Capitolo 4

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La stanza era fredda, o forse ero io a sentirmi congelata dentro. Questa notte ho sentito tanti rumori: qualche uccello notturno, qualche bisbiglio nel corridoio, penso persino di aver sentito il rumore del silenzio. È così rumoroso non sentire nulla: i pensieri hanno troppa libertà di movimento.

Sapevo che non avrei chiuso occhio questa notte, nonostante la stanchezza mentale. Ho deciso che è meglio non fidarsi di questa gente: nonostante Martha sia una delle persone più affidabili che conosca, qui dentro ci sono troppe memorie di vite strappate ingiustamente alle loro famiglie. Per questo motivo non sarò mai al sicuro: ho capito come, probabilmente, andrà a finire: mi useranno per combattere i ribelli e, infine, mi uccideranno per avere la loro vendetta. Come dargli torto?

La mia amica si è offerta di restare a dormire con me, ma lo vedevo che avrebbe voluto recuperare il tempo perso con Isabel. Non nego che non passare la notte da sola mi avrebbe fatto piacere, ma tengo a lei abbastanza da volere il suo bene.

Ieri Martha mi ha detto che nell'armadio della mia stanza ci sono vestiti della mia misura che avrei potuto usare a mio piacere, quindi decido di approfittarne. Non c'è molto che definirei "del mio genere", perciò opto per la cosa più semplice che trovo: pantaloni di pelle neri e una maglia grigia, la più spessa che c'è, ovviamente.

Dal momento che nessuno mi viene a chiamare, probabilmente perché è troppo presto e tutti dormono ancora, decido di uscire dalla stanza per vedere com'è questo palazzo incantato. Ieri ho tristemente realizzato che, essendo in un altro universo, il mio telefono è inutile: non c'è modo di farlo funzionare. Non è il fatto di non poter usare il cellulare a turbarmi: non ne sono mai stata dipendente, ma il problema è non poter avvisare i miei genitori che sto bene. Hanno già perso un figlio e ho visto il loro dolore: non potrei sopportare di saperli di nuovo così.

So che in realtà non sono i miei veri genitori e sicuramente lo sanno anche loro, però mi chiedo come mai non ci abbiano mai detto di averci adottato: né io né Alec ci saremmo fatti alcun problema. Certo, però Alec lo sapeva.

Vedo una luce accesa al fondo del corridoio, così decido di accontentare la mia curiosità. Mi avvicino cauta, cercando di non fare rumore: probabilmente non dovrei nemmeno essere qui.

«Non possiamo dirglielo, se quello che mi hai detto è vero.» la voce di Kaden mi suona familiare.

Mi appoggio a lato della porta semiaperta che permette di sentire le conversazioni all'interno.

«Non ti aspettare che collabori, se lo scoprirà da sola. La conosco: se glielo dicessimo subito opporrebbe un po' di resistenza all'inizio, ma poi ci aiuterebbe; se, invece, lo venisse a scoprire per conto suo -e fidati che lo scoprirebbe- perderebbe quel poco di fiducia che ha in noi.»

Oh Martha, quanto mi conosci bene!

«Certo, ma la sua priorità diventerebbe il ragazzo: a noi serve che rimanga concentrata sul nostro maggiore obiettivo. Cosa vuoi che sia una vita in confronto a tutte quelle che salveremmo?»

Il ragazzo. Alec? Credevo che Alec fosse anche una loro priorità.

«Non capisci che più persone a cui tiene saranno in pericolo, più lei si impegnerà?»

Ah. Sicuramente sapere che la mia migliore amica ragiona così non è il massimo.

Improvvisamente il silenzio diventa troppo, allora mi affretto a correre verso la mia stanza: farmi beccare mentre origlio una loro conversazione in cui parlano di me, non è una buona idea.


La stanza è di ghiaccio, in tutti i sensi: sembra il cuore di una persona che si sente fuori posto. È bellissima, ma nemmeno chi la possiede riesce a vederci qualcosa di bello: forse a causa del contesto, forse perché nessuno si è mai preoccupato di farla sentire una parte del tutto. È solo una parte nel tutto: tutti sanno che esiste, ma la sfruttano solo quando ce n'è il bisogno. E io non sono più convinta di star parlando della stanza.

Forgotten Queen -La guerra dei due mondi- (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora