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Sto studiando in camera mia. I capelli legati in uno chignon, gli occhiali tondi, una maglia bianca che mi arriva a metà pancia e dei pantaloncini. Con mia grande sfortuna devo anche tenere a bada mio fratello.
Sento suonare al campanello.
"Arrivo!" Grido dalla mia stanza mentre tengo in braccio Greg. Sono da sola a casa con mio fratello dato che i miei genitori sono al lavoro.
Tenendo in braccio Greg, che si dimena, apro la porta.
"Joel..." Dico sorridendo.
"Ehy Carmen." Dice lui portando una mano sui capelli imbarazzato, molto probabilmente per la situazione in cui mi ha trovata.
"Emh... Vuoi entrare?" Dico spostandomi leggermente per lasciarlo entrare.
Lui sorride ma scuote la testa gentilmente. "Volevo solo passare a farti un saluto." Dice alzando le spalle.
Il fatto che abbia pensato a me mentre era in giro a farsi i fatti suoi mi fa piacere.
"È tuo fratello?" Dice riferito al bambino che ho in braccio.
"Si. È una vera peste." Dico mettendolo a terra e facendolo andare da Joel, che si mette a giocare con lui.
"Quanto ha?" Lo prende in braccio. "No, la mia bandana no!" Dice riparandosi la bandana che porta nei capelli per non farli cadere davanti agli occhi.
"Greg!" Dico riprendendo dolcemente il mio fratellino, che ride.
"Non fa nulla, stai tranquilla. Comunque adesso devo andare." Dice sorridendo per la centesima volta da quando è venuto qui.
Annuisco e mi passa Greg, che lascio andare per casa, tenendolo comunque sott'occhio.
"Ci vediamo domani a scuola, allora." Dico io passandomi una mano tra i capelli.
"A domani." Dice voltandosi. Faccio per chiudere la porta quando mi ritrovo di nuovo il suo viso davanti. "Il tuo fratellino è la tua copia. Quindi la copia di una cosa bellissima." Detto questo se ne va, senza voltarsi.
Rimango a bocca aperta per le sue parole e chiudo la porta ancora stupita.

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"Quindi fammi capire." Dico io giocando con la cannuccia del mio frappè, mentre guardo il biondo davanti a me. "Ti piace?"
"Carmen, è l'ottava volta che me lo chiedi ed è l'ottava volta che io ti rispondo si." Dice lui spazientito, prendendo un sorso dal frappè che ha ordinato lui. "E so anche di piacerle."
La bevanda che sto bevendo per poco non mi va di traverso. "E allora perché non lo dici anche a lei?!" Quasi urlò guardandolo.
"Perché ho paura!" Dice a sua volta. "Ho paura che lei sia stanchi di me o che ne trovi uno migliore." Lascia andare un sospiro.
"Richard." Gli appoggio una mano sulla spalla. "Maria non sia stancherebbe mai di te. Nessuno lo farebbe mai. Sai essere divertente, ma anche serio quando serve. Tu sei un grande amico, anzi, il mio migliore amico. Ti conosco dall'asilo e non mi hai mai stancata." I suoi occhi guardano i miei.
"Non voglio un'altra Kate." I ricordi di quando la sua, oramai ex, ragazza riaffiorano. Richard aveva trovato lei e un ragazzo a baciarsi in bagno. Stette malissimo, non usciva di casa, andava in giro come uno zombie, non mangiava, non faceva nulla.
"Non puoi lasciarti rovinare la vita da una sola esperienza. Tutti soffrono." Mi giro intorno e vedo la barista sorridere ad una ragazza. "La vedi la barista? Ha un bel sorriso, non trovi?"
"Si, ma dove vuoi arrivare?" Mi domanda incuriosito.
"Se le guardi gli occhi noti che sono tristi, spenti. Tutti si soffermano sul sorriso splendente, ma nessuno nota come davvero stia." Mi volto di nuovo verso di lui. "Tutti i sorrisi migliori nascondono le sofferenze più grandi, ma questo non significa che dobbiamo smettere di amare o sognare. Datevi una chance, potrebbe funzionare."
"E se-"
Questa volta sbuffo. "Richard, basta. Lei ti ama e oramai ne ho piene le palle di sentir parlare di te da lei." Dico ridendo e coinvolgendo anche lui.
"La tua delicatezza mi commuove."
"Allora, ti ho convinto? Vi darai una chance?" Gli chiedo tornando seria.
Mi guarda qualche attimo negli occhi prima di annuire, anche se con un po' di riluttanza.
Guardo fuori e mi accorgo che delle nubi promettono pioggia.
Le temperature sono calate e adesso uscire di sera diventa per noi del gruppo è sempre meno frequente.
"Cosa pensi di Joel?" Sento la sua voce, quasi ovattata.
"Che cosa, scusa?" Rigiro lo sguardo verso di lui mentre sbatto un po' gli occhi come per riprendermi da quella specie di trance.
"Che cosa pensi di Joel?" Ripete lui tranquillamente, come se non fossi mai stata distratta.
"Simpatico." Dico prendendo un sorso della mia bevanda.
"E poi?" Mi chiede come se si aspettasse di sentire una chissà quale rivelazione.
"È carino." Dico nuovamente, giusto per accontentarlo.
"Va bene." Si mette anche lui a guardare il cielo.
Prendo il telefono, che vibra per un nuovo messaggio.
"Oh cavolo! Ma sono già le cinque e mezza!" Dico io spalancando gli occhi per lo stupore. "Dovrei essere a basket tra meno di mezz'ora!"
"Ti posso accompagnare io. Sono in macchina, tanto."
"Lo faresti?" Chiedo io.
"Certo. Passiamo a prendere la tua borsa e poi ti porto in palestra."
"Mi salveresti, davvero." Dico facendo un viso sollevato.
"Come faresti senza di me?" Apre la porta.
"Semplicemente mi troverei un altro migliore amico." Dico io facendo una faccia innocente.

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"Sofia! Sofia, passa qui!" Urlo muovendo un po' le braccia in modo che la mia compagna mi passi la palla, che mi viene subito lanciata.
"Forza McCurty!" Mi invita il coach mentre faccio palleggiare la palla a terra, ma la sua voce mi arriva ovattata.
In questo preciso momento siamo solo io e la palla. Siamo una cosa sola.
La palla rimbalza un altro paio di volte prima che io, con uno slancio, la faccia andare dritta nel canestro.
"Grande Carmensita!" Dice Sofia battendomi un cinque.
Nella squadra io, lei ed un'altra ragazza siamo le uniche che fanno davvero qualcosa, le altre invece non fanno quasi nulla.
Il coach viene verso di noi. È un ragazzo giovane, avrà circa due anni più di noi. Ha i capelli corti, biondi e con un ciuffo che gli finisce sempre davanti agli occhi. Le labbra piene e gli occhi castani. 
"Ottimo. Devi solo saltare più in alto, per il resto era tutto a posto." Dice soddisfatto.
"Grazie coach." Gli rispondo guardandolo. "Ma il merito deve andare anche alle altre." Riprendo poi mettendo un braccio sulla spalla di Sofia.
Lo sento ridere. "Allora complimenti anche a loro." Dice guardando le ragazze che stanno ridacchiando. "Riprendiamo a giocare." Il suo sguardo si ferma di nuovo su due delle sue giocatrici migliori e noi annuiamo, tornando a correre su quel campo con la palla.

Por una portada •Joel Pimentel•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora