Era un mercoledì tranquillo e l'orologio dell'apposita stanza denominata "Talk is easy" segnava le cinque e un quarto.
Si stava svolgendo la seduta di gruppo prevista per quel giorno.
Matt stava spiegando da ben dieci minuti ad Eva quanto fosse importante curare i dettagli nella creazione di un abito da sposa, e lei faceva finta di ascoltarlo interessata come se fosse la prima volta, nonostante conoscesse a memoria la sua mania delirante per gli abiti che -sua ipotesi personale- probabilmente l'aveva spinto lì dentro.
Matt non era uno dei casi gravi, seppur non conoscesse veramente la sua storia e non ne avesse voglia, lo poteva percepire dal suo comportamento e da come dialogava con tutti.
Poi però ricordó che molto spesso le persone che all'apparenza sembrano socievoli ed in pace con se stesse, hanno gravi problemi interiori ed anche scarsa autostima. Mentre pensava al fatto che stava giudicando qualcuno, le balenó in testa l'idea se gli altri facessero lo stesso con lei, se conoscessero la sua storia, se la etichettassero come "meno malata" o "più malata" e se sapessero davvero riconoscere tutto questo come una malattia.
Persa nei suoi pensieri non si era resa conto dell'improvvisa agitazione che si era formata nella stanza.
Sentí a bassa voce, cercando di leggere il labiale di Tish -seduta a metà del cerchio attorno al quale avevano preso posto tutti gli altri- un <Sarà meglio iniziare a preparare tutto, allora> ma fece finta di non guardare quando la dottoressa se ne accorse.
<Allora, come sta procedendo questa settimana?> D'improvviso parlò quasi gridando.
<Handy, ho saputo che ieri ti sei un po' arrabbiato> asserí.
L'aveva sentito, infatti.
Le era arrivata voce che un certo Handy -un ragazzo che conosceva di vista ma a cui ancora non aveva mai parlato, uno dei "casi gravi"- aveva avuto una crisi piuttosto violenta in seguito al rifiuto dei suoi medicinali.
Anche lei rifiutava i suoi medicinali, o per lo meno, li aveva rifiutati i primi mesi con successive potenti crisi di rabbia.
Ci fu anche un periodo, durante il secondo mese, in cui faceva finta di ingoiare le sue pillole ma in realtà le teneva premute sotto la lingua per poi sputarle e nasconderle all'interno del cuscino o gettarle in bagno.
Questa farsa peró non durò a lungo, per questo adesso era controllata da capo a piede quando doveva prenderle.
Nonostante i continui rifiuti e le scenate frequenti alla fine aveva capito che non avrebbe portato da nessuna parte e che, rifiutando o no i farmaci, la situazione non sarebbe cambiata.
Sarebbe rimasta lì dentro e l'unico modo per rendere il tutto meno tremendo -per quanto fosse difficile- era quello di assumere la quantità di diverse pillolette che le regalavano, come fossero un premio, di modo che si sarebbe alienata e stordita, arrivando a sopportare quello stupido luogo.
Un'altro punto a favore a cui era arrivata a credere era il fatto che, magari, i farmaci avrebbero avuto degli effetti collaterali estremi-più di quelli che aveva già sperimentato - portandola alla morte.
Fatto sta che, volente o nolente, Eva continuava a prendere i suoi medicinali.
<E tu, Eva, come sta andando la tua settimana?> Tish si stava rivolgendo a lei, era già arrivato il suo turno?
<Ho preso la quarta pillola della giornata, il mio corpo ha degli spasmi un'ora si e due no e avrei giurato di aver visto un unicorno passeggiare in giardino, ieri>
Il silenzio regnava nella sala e nessuno, nemmeno uno dei presenti osava non guardare Eva negli occhi, erano tutti straordinariamente composti e concentrati su di lei.
<Bianco con il corno d'argento?> Una ragazza con in mano un peluche, dai capelli di un arancione scolorito, esordì, i suoi occhi colmi di curiosità.
<Sì, si è anche alzato sui piedi per nitrire>
Continuò lei, perché la situazione la stava divertendo.
<Cosa vuol dire nitrire?> Le rughe della fronte della ragazza si corrugarono.
<Basta così Eva, smettila, non puoi prendere in giro la gente> Tish le stava rivolgendo uno sguardo duro.
<Ma è la verita> Eva speró che Tish non notò la mezza risata che aveva cercato di sopprimere.
Fortunatamente, la dottoressa fece morire la discussione, dando un'importante avvertimento.
<Ragazzi, devo chiedervi una piccola cortesia, riguarderà solo la giornata di domani, quindi non sarà temporanea>
Ora stava sfoggiando quel sorriso che usava quando voleva essere rassicurante.
<Devo chiedervi gentilmente di non lasciare la vostra stanza, nel tardo pomeriggio di domani. Ovviamente in mattinata e in primo pomeriggio potrete soggiornare nella hall, ma dopodiché sarete portati nelle vostre stanze e voi dovrete rimanerci.>
Fece un sospiro.
<So che è più presto del dovuto ma probabilmente sarete portati nelle vostre stanze alle 5 del pomeriggio. Mi dispiace debba essere così, credetemi, ma è necessario per la sicurezza e la professionalità dell'ospedale>
Eva si acciglió.
La professionalità dell'ospedale? Il Queen Elizabeth era già un ospedale professionale, era rinomato in tutto il paese.
Da quando era arrivata non aveva mai assistito ad una misura restrittiva del genere e senza una spiegazione plausibile, suppose fosse una delle cose che ancora doveva testare.
I tentativi dei suoi compagni di scoprire il motivo dell'assurda richiesta furono deviati da un "Semplice controllo annuale sull'agibilità e la professionalità dell'ospedale" per poi cambiare in fretta argomento.
Ripensó a quelle parole per tutte le ore a seguire, guardando il soffitto della sua camera e udendo la soffice voce della presentatrice del telegiornale in tv, che le arrivava alle orecchie come un suono lontano.
Che giorno era, comunque?
Si alzò debolmente per dare un'occhiata veloce al calendario appeso sul muro alla sua destra, sul quale ogni infermiera dopo averle fatto prendere i suoi medicinali, segnava la loro quantità con delle stanghette sull'apposito giorno.
Ventotto Gennaio 1988.~~
Autrice.
Vi chiedo perdono in anticipo per la sinteticità del capitolo ma è un capitolo transitorio, necessario per quelli futuri, che saranno più lunghi.
Come vi ho già accennato, la storia non parte subito con lui e lei che si innamorano perdutamente e di certo di rose e fiori ci sarà ben poco.
Mi prendo un altro secondino per ringraziare quelle poche ma carinissime persone che hanno lasciato un'opinione sotto i miei capitoli e mi han fatto i complimenti.
Non avete idea di quanto mi renda felice leggere anche solo un vostro commento, sto sorridendo adesso.
Vi ringrazio di cuore, per me significa tanto.
Aggiornerò prestissimo.
Tanti bacini e biscottini,
michaeleyes_
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Clinical.
Fanfiction1988, Queen Elizabeth Hospital, Londra Spostò lo sguardo per incontrare quello di Tish, in piedi poco dopo la porta, probabilmente doveva essere appena arrivata. Non l'aveva notato. Era abbastanza deprimente il fatto che vedesse quella donna più d...