05/09/14

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Noi siamo pure tra quelli che credono in una letteratura che sia presenza attiva  nella storia, in una letteratura come educazione, di grado e qualità, insostituibile. Ed è proprio a quel tipo d’uomo o di donna che noi pensiamo, a quei protagonisti  attivi della storia, alle nuove classi dirigenti che si formano nell’azione, a contatto con la pratica delle cose. La letteratura deve rivolgersi a quegli uomini, deve – mentre impara da loro – insegnar loro, servire a loro, e può servire solo in una cosa: aiutandoli a essere sempre più intelligenti, sensibili, moralmente forti. Le cose che la letteratura può ricercare e insegnare sono poche e insostituibili: il modo di guardare il prossimo e a se stessi, di porre in relazione fatti personali e fatti generali, di attribuire valore a piccole cose o  grandi, di considerare i propri limiti e vizi e gli altrui, di trovare le proporzioni alla vita, e il posto dell’amore in essa, e la sua forza e il suo ritmo, e il posto della morte, il modo di pensarci o non pensarci; la letteratura può insegnare la durezza, la pietà, la tristezza, l’ironia, l’uomorismo, e tante altre di queste cose necessarie e difficili. Il resto lo si vada ad imparare altrove, dalla scienza, dalla storia, dalla vita, come noi tutti dobbiamo continuamente andare ad impararlo.

-Italo Calvino, Il midollo del leone

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