Le cinque in punto ed Eva si stava già alienando un secondo dopo essersi seduta sul letto.
Solo in quel momento stava realizzando che avrebbe dovuto rimanere nella sua camera fino al mattino successivo.
Ed erano solo le cinque del pomeriggio santo cielo.
Solitamente durante il tardo pomeriggio erano lasciati liberi a soggiornare nella hall in cui vi era anche un televisore -di gran lunga più avanzato di quello che disponeva nella sua camera- che faceva assumere all'aula un'aria meno funeraria.
Non che non parlassero e se ne stessero in un angolo con i loro pensieri, semplicemente alcuni giorni erano più tranquilli di altri, in cui -d'altro canto- qualcuno prendeva a litigare dal nulla o si manifestavano crisi epilettiche, di rabbia o d'ansia alla vista di un particolare a volte anche innocente.
I giorni tranquilli erano quelli in cui, nella finta aura di pace, tendevano ad usare la televisione.
Non andavano a finire nella stessa maniera in cui erano iniziati comunque, c'era sempre qualcuno che si scagliava contro qualcun altro alla decisione di quale programma o film preferire.
I fautori di tutto ciò erano sempre Jim e Sandy.
Eva credeva che dietro tutto l'odio e le parole pungenti che si dedicavano spesso e volentieri, un po' si volevano bene.
Lo notava negli occhi di Jim, perché alla fine, la dava sempre vinta a Sandy.
Nel frattempo lei aveva deciso che avrebbe dovuto uscire da lì, anche solo per una mezz'ora.
Era il pensiero più eccitante della settimana: infrangere ciò che Tish aveva richiesto, andare contro le regole della rispettata e stimata dottoressa, colei che credeva di sapere ogni particolare della sua vita, chi fosse e cosa provasse realmente.
Si avvicinò alla porta e premette il campanellino d'allarme situato sul muro accanto ad essa, pensato appositamente per le emergenze dei pazienti.
Nel giro di due minuti, l'infermiere Richards fece capolino nella sua stanza.
Sapeva che il turno spettasse a lui, proprio quest'ultimo infatti aveva progredito ad assicurarsi la loro presenza nelle rispettive stanze. Il fatto che, sapeva anche di essere guardata in modo diverso da come un infermiere dovesse di norma guardare una paziente, era un bonus che avrebbe aiutato Eva a compiere il suo intento.
<Ho dimenticato il mio braccialetto in mensa> assunse un tono preoccupato e prese a tremare con un piede.
<Andrò a prenderlo io, dove lo hai lasciato?> di rimando lui le dedicò un sorriso gentile.
<Non ricordo, l'ho dimenticato> non era già abbastanza ovvio? Se si dimentica qualcosa, si presuppone di non sapere dove sia.
Questi infermieri potevano anche essere pazienti e generosi, ma di certo non erano perspicaci.
<D'accordo, allora guarderò un po' in giro> fece per darle le spalle.
<Giocavo a nascondino con Matt> fu la prima idea che le venne in mente per non far morire la conversazione.
L'infermiere le rivolse un'occhiata incredula.
Non era propriamente una ragazza disposta ai giochi di gruppo, né tantomeno ai giochi da bambini.
Beh, sicuramente non più da quando.. <Continuava a ripetermi di voler giocare a qualcosa> si stava impegnando per trovare una scusa che potesse reggere <Così ho nascosto il braccialetto e ho proposto di giocare a nascondino, per evitare di farlo lamentare>
Sperava di esserci riuscita.
<Credo tu debba aspettare domattina o lasciar dare un'occhiata a me> la guardava dal suo metro e ottanta, tranquillo.
La situazione le stava sfuggendo completamente di mano.
Seppur completamente stabile in quell'istante si chiese perché servisse essere ricoverati in un reparto psichiatrico se non si poteva usufruire nei momenti del "bisogno" della sua patologia.
Così, prese a torturarsi le mani e a sussurrare in continuazione <Devo trovare il mio braccialetto> andando a graffiarsi successivamente le braccia.
Richards non si fece prendere dal panico, episodi del genere erano pane quotidiano nel reparto.
Quando Eva però cadde a terra iniziando a tirarsi i capelli e continuando a ripetere di dover trovare il suo braccialetto in maniera fin troppo ossessiva, si chinò a prenderle il viso tra le mani.
Lo guardava negli occhi quando gli disse <È troppo importante per me, non posso perderlo> respirando a fatica.
Stava continuando a guardarla e ad Eva dava sinceramente fastidio quella stretta vicinanza ed il suo tocco che adesso stava accarezzando i suoi capelli.
Se non fosse stato necessario ad ottenere il risultato che si era prefissata, gli avrebbe ringhiato contro nel giro di pochi secondi.
Il povero cuore di Richards saltó in aria quando lei fece uscire debolmente dalla sua bocca un <Ti prego, aiutami>.
Era certo che avrebbe ripreso a gridare se avesse ricevuto un no come risposta ed Eva era consapevole del fatto che Richards era un adulatore di Tish.
Non poteva permettersi di farle capire di non riuscire a gestire una situazione come questa o farle una puntura calmante, senza una potente crisi di base.
Richards nello stesso frangente era combattuto su ciò che avrebbe dovuto fare.
Perché con gli altri pazienti era totalmente differente e addirittura quasi apatico?
Se avessero avuto una crisi si sarebbe limitato a bloccare loro le braccia e avrebbe chiamato un'infermiera che avrebbe provveduto ad un'iniezione calmante.
Eva era l'ultima arrivata.
