I'm not afraid

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La ragazza corvina si massaggiò la schiena dolorante.
Non ricordava di essersi addormentata e, soprattutto, non ricordava di essersi addormentata su una lapide.
Abigail si alzò di scatto, constatando che riusciva a stare in piedi senza alcuna difficoltà.
Non sentiva alcun dolore, anzi, si sentiva inspiegabilmente rilassata.
La calma che risiedeva in quel luogo la conosceva bene.
Lei conosceva quel luogo.
Si guardò intorno incredula, non riuscendo a capire come ci fosse arrivata.
Si trovava in mezzo al cimitero abbandonato, le lapidi la circondavano, affiancando un sentiero libero che portava ad un grande ed antico magione diroccato.
Abby si girò, notando, con grande meraviglia, il Ponte dei Lamenti, che portava fino al suo posto magico: una piccola pianura con un fiume ed un grande salice al centro, che si ergeva maestoso.
Il tempo era nuvoloso e tetro, un leggero venticello provocava lievi sussurri intorno a lei.
In quel luogo sacro riaffioravano alcuni dei momenti più felici per la giovane semidea, che veniva lì spesso, per riflettere e stare da sola.
Un particolare, però, catturò la sua attenzione. Era una figura seduta ai piedi del grande salice, con la schiena poggiata sul massiccio tronco.
Abby non riusciva a scorgerne il volto, quindi decise di avvicinarsi lentamente, cercando di non far rumore.
Più si avvicinava più notava nuovi particolari: dei capelli neri frusciavano leggeri, accarezzando la pelle pallida del giovane. Era vestito con una maglietta nera e jeans del medesimo colore.
Accanto a lui scorse una spada, interamente nera, poggiata anche essa sul tronco.
Gli occhi della ragazza corvina si fecero umidi, il cuore cominciò a battere all'impazzata, mentre lei chiamava il suo nome.
Il giovane semidio si girò e le sorrise come solo lui riusciva a fare.

- Abby.. Finalmente sei arrivata.

La ragazza cominciò a correre, eliminando quei pochi metri che li separavano, gettandogli le braccia al collo e stringendolo a sé.
Tutto il resto sembrò dissolversi, c'era solo lui.
Il suo re era lì.

- Cosa ci fai qui? Cosa ci faccio io qui!- chiese la giovane, mentre calde lacrime uscivano dai suoi occhi, bagnando la maglietta scura del ragazzo.

- Questo è un dono di tua madre Abby, sono stato evocato da lei per aiutarti. Lei mi ha spiegato tutto e i rinforzi arriveranno prima possibile, ma non potremo mai fare in tempo. Dovete portare a termine la missione voi.
Io ho provato a raggiungerti attraverso un viaggio d'ombra, ma il posto in cui siete è una trappola di Crono, non esiste! Siete dentro un enorme illusione.

-Ecco perché non c'era nessuno oltre noi, quanto siamo stati stupidi ed ingenui, dovevamo capire che c'era qualcosa che non andava!

- Abby, non potevi sapere che il problema fosse un maledetto titano risorto dal Tartaro!- esclamò il giovane figlio di Hades, prendendole le mani e stringendole.

- Mi sei mancato così tanto, avevo troppa paura quando sei partito senza dire nulla a nessuno.

- Mio padre mi aveva avvertito del pericolo, ma sembrava troppo assurdo da credere, sia per me che per Chirone stesso. Quindi ha chiesto a me di verificare, non parlandone con nessuno. Non voleva scatenare il panico.

- E perché non ne hai parlato almeno a me? - chiese, delusa, la figlia di Hecate.
Il giovane la guardò a lungo, accarezzandole il viso.
Aveva un'espressione molto triste in volto.

-Non mi avresti mai lasciato andare. Saresti voluta venire con me, non potevo farti rischiare così tanto, io- il ragazzo venne zittito dalle morbide labbra della figlia di Hecate, che lo strinse a sé in un lungo e bisognoso bacio.
Il figlio di Hades, passato il momento di sorpresa, lo approfondì, portando le mani sui fianchi di lei per unire ancora di più i loro corpi.
Aveva bisogno di assaporare completamente quelle labbra che tanto gli erano mancate.
Troppo tempo erano stati separati, ma non importava più.
Era passato e adesso si trovavano lì, uno dentro le braccia dell'altro.
Abby pensò che questo era il miglior sogno che avesse potuto fare, ringraziò sua madre silenziosamente per il dono concesso.
Sperò di non svegliarsi mai, per un attimo ebbe l'impulso egoistico di rimanere lì per sempre, insieme a lui. Ma non poteva farlo, i suoi amici erano in estremo pericolo.

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