Un giorno a scuola Parte 1

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«Mamma, ti sbrighi, non vorrei arrivare tardi a scuola! Impiego venti minuti per arrivarci.»

«Tesoro, perché non ti fai dare un passaggio da Austin? Dovete andare nello stesso posto!»

La fronte della donna è solcata da una ruga d'espressione, le sopracciglia sono inarcate verso l'alto e una domanda si posa sulle sue labbra sottili e rosee.

Il suo interrogativo è un nuovo graffio che lacera la pelle scoperta delle braccia di sua figlia, è un pungolo che affonda nella carne e lei avverte finanche il liquido vermiglio scorrere impetuoso. Svuotata dalla realtà che la
circonda, i ricordi di quello che lei e Austin erano stati affiorano solerti, insieme alla consapevolezza che mai torneranno a esserlo. I palmi sudati affondano nei capelli mossi, i polsi vibrano incessanti, mentre alcune immagini sfocate sfuggono dal passato per palesarsi innanzi a sé, lievi, logoranti, asfissianti.

Era un rapporto acerbo e totalitario che si è inabissato nell'ignoto oscuro e dalla voragine sono riemersi due estranei, mentre il silenzio copre il cigolio di un cuore malandato.

Era iniziato il liceo e il figlio del noto imprenditore Sean Rogers era stato sopraffatto dalla vergogna nel mostrarsi accanto alla prole della propria governante. Austin aveva compiuto passi enormi da quando si era liberato di Trisha, iniziando dalla relazione sbocciata subito dopo con Caroline Gutierrez, colei che tra le mura della West High School tutto poteva, e la nomina a capitano della squadra di football.

La ragazza aveva gioito di ogni sua vittoria, chinava il capo e sorrideva a fior di labbra mentre la vita del vecchio amico scorreva perfetta.

Austin, come il padre di Trisha, era stato quell'addio che lei non aveva pronunciato. Lo aveva sussurrato nella solitudine della sua stanza in una notte di pioggia, era soffiato via dalle sue mani come cenere di una brace abbandonata.

Eppure, all'inizio, Trisha aveva continuato a credere in loro; il legame che li univa era stato un'amicizia speciale, di quelle che lasciano segni sulla pelle, emblema delle loro scorribande che terminavano sempre con graffi o escoriazioni.

Sfugge al ricordo della ragazza l'attimo in cui le loro iridi avevano smesso d'incastrarsi, il giorno in cui la sua solitudine era stata privata di qualsiasi conforto e quello in cui il silenzio era diventato la costante dei fugaci incontri
tra i due.

Lo aveva intravisto tra i corridoi della scuola, sfilava al suo fianco senza mai accarezzarla con lo sguardo, le orecchie pulsavano al ronzio di parole che poteva solo immaginare e mai avrebbe udito ancora.

Una pugnalata aveva trafitto il corpo, che ancora vibrava, quando erano giunte quelle voci che riportavano tutte le offese che fuoriuscivano dalle labbra di Austin.

Trisha avrebbe voluto avvolgerlo nell'oscurità ma non le era concesso, costretta a vivere in casa sua perché la madre lavorava come governante al servizio dei Rogers, alunna della stessa scuola privata frequenta da Austin, come titolare di una borsa di studio costata fatica e a cui lei mai avrebbe rinunciato, sebbene significasse vivere ogni giorno con la sensazione di essere una voce fuori dal coro.

Aveva versato lacrime colpevoli di aver sciupato il suo volto dove nessuna mano si era posata per asciugarle. Un dolore di cui Trisha aveva preso coscienza in un giorno simile a tanti altri quando l'indifferenza del suo amico si era palesata persino tra le mura domestiche.

Era scomparsa dalla sua vita in punta di piedi, senza far rumore. In fondo, la sua intera esistenza, finora, era stata contraddistinta da quel senza far rumore.

Verosimilmente, Austin non aveva, neppure, notato la sua assenza, oppure l'aveva aspettata con trepidante attesa.
La ragazza non chiedeva spiegazioni, né elemosinava attenzioni sebbene la ferita bruciasse ancora, grondante di sangue e mortificazione.

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