Il ticchettio del suo orologio ormai era morto.
Non si sentiva così in colpa da quando in un moto di rabbia a sei anni aveva graffiato con una forchetta il braccio di sua sorella.
Era stato lui ad uccidere il braccialetto che segnava l’orario: cadde dalle scale del secondo piano della scuola, durante la ricreazione. Cadde, e i pezzi di vetro, anche se pochi e microscopici, si sparpagliarono ovunque. Forse era per questo che si ritrovò la maglietta con una decina di buchi a forma di formica. La gente attorno a lui non fece nulla; semplicemente badava di non guardare la scena. L’unica e speciale persona che si preoccupò di aiutare Alessandro fu Margherita (ovviamente). Lo alzò e andò a prendere una scopa per ripulire il pavimento. In teoria avrebbe dovuto essere compito del colpevole, ma lui era intento a curarsi le ferite alla testa e alla schiena, in compagnia della bidella.
“Ora siamo a due orologi non funzionanti in questa scuola” pensò, mentre la sua guancia graffiata bruciava come un incendio forestale.
<<Dovrai dire quello che è successo alla professore di turno della tua classe>> la collaboratrice scolastica (così voleva essere chiamata) cercava, con scarso successo, di trattenere le risate. Anche Margherita stava ridendo, e Alessandro fece una smorfia al pensiero della scena che sarebbe accaduta tra qualche minuto, e alla conseguente preda che ne faranno i suoi compagni ilari. Ma, dopo quello che era successo all’inizio della ricreazione, lui stesso credeva nel cambiamento di qualcosa nel rapporto con la classe. Infatti, quando era uscito dal bagno del secondo piano (una manciata di secondi prima della sua caduta dalle scale) un ragazzo, un suo compagno, gli diede una stretta di mano amichevole, insieme a un “grande bro” enfatizzato a dovere.
Cosa fosse accaduto dopo che Chiara (la sua cotta) aveva dato fuoco alla sua povera poesia d’amore, non lo sapeva nemmeno lui. Anzi, anzi. Se lo ricordava benissimo, siccome fu il momento più sconvolgente della sua vita.
Il fumo si era diffuso per tutta l’aula, annebbiando e oscurando l’aria. Alessandro aveva cominciato a piangere, consapevole del fatto che era stato rifiutato. E invece no, perché, con gli occhi chiusi, sentì una mano che lo prese per la felpa e che diresse la sua faccia verso qualcosa. Percepì delle labbra contro le sue, e l’altra mano, quella che non era attaccata alla felpa, gli accarezzò le lacrime che intanto scorrevano; ma questa volta erano di gioia e non di amarezza, poiché sapeva che in quella persona trovava il suo posto la causa del fumo che stava
respirando. Nel frattempo tutti erano andati nel panico, tranne alcuni la quale avevano aperto le finestre per pulire l’aria.
Quando si staccarono, la situazione era abbastanza confusa: qualcuno applaudiva, altri tossivano, altri ancora domandavano cosa fosse successo, e poi c’era Carlotta, seduta sulla sedia del suo banco nell’angolo in fondo all’aula, che si era messa a piangere per chissà quale motivo. Come se non bastasse arrivarono i bidelli e i professori, e uno di
loro urlò contro Chiara, dopodichè si fece seguire da lei verso l’ufficio del preside. Alessandro in seguito andò in bagno per sciacquarsi la faccia e schiarire le idee. E poi tutto si rincongiunge al momento del “grande bro”, alla caduta delle scale e alla rottura del suo orologio.
<Tutto bene?> chiese Margherita, mentre rimetteva a posto la scopa.
<So che ora sei fidanzato, ma questo non ti dà il diritto di fare azioni inquietanti e strane, tipo chiudere gli occhi e sembrare svenuto.>
<Non sono fidanzato.>
Dicono tutti così. Poi si tengono per mano e vanno a passeggio per le
campagne sperdute in cerca di un posto appartato in cui poter creare tanti
bambini.
<Non farmi pensare a cose strane.>
<Ma è vero. Probabilmente la metterai incinta tra nemmeno un mese.>
Alessandro sorrise, e Margherita esclamò: <Sei un pervertito>
<Ѐ colpa tua se lo sono diventato.> non fece neanche in tempo a pronunciarlo che scoppiò a ridere. Risero entrambi, fino al momento in cui la campanella suonò la fine della ricreazione.
Tutti gli alunni entrarono nelle proprie classi, tutti tranne loro due, soprattutto lui, il quale continuava a procrastinare il più possibile. Era più preoccupato della reazione dei suoi compagni che le altre cose, come i graffi, o l’orologio, oppure la sua nuova fidanzata (o quasi).
Incredibilmente, Alessandro si imbarazzava anche per situazioni del genere. Possibile che una persona pavida, gentile e calma come lui,
debba stare attenta alla minima azione pur di non essere soggetta alle risate altrui?
No, affatto. Non è concepibile una cosa simile, per niente.
Se lo chiedeva sempre, e sempre si dava questa risposta. Ma ancora non era riuscito a cambiare, e per questo si odiava davvero tanto.
Senza rendersene conto si ritrovò nella sua classe, ad ascoltare una
normalissima spiegazione di storia dell’arte.
Una paranoia inutile, come sempre.
Alessandro per tutte le lezioni fissò Chiara, e a volte lei ricambiava lo sguardo, sorrideva e gli faceva il segno della pace. Altro che sesso, questo non era altro che l'apice del piacere, vedere sorridere una ragazza.
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Orologi e caramelle
General FictionNon vorrei spoilerati niente ok Buona lettura, spero tanto che ti piaccia