Sinestesia

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Spesso, alla Struttura, i sogni che facevo erano bianchi, lo stesso bianco immacolato di cui ogni oggetto, persona, parete, era dipinto. I miei occhi erano abituati al bianco abbacinante di ogni cosa, come al non distinguere quasi la profondità, o a preoccuparmi di associare i colori ai sostantivi.
Altre volte, invece, i miei sogni erano pervasi da una dolce sinestesia, che mi cullava nell'idea di colori che a malapena il mio cervello sapeva identificare.
Quella notte, il mio sogno iniziò bianco. A differenza del rassicurante senso di pulito e ordinato, quella notte il bianco fu il nulla.
Un opprimente, spaventoso nulla, che riempiva i corridoi infiniti fra cui correvo, senza meta, senza scopo, con la familiare sensazione di esasperante lentezza onirica.
Correvo, fra i corridoi illuminati al punto da essere senza dimensioni, inseguendo (o fuggendo?) qualcosa che non riuscivo ad identificare. Sentivo il corpo pesante, il tempo dilatato.
Senza preavviso, il corridoio si interruppe in una stanza verde.
La sorpresa nel cogliere un colore, fu tale che sussultai. O meglio, la mia coscienza onirica sentì il mio corpo sussultare, costretto da lenzuola attorcigliate attorno alle gambe.
Ma continuai a sognare. Fui in grado di rendermi conto che stessi sognando, e la distanza tra il mio conscio e il mio subconscio-conscio onirico si dimezzò sensibilmente.
Lentamente, consapevolmente, mi concentrai sul verde accecante di cui l'intera stanza era dipinta.
Lo sentii. Il verde mi pervase, mi ipnotizzó. Sospirai, avvertendo come un antico peso, come se mi fossi abituata a conviverci, come un vecchio amico onnipresente, che si scioglieva, liberandomi.
Mi sedetti al centro della stanza. Il sogno lucido mi permise di fare elucubrazioni razionali, senza timore di svegliarmi e allontanarmi da quel verde così corroborante.
La mia mente, libera di elaborare, mi mostró immagini di prati, di distese d'erba, di foreste agitate dal vento. Sentii il vento, sentii il profumo dell'ossigeno, dell'ozono.
Nata alla Struttura, come tutti i più giovani Abitanti, non conoscevo personalmente nulla del Mondo di Sopra, tantomeno i prati o il profumo del vento. Tutto ciò che conoscevo, lo conoscevo grazie ai racconti di Margie, e alle lezioni di storia della Classe. Mi meraviglió che la mia mente fosse in grado di evocare immagini così nitide di qualcosa che avevo solo sentito raccontare.
Fu il verde, il verde così intenso da essere denso, palpabile, un verde che fino ad allora non avevo mai visto, se non nei frullati di verdure, che evocó quelle immagini.
Quei... ricordi?
La parola mi si disegnó fra l'intreccio del filo dei miei pensieri, e l'interrogativo mi accompagnó nel ritorno verso il mio conscio, finchè le mie due coscienze collimarono nel mio corpo supino.
E mi svegliai.

'Buongiorno, 7542. Sono le 7, il tuo pasto è stato consegnato e i tuoi vestiti preparati'.

Le luci soffuse si accesero, i consueti 'bip' risuonarono, il sibilo del montavivande preannunciò il profumo della colazione.
Mi resi spiacevolmente conto di essere sudata, le lenzuola umide appiccicate alla pelle.
Me le scrollai di dosso e mi avvicinai alla Cabina Lavaggio.
Già nuda, entrai, premetti un pulsante, e un sistema automatico alternò brevi getti d'aria e sapone secco in polvere. Nonostante il piacere dell'acqua calda, della schiuma profumata e altri lussi fossero sostituiti da un processo che di piacevole non aveva nulla, mi sentii meglio, e mi affacciai cauta verso il ricordo del sogno lucido.
La sensazione del verde mi solleticò, la speranza che avevo provato, immersa nella stanza colorata, mi ammiccò. Ma il ricordo era ormai sfocato.

Ingollai la colazione - un soufflé di farina di mais, macedonia e succo di agrumi - indossai i vestiti bianchi, che mi procurarono un senso di inquietudine per la sua nuova visione opprimente ed ansiogena del bianco che il sogno mi aveva suggerito, e compilai il questionario, sforzandomi di rispondere come se fosse un'ordinaria, normale mattina alla Struttura.
Avvicinai il braccio all'erogatore, poi mi resi conto che nell'oblio del risveglio non avevo notato a quale stanza fossi assegnata. Che mi fossi persa il messaggio?

