Ciò che vide non appena spalancò le porte della Kids section non avrebbe potuto immaginarlo nemmeno con la più larga delle fantasie.
Quelli che riconobbe facilmente come infermieri e caporeparto sostavano in piedi: tre sulla destra e tre sulla sinistra della grande sala. Spostando rapidamente lo sguardo vide tutti i bambini del reparto-comodamente seduti a terra in un cerchio- intenti a prestare attenzione alle parole che uscivano morbide e gentili dalle labbra di una figura che non riusciva a definire seduta su una sedia al centro del cerchio, con un libro tra le mani, intenta a leggere.
Con un'occhiata fugace notò un grandissimo cartellone alle spalle di quest'ultima, scritto in corsivo maiuscolo in un rosso accesso
"Benvenuto Michael Jackson, Re del Pop"
Eva strabuzzó gli occhi.
<Ma che cazzo> si accorse di aver pronunciato quelle parole ad alta voce non appena il capo di gran parte delle persone in sala ruotó verso di lei, accorgendosi della sua presenza.
Silenzio.
Tutto ciò avvenne in un lasso di tempo pari a 20 secondi e ciò che accadde dopo fu talmente rapido che Eva riuscì a malapena a realizzare il tutto.
Tish la guardava negli occhi e lei poteva dirlo perché stava facendo esattamente la stessa cosa, la dottoressa lanció un'occhiata ad un'infermiere abbastanza alto e dai capelli scuri che le stava accanto, il sottoscritto di rimando ne lanciò un'altra all'infermiera che gli stava di fronte, che lei riconobbe come Margaret.
Come autome, i due presero ad andare in contro ad Eva mentre nella sala riusciva a sentir pronunciare delle scuse imbarazzate da una donna che non ebbe nemmeno il tempo di guardare in faccia.
I suoi arti non rispondevano ai comandi di muoversi che il cervello stava imponendo loro con urgenza.
Era paralizzata.
Si sentiva schiacciata da una forza disumana che la obbligava a rimanere ferma sui suoi piedi.
<Ciao, come ti chiami?> la voce dell'uomo che fino a pochi minuti prima stava parlando con leggerezza raggiunse soave le sue orecchie, proprio nel momento in cui i due infermieri avevano premuto le loro mani sulle sue braccia.
Quest'ultimi, voltarono il capo per osservare l'individuo che aveva appena pronunciato quelle parole.
Lui non si era scomposto di un minimo, sedeva ancora sulla sedia, con un libro dalla copertina fin troppo colorata tra le mani e le gambe strette tra loro.
La fissava negli occhi e lei aveva ancora le mani dei due infermieri che pressavano sulla sua pelle, ma non riusciva più a sentirle.
Indossava una camicia rossa con una striscia nera sul braccio sinistro, dei pantaloni neri che cadevano lunghi sulle sue gambe magre e dei mocassini dello stesso colore infilati dentro un paio di calzini bianchi.
Eva pensò fosse un vestiario alquanto semplice per una star di fama mondiale.
Pensò anche che stava attendendo una risposta e che avrebbe dovuto affrettarsi a fornirgliela se non sarebbe voluta risultare una disadattata, come da stereotipo per qualcuno ricoverato in un reparto psichiatrico.
<Sono Eva> si limitò a dire.
<Eva, come la donna creata dalla costola dell'uomo> le rispose, <Ti prego di unirti a noi>
Un sorriso.
Doveva non essere vero, forse era la lontananza che faceva sembrare quel sorriso così perfettamente allineato, di sicuro da vicino avrebbe trovato qualche difetto.
<Non mi sembra il caso Signor Jackson> si intromise Tish, avanzando verso Eva, <la ragazza è un po' troppo grande per stare qui>.
Non appena le fu accanto, lo sguardo che la dottoressa le rivolse fu rimproverevole.
<Sicuramente è nel reparto sbagliato> precisò, come se non fosse già stata abbastanza chiara sul da farsi.
<Non si è mai troppo grandi per ascoltare le avventure di Peter Pan>.
Non fu tanto la sua affermazione a lasciare impietrita Tish quanto la serietà nel tono della sua voce.
Non c'erano cenni di divertimento, solo una gran compostezza.
<Vorrei sedessi qui accanto a me, possiamo avere un'altra sedia per Eva per favore?> chiese guardandosi in giro.
Quest'ultima non tardò ad arrivare.
<Lí è un po' troppo lontano, la vorrei qui accanto a me> disse indicandone il punto preciso.
Ed era davvero fin troppo vicino per i gusti di Eva.
Non era abituata ad essere così a contatto con qualcuno di sconosciuto, che fossero ragazzi, ragazze, infermiere o perfino superstar.
