Capitolo 22

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A sentire le sue parole mi accorsi che c'era qualcosa che non andava. - Se sapevi che ero qui perché non l'hai detto agli altri? - non capivo. Perché tenere tutto nascosto? Girò la testa verso di me.

- Perché dovevi essere tu a dirglielo, faccia a faccia. - Sguardo di rimprovero. Mi abbracciai la braccia cercando di scaldarmi. La sera era scesa e con lei un leggero venticello. E io avevo dimenticato di prendermi una giacchetta e indosso avevo solo il completo da lavoro.

- L'ho già fatto. Più di una volta. Ma non ha mai funzionato. Lui non vuole capire che questo è il sogno di una vita. Pensa solo al bene della sua azienda. Io non ho intenzione di tornare a casa e fare ciò che lui si aspetta che io faccia. Non lo farò mai. Piuttosto finisco a dormire sotto un ponte che essere segregata in quel ufficio a fare un lavoro che odio. - Sfogai tutta la rabbia repressa fino a quel momento.

- Quindi ti prego, Jason. Se mai mi hai voluto bene in tutta la tua vita, lascia che io segua il mio cuore. Tu hai lasciato andare il tuo, non permettere che succeda anche a me. Non dire nulla al avvocato Knight ne agli altri. - Lo pregai sentendo le lacrime scorrere lungo la guancia.

Rivederlo mi aveva fatto ricordare la notte in cui avevo messo la dinamite sul ponte che mi legava alla mia famiglia, e l'avevo accesa facendo crollare ogni rapporto con loro, e sopratutto con lui. E lo sapeva. Sapeva come mi sentivo. Sapeva che quando mi mettevo in testa qualcosa non mollavo mai l'obiettivo.

La testardaggine era uno dei pochi difetti che consideravo come pregio. - È davvero ciò che vuoi? - chiese guardandomi con occhi dolci. Quei occhi che adoravo guardare per sentirmi rassicurare sul futuro. Annuì convinta.

- Va bene. Non dirò nulla a mamma e papà. Ma non ti aspettare che ti copra nel caso in cui Devon scopra chi sei. Ti rendi conto che ciò che stai facendo, fingerti un altra persona, è illegale? - Chiese apprensivo lasciando il tono di rimprovero.

Sorrisi grata di sapere che mi appoggiava. - Lo so Jaz, mi sono laureata ad Harvard con il massimo dei voti, ricordi? - Ero felice di rivederlo. Nonostante gli ultimi giorni della settimana passati a nascondermi purché non mi vedesse, ora ero felice di vederlo.

- Vieni qui - con un sorriso giocoso mi trascinò tra le sue braccia stringendomi forte a se. Mi era mancato così tanto che persino il suo dopobarba disgustoso dall'odore di muschio mi sembrava più buono.

Mi crogiolai nelle sue braccia spingendo il capo nel suo ampio petto bagnando la sua maglia con le lacrime. Jason mi baciò la fronte come faceva quando eravamo piccoli, mise la mascella sulla mia testa e sospirò.

- La mia piccola sorellina ormai è cresciuta. - Lo sentì sorridere divertito. Un paio di minuti dopo, ancora abbracciati dissi - dovremmo rientrare. Altrimenti il signor Knight equivocherà la situazione. - Sussurrai preoccupata.

Jason annuì staccandosi lentamente. Mi guardò e sorrise prima di infilare la mano tra i miei capelli e scombinarmeli tutti. Odiavo quando faceva così. - Fermo, così mi verranno i nodi - risi giocosamente.

- Non credo sia un problema al momento - lo guardai senza capire. Con il mento mi indicò la vetrina principale da cui si vedeva il signor Knight parlare tranquillamente con una donna. Blair. Che ci faceva lei qui?

- Al momento è più occupato a fare altro che a badare alla nostra assenza. - Storsi il naso. - Ci vai d'accordo? - Chiese notando il mio sguardo. Lo guardai confusa. A chi dei due si riferiva più precisamente?

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