Prologo

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"Dedicato a tutte le donne umiliate, ferite, uccise per mano di chi diceva di amarle"

«Ho paura, Austin, quest'altalena mi farà volare fino al cielo» la voce armoniosa di una bambina superò il cigolio delle catene mentre sfregavano contro il punto di giuntura del dondolo.

«Non aver paura, Trisha, sarò sempre con te. Non permetterò che ti succeda mai nulla di male anche quando saremo grandi. Lo sai, sono il tuo eroe!» disse il bambino vestendosi di coraggio per avvolgere la sua amica del cuore in un manto di baldanza.

Eppure, la bambina avvertì una mancanza, una persona di cui non ricordava il volto sebbene riempisse ogni suo giorno. «Secondo te, Austin, quest'altalena può mandarmi dal mio papà? Mamma dice che lui è in cielo, credi che possa andarci per incontrarlo? Voglio solo vederlo e parlarci un po'. Non ricordo più la sua voce.»

«Non lo so, Trisha, perché lo chiedi a me? Poi, non voglio che tu vada lontano, altrimenti resto solo», intanto il bambino dalle iridi cristalline continuò a spingere, aumentando la potenza a ogni colpo.

La bambina non si diede per vinta, smaniosa di conoscere il modo per giungere da quel genitore andato via senza neppure averla salutata, «Tu sai sempre tutto, Austin, perché ora non mi rispondi?» le lunghe trecce bionde oscillavano seguendo i movimenti del suo corpo e un sorriso mesto modellò le sue labbra sottili.

«Perché tu devi restare con me! Adesso basta, non voglio spingere più, non puoi andare da nessuna parte. Ora è il mio turno di andare sull'altalena, scendi!»

Austin percepì un peso sul piccolo cuoricino, le pupille si ottenebrarono al pensiero di resistere, anche solo un giorno, senza di lei.

La bambina scese, avrebbe fatto qualsiasi cosa gli avesse chiesto, si sentiva protetta da lui. Era certa che l'amico non avrebbe mai potuto abbandonarla o, almeno, era quel pensiero ad accompagnare la sua infanzia, inconsapevole, allora, che la vanità umana potesse distruggere un affetto puro come quello che li legava ormai da tempo.

12 anni dopo

Quanto può essere grande il vuoto che divora chi è vittima consapevole di una solitudine non accettata? Se provasse a guardarsi nello specchio, Trisha ne vedrebbe tutti i segni: il maglione strappato, il jeans macchiato del suo stesso sangue, un livido sotto l'occhio sinistro che neppure uno strato abbondante di fondotinta potrà ricoprire. Segni visibili del male che aveva camminato al suo fianco negli ultimi mesi. Un male che lei stessa ricercava e bramava affinché annientasse il dolore di una perdita che reputava straziante. Adesso, non lo avverte più quel dolore, quella rabbia, quella solitudine... è riuscita a privare la sua anima di ogni emozione, non immaginando di averla persa per sempre.

Ogniqualvolta la disillusione per le promesse non mantenute s'insinuava nella mente della giovane, lui, il ragazzo a cui aveva affidato ogni resto di sé, era lì a tendere una mano che lei agguantava per non affondare. Quel palmo che si era posato con vigore sulla guancia di Trisha, seguito da suppliche di perdono, in un pomeriggio d'inverno, quando ormai la ragazza aveva ceduto al richiamo dei sentimenti del suo amico, capaci di riempire, almeno in parte, il vuoto di chi ancora una volta aveva tradito la sua fiducia.

La giovane aveva trovato la forza per guardare avanti, sorretta da parole d'esortazione sussurrate da labbra amiche. Labbra che si erano posate sulle sue, inaspettate e dolci, per colmare il buio che la avvolgeva.

Sorrisi spontanei, carezze affettuose e baci al sapore di speranza si erano susseguiti durante le giornate che avrebbero dato inizio a un nuovo pezzo di storia della sua vita.

Quei baci e quelle carezze ben presto si tramutarono, però, in morsi e schiaffi, marchiando la sua pelle con il sapore della mortificazione.

Un getto d'acqua fredda scivola sul corpo martoriato di Trisha, fotogrammi sfocati scorrono innanzi alle sue pupille mentre gli insulti del ragazzo riecheggiano nelle orecchie, incunea le unghie nella carne delle braccia laddove s'intravedono altri segni. Sangue e acqua colano sull'epidermide, fondendosi e scorrendo lungo il corpo fino a infrangersi sulla ceramica bianca del piatto doccia. I capelli s'incollano al volto, nascondendo le ecchimosi bluastre e le iridi adombrate dal vuoto in cui è sprofondata.

Sfrega con intensità la spugna sulla sua pelle, i polpastrelli flettono sulla fibra, quasi a voler cancellare le impronte delle mani sudicie dal suo corpo.

Le spalle, le braccia, il busto, le gambe, ogni lembo di pelle è marchiato indelebilmente dalla violenza del ragazzo.

Strofina, graffia, leviga, con possanza e disperazione, ma il marciume è ancora lì.

Ancora, ancora, ancora.

Nota autrice-Leggete, è importante!Vi dò il benvenuto sulla prima storia pubblicata e completa

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Nota autrice-Leggete, è importante!
Vi dò il benvenuto sulla prima storia pubblicata e completa. È un piacere avervi qui.
Volevo fare una piccola precisazione in virtù di quanto accaduto qualche giorno fa. Una precisazione che riguarda proprio il prologo. Nella prima parte, vediamo Austin e Trisha da bambini, nella seconda quanto accaduto a Trisha dodici anni dopo. Non specifico il nome del mostro volutamente, capirete solo dopo.
Inoltre, il prologo trova collocazione temporale nella metà del romanzo. I primi capitoli sono molto adolescenziali e servono come spiegazione per quanto accade successivamente, come si sviluppano gli eventi. Spero di essere stata chiara e che vogliate dare una possibilità a questa storia, che nel finale vi stupirà.
A presto.

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