L'anatomia delle cose

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Come negli incubi,

nei quali non riesci ad urlare,

io non riesco ad amare.

Tu svegliami.

Damon

-Damon chi era quella ragazza? – Odiavo la voce stridula e fastidiosa di Meredit, mi avrebbe fatto scoppiare il cervello prima o poi. Mi toccò nuovamente. Mi faceva incazzare essere toccato senza il mio permesso, ma mi facevano incazzare ancora di più le persone che non lo capivano.

-Non ti interessa- Sputai velenoso contro quella donna che tanto mi stava infastidendo.

Era stata solo una scopata di una notte ed ero stato anche fin troppo chiaro, lo ero sempre del resto. Ma lei era convinta che poteva incastrarmi facendosi amico il mio amico, combinando una cosa a quattro con quell'altra troia che si portava sempre dietro come un cane.

Ero furioso e non so bene il motivo, mi aveva dato fastidio farmi vedere da Iside insieme ad un'altra donna. Avevo letto dentro di lei il disgusto e la delusione, ma anche la rabbia che ne scaturì subito dopo. I suoi occhi erano dannatamente espressivi e io non potei far altro che allontanarmi che lei capì, ma che interpretò come una scusa. Avrei voluto urlare contro a quella troia di andarsene e di non rompere le palle, ma odiavo le scenate in pubblico, ero pur sempre un galantuomo fino a quando non mi avrebbero fatto girare i coglioni come in quel momento.

-Damon che ti prende? – Un'altra domanda. Dio ti prego, se esisto dammi la forza di riuscire a non prenderla dai capelli e farle pentire il giorno in cui sia nata. Odiavo chi esercitasse della violenza contro le donne, a meno che erano violenze piacevoli durante del buon e sano sesso, ma in quel caso la violenza che immaginavo era di tutt'altro genere e mi stupivo di questo. Non era da me.

Chris intuì il mio cambiamento d'umore perché dallo stupore dell'aver visto Iside passò immediatamente alla serietà di chi sapeva che da lì a breve doveva tamponare la furia di una bestia demoniaca. Mi conosceva bene, sapeva tutto di me, sapeva che mancava poco all'eruzione della mia ira.

-Meredit, scusaci ma noi non possiamo restare a cena con voi abbiamo delle questioni importanti di lavoro di cui discutere- intervenne Chris per cercare di evitare l'irrimediabile mentre io nel frattempo cercavo in tutti i modi di ristabilire il controllo di me stesso senza staccare lo sguardo dal suo che tanto mi conosceva.

-Ma perché? Ne potete parlare dopo ormai il tavolo è pronto e poi Rebeca non vede l'ora di conoscerti- insistette civettuola cercando in tutti i modi di avvicinarsi a me.

Ok, adesso basta, ne ho le palle piene. Si fa a modo mio.

Chris lo capì dal modo in cui si passò la mano sul viso per poi concludere il gesto tirandosi i capelli all'indietro preoccupato.

-Ascoltami- Mi voltai di scatto verso di lei stringendole il polso per evitare che nuovamente che mi toccasse.

-Non me ne fotte un cazzo né del cameriere che ha preparato il tavolo, né della tua cazzo di amica che vuole conoscere Chris, né di te che stai cercando in tutti i modi di attirare le mie attenzioni. Non avrai mai più il mio cazzo te lo avevo chiaramente detto la stessa sera che non sarebbe ricapitato mai più- Le ringhiai a due centimetri dal suo naso –Ed è inutile che provi a fare la gatta morta per ottenere qualcosa, non funziona, non ha mai funzionato in passato e non funzionerà nemmeno in futuro. Levati dal cazzo che ne ho piene le palle della tua faccia e della tua fottutissima voce che mi fa venire solo un fottutissimo mal di testa- Lasciai la presa del suo polso che fino a due secondi prima stringevo in modo fin troppo stretto tra le mie dita e uscì dal locale senza degnarla nemmeno di uno sguardo.

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