Uscii dall'Abitazione, dirigendomi, come il giorno precedente, verso la reception del Centro di Controllo, intenzionata a domandare dove fossi assegnata. Avevo bisogno di lavorare, di tenermi impegnata, per non soffermarmi sull'inarrivabile fantasma della sensazione onirica.

Mi sembrava che tutto fosse pervaso da una bellezza nuova, su cui mai mi ero soffermata.
Le persone dallo sguardo assente che si dirigevano verso le loro occupazioni, la luce artificiale, persino il bianco dei corridoi, nonostante il sogno, mi sembravano di una brillantezza mai vista.
Le porte del Centro si aprirono sulla consueta receptionist sorridente.
- Salve - dissi, sorridendo esageratamente. Per qualche motivo, mi piaceva l'idea di mostrarmi gentile. - Temo di essermi persa il mio incarico giornaliero. Potrebbe dirmelo lei? Soggetto 7542. Grazie. - aggiunsi, temendo che lei potesse non trovarmi piacevole.
- Un momento, prego - sorrise lei in risposta. Riuscivo a sentire il suo profumo fruttato solo appoggiandomi alla sua scrivania.
- Mi dispiace, ma qui risulta che tu non sia stata assegnata a nessun incarico. - disse lei, l'ombra di un interrogativo a sè stessa.
Toccò un palmare che teneva di fianco a sè, sulla scrivania, e quasi all'istante si presentò un Funzionario, impettito e nervoso, con l'aria di chi vive sotto stress.
- Soggetto, vieni con me - sentenziò, rude, senza guardarmi negli occhi.
Mi sentii minuscola e fuori posto.
Lo seguii in un ufficio poco distante.
Le pareti erano quasi completamente ricoperte di schermi e palmari, con numeri e scritte che si susseguivano.
Senza cerimonie, si sedette alla scrivania. Impacciata, mi sedetti su di una rigida sedia in metallo che mi indicò.
- Bene, ci risulta che il Sistema ha misurato, durante la notte, degli inusuali cambiamenti alle tue funzioni vitali. Un inserviente sarebbe dovuto venire a prelevarti, ma a quanto pare anche la burocrazia sbaglia - ridacchiò goffamente della sua battuta, mostrando una dentatura leprina.
- Risulta anche che non hai seguito la procedura SP, durante il tuo incarico di ieri. - continuò.
Lo guardai, interrogativa.
- Procedura Sorriso & Partecipazione. Gli Insegnanti hanno lamentato un tuo modo di fare non consono con i nostri, ehm, valori.
Hai qualcosa da dire?
Terrorizzata, lo guardai, annaspando in cerca di una risposta. Avevo voglia di piangere.
- Io.. non lo so. Mi hanno visitata, forse è stato quello... ero preoccupata.
Annuii, lo sguardo fisso sulla scrivania, con lo stesso sguardo che avrebbe avuto analizzando un disgustoso organismo unicellulare spiaccicato sulla sua scrivania.
- Soggetto... - diede una rapida occhiata al palmare sulla sua scrivania - 7542. Devo essere sincero. Il tuo placebo è stato modificato, e ti stiamo monitorando per controllare la tua risposta immunitaria e psicologica.
È normale avvertire qualche, ehm, incongruenza nell'elaborazione dei pensieri, ma è solo una reazione chimica di adattamento al nuovo placebo. Sono tenuto a tranquillizzarti e consigliarti di continuare la tua vita alla Struttura come se nulla fosse cambiato. Presto ti adatterai al nuovo placebo.
Annuii. Per qualche motivo, 'reazione chimica' mi bastava come spiegazione. Era qualcosa di lontano anni luce, che non dipendeva da me, e che, inoltre, non richiedeva il darsi ulteriori spiegazioni. Perfetto.
- Grazie. Posso andare? - chiesi, impaziente.
- Puoi andare, soggetto... - lanció ancora un'occhiata al palmare - 7542. E ricorda: Sorriso & Partecipazione!
Mi allontanai dalla stanza accompagnata dall'eco della sua risatina sommessa e soddisfatta, fiero della battuta con cui concluse il colloquio che stravolse il mio equilibrio.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 28, 2019 ⏰

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