-

Gli sorrisi dolcemente. Ricambiò dandomi un dolce bacio in fronte e uscì dalla camera. Sapevo che trasferendomi gli avrei dato un dispiacere immenso, ma ormai questo era l'unica soluzione a tutti i mali. Non ero riuscita in nessun modo a lasciarmi il passato alle spalle. Mi tormentavo tutti i santissimi giorni vivendo i luoghi che tanto mi avevano reso felice in passato, ma che ora avevano solo racchiusi tantissimi ricordi purtroppo dolorosi. Avevo provato per un anno ad andare avanti, ma non ci ero riuscita e per la prima volta in vita mia stavo decidendo di essere egoista e pensare solo ed esclusivamente al mio bene. Avevo bisogno di rinascere e nella città in cui ero cresciuta non potevo farlo perché li ero già morta due volte.

-Promettimi che ti farai sentire almeno una volta al giorno, che potrò venire a trovarti quando voglio e che se avrò un problema ci sarai sempre come hai sempre fatto fino ad ora. Promettimi che non cambierà nulla, che la distanza ci unirà ancora di più. Ti prego ho bisogno che me lo prometti-

Victoria, mia sorella, era entrata dentro la mia stanza come un tornado. Più la guardavo, più pensavo che Dio non poteva farmi regalo più bello undici anni fa. La osservai per qualche secondo. Eravamo così simili ma allo stesso tempo completamente diverse. Lei era il sole che illuminava e riscaldava le mie giornate rendendole meno fredde e buie, mentre io ero la luna che godeva della sua luce riflessa.

L'abbracciai forte. Mi sarebbe mancata un sacco.

-Te lo prometto-

Le sussurrai sfiorandole la fronte con le labbra prima di posare un bacio tra i suoi capelli che profumavano di cocco. Più che una sorella, era quasi una figlia per me. La amavo più della mia stessa vita. Se soffriva, soffrivo per dieci volte più di lei, se lei era felice, io ero felice insieme a lei.

Presi tutto ciò che mancava e scesi in salotto.

-Iside ti prego, stai attenta-

Mia mamma era lì, con lo sguardo buio. Non era la tipa da smancerie o dimostrazioni d'affetto, ma sapevo che mi amava più della sua stessa vita. Lei era la classica donna che aveva il controllo su tutto, severa al punto giusto. Mi aveva insegnato a rispettarmi, ad avere fiducia nelle mie capacità, mi aveva fatto capire cosa fosse il rispetto e come portarlo, mi aveva insegnato a riconoscere le persone, a capirle, a squadrarle e a selezionarle. Le devo tantissimo, lei è la mia mentore, la mia guida e in fondo anche la mia migliore amica, anche se lei sostiene che un figlio non può essere amico di un genitore e su questo concordo in parte con il suo pensiero.

-Tranquilla mamma, sono cinquecento chilometri, non sto andando dall'altro lato del mondo-

Sdrammatizzai sorridendole, lei non si scompose, ma ricambiò con un gesto che in ventun anni avevo vissuto pochissime volte. Mi abbracciò. So che le sarei mancata e so che lei sarebbe mancata a me perché la mamma è sempre la mamma e ogni madre, per quanto severe, soffrirebbe nel non poter vivere il proprio figlio perché lontano da casa.

-Tornerai qualche volta? -

Mi chiese con voce spezzata.

-Tutte le volte che posso- le promisi -magari non subito, datemi il tempo di ambientarmi e di organizzarmi con l'università-

-Verremo noi- Rispose Victoria per tutti.

-Tu fai la brava e non combinare guai-

Mi rivolsi a lei fulminandola con lo sguardo. Rispetto a me era più tranquilla e assegnata, ma se davvero è vero il detto che "buon sangue non mente", ne avremmo viste delle belle tra qualche anno, visti i miei precedenti. Involontariamente sorrisi. L'adolescenza è il periodo più turbolento della vita e ne so qualcosa.

-Promesso sorellona-

Più la guardavo, più capivo che mi sarebbe mancata da morire. Mi sarei persa i momenti più importanti della sua vita. La prima cotta, il primo bacio, i primi litigi con i compagni. Avrei potuto viverli indirettamente e questo mi rattristava. Ma doveva andare via per forza, ci sarei stata sempre, sarei stata sempre la sua spalla su cui si poteva appoggiare e le braccia che l'avrebbero presa sempre prima di cadere.

-Andiamo? -

Chiese mio padre.

-Andiamo-

Affermai decisa.

Presi le valige e gli scatoloni che restavano e lì misi in macchina.

-Stai attenta per strada e chiama quando arrivi-

Mi raccomandò mia mamma.

-State tranquilli-

Li abbracciai fortissimo. Loro erano il mio unico vero amore. Diedi un bacio a tutti e andai via. Verso un nuovo inizio.

Non arrenderti mai,

perché quando pensi che sia tutto finito,

è il momento in cui

tutto ha inizio.

Jim Morrison aveva ragione.

Stavo iniziando una nuova vita.

Quel posto mi ricordava la morte.

Ero morta una volta.

Non volevo morire una seconda volta.

Lontana dai demoni del passato.

Lontana da tutti.

Sola con me stessa.

Scelsi il mio bene.

Avevo deciso di portare con me un unico bagaglio.

La speranza di poter rinascere come una fenice rinasce dalle proprie ceneri.

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