Claudia spirò alle sei

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Erano le sei di mattina quando, sotto il mio sguardo attento, Claudia esalò l'ultimo respiro, liberando con esso la propria anima.

Pur essendo primavera, fu simile a quando si crea la nuvoletta nei giorni invernali.

Fu delicata, l'aria le lasciò le labbra screpolate dolcemente e i suoi occhioni nocciola erano già chiusi.

Con quel respiro svanirono anche le rughe dal suo viso, finalmente rilassato.

Finito quel respiro, lei non era finita.

Una donna così, con tutta quella voglia di vivere, non si dissipa nell'atmosfera.

Claudia, o almeno il suo spirito, fu come una piuma mossa dal vento.

Leggera, volò nella stanza, fino alla finestra, e uscì per vedere le prime luci dell'alba.

Dalla sua nuova prospettiva sentiva tutto: la calma del silenzio, la foga dei pianti dal reparto maternità, il dolore da terapia intensiva e la musica da una stanza del reparto di pediatria.

Piuma qual era, si fece soffiare sopra il parco, a quell'ora ancora freddo e malinconico, poi spiò negli appartamenti alla sua portata.
Una coppia a letto, una donna anziana che preparava la colazione, un bambino assorto dai cartoni animati, un'uomo dall'aspetto dignitoso che si riflette nello specchio.

Alle sette lo spirito di Claudia era stato soffiato sopra tutta la città.

Aveva visto persone, luoghi, animali, fiori svegliarsi con il sole e non provava invidia per il tempo che a lei non scorreva più.
Il suo orologio si era semplicemente fermato, ma era ancora integro e amava osservare il corso della vita.

Claudia aveva fatto parte di quel tutto che aveva improvvisamente una luce diversa e non trovava ingiustizia nel primaverile sole che splendeva meravigliosamente proprio il giorno della sua morte.

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