Eva diede un'occhiata a Tish, la quale le fece segno di avvicinarsi e sedersi.
Fu quello che fece mentre il cuore le saliva in gola, consapevole del fatto che avrebbe ottenuto minimo una settimana senza uscite in cortile e senza visitare la Kids section ma soprattutto, perché stava accettando di sedere a poca distanza da qualcuno che voleva raccontare una favola.
Con quel pensiero in mente, si sedette sulla sedia ed alzò lo sguardo.
Lui la stava già guardando.
Aveva gli occhi di un nocciola scuro ed erano tremendamente grandi, abbastanza da farla sentire a disagio ed abbassare la testa.
Lui sorrise a quella reazione e le sussurrò delicatamente un <Eva, io sono Michael>.
Così c'era questo ragazzo, lontano- esagerando fortemente- 10 cm da lei, che si chiamava Michael e a 29 anni era-già da parecchio tempo- la più grande celebrità del pianeta.
Un toccasana di autostima per una ragazza rinchiusa in un reparto di malattie mentali nel clou della sua giovinezza.
Eppure la leggiadria con cui aveva pronunciato quelle parole non le permetteva di scagliarsi contro di lui.
I dieci successivi minuti passarono tra la dolce e coinvolgente voce di Michael che si perdeva, come se stesse raccontando più a se stesso che agli altri, tra le avventure di Peter Pan e Wendy, dolce ragazzina dai capelli color miele ed occhi verde mela.
Alla descrizione della ragazza, Eva aveva sentito un formicolio lungo la schiena ed una sensazione fastidiosa che, nonostante Michael fosse andato avanti col racconto, ancora non l'aveva abbandonata.
Fu quando lui stesso avvicinò il libro ad Eva- per farle osservare l'illustrazione di Peter e Wendy che scappano insieme- che avvertì una scossa talmente forte da farla scattare in piedi.
Michael le rivolse un <Tutto bene?> e le sfiorò per un secondo il polso prima che Eva lo ritrasse con rabbia, come reazione per aver invaso il suo spazio personale.
Adesso lei era in piedi.
Tutto il reparto la stava guardando.
Tutto il reparto puntava lo sguardo misto a stupore, derisione e pietà verso la figura esile di Eva che se ne stava in un quadratino del pavimento impietrita.
Michael ancora seduto sulla sedia, studiava la sua espressione cercando di scavare la risposta nelle sue pupille.
Come se potesse afferrarla.
Come se potesse giungergli attraverso una qualche connessione divina.
Non riusciva a spiegarsi come degli occhi di un verde simile, riuscissero a contenere così tanta tristezza ed oscurità.
Tutto il reparto, compresi bambini, direttori, infermieri e dottori la stava guardando pensando probabilmente quanto fosse bisognosa d'aiuto quella povera ragazza "problematica" ed in preda ad un attacco nevrotico.
Tutto il reparto la stava guardando e lei non poteva sopportare i loro pensieri.
Perché li sentiva i loro pensieri.
Li sentiva forte nella testa.
Li sentiva forti nello stomaco.
Li sentiva scorrere forti nel suo sangue.
Li sentiva pungere, graffiare, raschiare la pelle.
Li sentiva affollarsi l'uno sull'altro, cercando di inglobarsi, mangiarsi, inghiottirsi fra loro, fondendosi in un unica sola concenzione.
Sei malata.
L'ultima cosa che vide fu Tish e i due infermieri avanzare verso di lei.
Ancora una volta.~~
Autrice.
Okay ci ho messo veramente parecchio e mi scuso nel profondo per l'attesa ma in questo periodo di tempo son diventata un folletto tuttofare ed ho studiato, dato un' esame ed iniziato a lavorare -continuo a farlo anche attualmente-.
Presumendo ciò, avere il tempo per scrivere è stato raro, anche se il capitolo era quasi pronto già da tempo.
Nonostante sia stata un fantasma vi ho letto tutti e sono così felice per le parole che mi avete dedicato, riempiono il mio cuore di tante emozioni felici e vedere quanto vi stia incuriosendo la storia mi fa venir voglia di svelarvi quale mental illness abbia Eva -cosa che ovviamente non farò perché dai scherziamo, siamo solo all'inizio-.
Spero continuiate a seguirla nonostante le mie sparizioni.
Vi abbraccio fortissimo,
_michaeleyes
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Clinical.
Fanfiction1988, Queen Elizabeth Hospital, Londra Spostò lo sguardo per incontrare quello di Tish, in piedi poco dopo la porta, probabilmente doveva essere appena arrivata. Non l'aveva notato. Era abbastanza deprimente il fatto che vedesse quella donna più d...