... Prologo 2

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Alcuni dicono che il primo passo per risolvere un problema è riconoscere di averlo.

Io non ne sono del tutto d'accordo, perchè dipende dalla portata del problema che hai.

Nel mio caso, io ho riconosciuto di avere un problema, giá da quando me l'hanno diagnosticato, ma ancora non ho risolto un bel niente.

Semplicemente perché alcuni problemi non si possono risolvere. Non è difficile.

E poi, il mio problema non è di avere un problema, ma di riconoscere, come ho già espresso, che il mio problema non si può risolvere.

Quante volte ho già detto problema? Troppe.

Voglio ammetterlo, sono sempre stata una ragazzina problematica. O meglio, mi sono sempre considerata tale. Non sapevo cosa fosse veramente avere un problema fino a quando i medici non mi hanno comunicato della malattia.

Avevo tutto, avevo troppo, e forse è per questo che Dio mi ha dato anche qualcosa che non volevo avere. Però non è giusto.

Non ho scelto io di nascere nella famiglia White, e tantomeno ho scelto io che questa famiglia fosse ricca.

Dio ha interpretato male quello che volevo essere. Lo so che me la sono andata a cercare, da un certo punto di vista. Ero una bambina lagnosa e viziata, che dalla vita non desiderava altro che essere importante, per il semplice fatto che tutto il resto non aveva bisogno di desiderarlo, lo aveva già. E poi, alla soglia dei miei diciassette anni, sono cresciuta tutto d'un colpo. E, vaffanculo, io non volevo crescere così. Lo so che Dio mi ha concesso del tempo per crescere, e io l'ho sprecato vantandomi con i conoscenti di quanto fosse grande la mia casa e di quanto fosse verde il mio giardino. Ma non è questa la punizione adatta, secondo me.

Non voglio spendere gli ultimi anni della mia vita a contemplare un muro bianco senza imperfezioni, dentro ad un ospedale dove ti trattano come se la tua vita fosse più importante delle altre solo perché i tuoi genitori hanno molti soldi.

Mai come ora, e non credo che mi biasimerete, ho desiderato di essere normale.

Non voglio raccontarvi della mia vita prima della scoperta della malattia, perché credo vi annoiereste.

Voglio raccontarvi della mia vita qua, e del mio percorso verso la morte.

Vi confesso, la morte mi spaventa. Più di ogni altra cosa. D'altronde, a chi non fa paura la morte? Non tanto per il concetto di non-esistenza in sé. Ma per il fatto che non sono preparata a quello che ci sarà dall'altra parte, non ho idea di cosa devo aspettarmi.

Credo ad una vita ultraterrena, un po' come la descrivono i Libri Sacri.

E se non fosse così?

É di questo che ho paura io.

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