Era ricoverata al Queen Elizabeth da cinque mesi ed aveva iniziato ad osservarla fin da quando in mensa rovesciava l'intero vassoio nel bidone della spazzatura e passava il resto del tempo seduta all'ultimo banco di sinistra, accanto al muro. Le volte in cui le aveva parlato non le aveva rivolto la parola ma segnò a mente quando -nella seconda settimana di Ottobre, nella hall del reparto- alla domanda <Preferisci vedere qualcosa in particolare?> lo guardò intensamente negli occhi, per la prima volta.
Aveva continuato a tenerla d'occhio da allora ed ogni volta che finiva il suo turno, passava sempre dalla sua camera a vedere se stesse bene, seppur di nascosto.
Gli venne da pensare se se ne fosse mai accorta, pregò onestamente di no.
Non poteva scomodare Tish in quel momento, tutti i dottori ed i caporeparto erano impegnati nell'organizzazione dell'evento che stavano progettando da settimane.
Ciò che avrebbe fatto da lì a poco sarebbe stata la prima cosa illegale da quando lavorava al Queen Elizabeth ma sarebbe passata inosservata se lo avesse fatto in fretta e senza essere visto.
Almeno era quello che credeva.》《
Cinque minuti più tardi Eva stava attraversando il corridoio che avrebbe portato alla mensa.
Si chiese perché quel piano era profondamente silenzioso.
Sembrava come se tutti fossero spariti.
Richards le stava dietro, osservando ogni suo minimo movimento.
Non aveva un'idea precisa di cosa avrebbe fatto una volta messo piede in mensa, avrebbe semplicemente improvvisato.
<Siamo qui> esordì lui, aprendo le porte ed entrando nella stanza.
<Ti viene in mente dove possa essere?> continuava a guardarsi attorno in uno stato di ansia.
Poteva capirlo, stava andando contro gli ordini dettati da un suo superiore e solo questo pensiero la faceva sentire appagata.
Aveva persuaso un infermiere ad andare contro le regole del suo lavoro.
Era incredibile come i sentimenti dell'essere umano potessero influire su decisioni importanti riguardanti perfino il rischio di perdere il proprio lavoro. Richards doveva essere parecchio debole per farsi distogliere da un paio di occhi verdi come i suoi.
Sperò non si lasciasse abbindolare anche in altri campi della sua vita.
Sarebbe stato un disastro per lui far prevalere l'emotività sull'essere razionale e professionale.
<Eravamo seduti qui> sì incamminò verso il tavolo sul quale lei e Matt, ore prima, avevano condiviso il pasto.
Fece finta di guardare interessata sotto quest'ultimo.
<Qui non c'è, cazzo> credeva che aggiungendo un'imprecazione avrebbe dimostrato maggior importanza e rabbia per non aver trovato l'oggetto della sua ricerca.
Per rendere più credibile la scena iniziò nuovamente a graffiarsi le braccia, consapevole che stavano già iniziando a formarsi dei segni evidenti.
<Tranquilla, continuamo a cercare> cercò di rassicurarla.
A quanto pare le sue piccole crisi riuscivano a far breccia sulla sua sensibilità.
<Credo di ricordare di essermi avvicinata al bancone> si incamminò per raggiungerlo, quando l'infermiere la fermò per un braccio e le ordinò di bloccarsi con un <No, vado a controllare io>.
Lei gli sorrise forzatamente mentre Richards si avvicinava a controllare il bancone.
Come previsto non trovò nulla ma per rassicurarla ulteriormente e far smettere una volta per tutte l'indagine, si offrì di controllarlo anche all'interno.
Eva capì che quella era l'occasione che avrebbe dovuto sfruttare per non ripercorrere la strada che avrebbe portato dritta alla sua camera.
<È verde con delle palline colorate> fu il primo colore che le venne in mente e a detta della sua descrizione, avrebbe dovuto essere il bracciale più brutto del mondo.
Una volta che Richards girò all'interno del bancone e lei faceva finta di guardarsi intorno disperata dalla voglia di ritrovare l'oggetto perduto, iniziò a correre verso la porta, chiudendola dall'esterno.
Guardó ovunque per cercare qualcosa con cui bloccarla ma sfortunatamente trovò il vuoto del corridoio.
Si arrangió togliendosi la parte superiore del suo completo e legandola a nodo sulla maniglia.
Non avrebbe resistito a lungo per questo aveva ripreso a correre come non aveva mai fatto nella sua vita.
L'adrenalina cresceva ad ogni passo che premeva sul pavimento.
Non aveva mai avuto un braccialetto.
L'ospedale pareva essere deserto e lei si sentiva come se da un momento all'altro potesse essere presa di forza da qualcuno apparso all'improvviso e trascinata via per poi venir imbottita dal doppio delle pillole.
Si fermò proprio dove aveva intenzione di arrivare, esausta, senza fiato.
Kids section.
Aprí le porte.~~
Autrice.Nulla, il prossimo capitolo sarà IL capitolo. Spero non vi infastidiscano i dettagli e la meticolosità della storia, che è lenta ad iniziare, ma vi prometto che l'attesa è finita, beh per ora. So che lo dico sempre e che abbia anche rotto le ●● ahahah, ma è tutto necessario. Amo concentrarmi sui dettagli e spiegare i vari passaggi che portano alle azioni dei personaggi.
Abbracci fortissimi,
michaeleyes_
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Clinical.
Fanfiction1988, Queen Elizabeth Hospital, Londra Spostò lo sguardo per incontrare quello di Tish, in piedi poco dopo la porta, probabilmente doveva essere appena arrivata. Non l'aveva notato. Era abbastanza deprimente il fatto che vedesse quella donna più d...