CAPITOLO 1 | Va tutto bene!

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| CAPITOLO |

1

Moquette blu con un cerchio bianco al centro, un divano color cielo, due tavolini, stretti e lunghi, ad ospitare due vasi rossi di piante rigogliose, qualche mobile e quadro dalla completa inutilità, una porta a sinistra e una parete bianca.

Nient'altro. Assolutamente nient'altro.

Sherlock Holmes non sapeva da quanto tempo si trovasse lì, in quella sala d'attesa asettica, inodore, completamente neutra, spoglia di indizi. Né tantomeno aveva idea di come ci fosse arrivato. Come nella più assurda delle barzellette, o la più inquietante delle storie, lui ci si era ritrovato. O, meglio, ci si era svegliato, su quel divano celeste. Seduto, come se fosse sempre stato lì, in attesa di qualcosa. Senza sapere nemmeno di cosa, o per cosa. Non perse un secondo a vagliare ogni possibile ipotesi all'interno della sua mente ingombra di collegamenti senza fine.

Devono avermi rapito. Non c'è nessun'altra soluzione.

Sì, era la spiegazione più logica. Un rapimento fatto da qualcuno per cui, probabilmente, era solo una presenza scomoda. Di sicuro aveva a che fare con un caso particolare, in cui, per molti, avrebbe fatto meglio a non impicciarsi.

Eppure...

Perché mi hanno portato qui?

Eppure era strano lo stesso: perché rapirlo per poi posizionarlo su un divano comodo, in una stanza accogliente? Perché non in una cantina buia e umida, in qualche zona malfamata di Londra, legato ad una sedia senza alcuna via di fuga?

No, non aveva senso, sebbene fosse comunque la spiegazione più logica. Magari era un modo per disorientarlo, fargli credere di potersi fidare. Quelli erano criminali scaltri, furbi, e per questo estremamente pericolosi. Sì, era un depistaggio, senza alcun dubbio.

Eppure...

A che caso sto lavorando, ultimamente?

Eppure non ricordava assolutamente niente dei più recenti avvenimenti. Né del caso, né dei criminali, né del possibile rapimento. Niente. E la stanza non riusciva a dargli nemmeno un indizio di quanto stesse succedendo.

Tranne che per quella scritta, che Sherlock fissava ad occhi spalancati, sotto alle sopracciglia aggrottate. La scritta verde che, lì davanti, grandeggiava, e sembrava quasi comunicare un qualcosa di tranquillo, un bell'incoraggiamento, una frase davvero assurdamente semplice.

Benvenuto! Va tutto bene!

Sherlock non capiva. E di certo non capire lo infastidiva, frustrava, snervava. Perché, perché, perché non capiva? Che diavolo stava succedendo?

«Oh, bene, vedo che sei arrivato!»

Sherlock girò il capo alla sua sinistra, verso la porta, fino ad allora rimasta chiusa.

«Ti stavo aspettando, Sherlock Holmes. Mi avevano detto che saresti arrivato a breve, ma non credevo così a breve!»

E spalancò ancora di più gli occhi nello scorgere la figura che, sorridente, si ergeva sulla soglia.

«Mycroft?»

«Vieni, entra! Adesso è proprio il tuo turno.»

Mycroft Holmes, dall'austerità del suo completo che mal si accostava al suo volto dell'espressione allegra, invitò il detective ad entrare nella stanza oltre la porta alle sue spalle. Si fece da parte e, con un gesto della mano, gli fece segno di seguirlo dentro. Sherlock, tentennante, si alzò dal divano e, incerto, entrò nell'ufficio sulla sinistra, rassicurato dal fatto di avere suo fratello davanti agli occhi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 27, 2019 ⏰

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