Lo specchio riflette la mia immagine; è un po' come guardare in faccia la disperazione. L'unica cosa fuori posto, effettivamente, è il mio sguardo affranto. Il resto, ho cercato di farlo sembrare ' impeccabile ' come direbbe mia madre. I jeans chiari sono troppo stretti, il maglione rosso stona leggermente con la mia capigliatura e i due bracciali d'argento che mi ha costretto ad indossare, perché secondo lei portano fortuna, si impigliano nella lana, facendomi sentire ancora più stupida di quel che già sono.
Ho la nausea da ieri sera, tanto da non aver toccato minimamente cibo. In caso contrario avrei rovesciato tutto dopo neanche mezz'ora.
È un giorno che avevo sperato non arrivasse mai.
Quando al termine del mio quarto anno di liceo, mio padre ha deciso di rimandarmi in Texas, il mondo mi è crollato addosso. Tutte quelle difese che avevo sollevato attorno , si sono improvvisamente indebolite. Cosa ne sarebbe stato di me? È facile tornare alla vecchia vita, una volta che ci si è abituati alla nuova?
L'unica risposta che sono stata in grado di darmi è NO. Un no secco, senza vie d'uscita.
Credo di aver odiato profondamente mio padre e la sua scelta. Dice che sono ormai matura per affrontare nuovamente la situazione, che devo lasciarmi il passato alle spalle, gettare i ricordi nel dimenticatoio ed andare avanti.
Me l'ha ripetuto fino al momento di salire su quel maledetto aereo. Ed io ho cercato di ripetere dentro di me, quelle parole come se potessero in qualche modo infondermi coraggio. Come se potessi davvero farlo, come se ne fossi in grado. Ma il problema è proprio questo; io non ce la faccio. Non penso di farcela mai.
Tutto quello che è successo è sempre con me, come un'ombra che non vuole abbandonarmi. È tornata ancora più prepotente nel momento in cui ho rimesso piede in questo paesino di provincia. Dove tutto è iniziato e tutto è finito.
Le mie preghiere di terminare l'anno scolastico a New York sono state inutili. I miei genitori vogliono che la loro unica figlia si riprenda, che esca da quel tunnel buio in cui si era ficcata quattro anni prima. Desiderano la mia rinascita più di quanto io stessa la desideri. In realtà stavo benissimo a New York, nel nostro piccolo appartamento a Brooklyn.
Ma evidentemente la mia vita deve essere qui.
« Evelyn, vuoi scendere? Per l'amor del cielo! » L'urlo di mia madre si diffonde per il corridoio del piano di sopra. Tiro un lungo sospiro per poi afferrare la mia borsa a tracolla. Lancio un ultimo sguardo alla mia figura nello specchio. Questa mi restituisce l'occhiata ed un groppo mi si forma alla gola.
Okay, non sono minimamente pronta. Devo armarmi di coraggio, di autostima e varcare i cancelli della mia vecchia scuola. Magari non si ricorderanno neanche di me, e sarà ancora più facile del previsto. Dopotutto, sono passati quattro lunghi anni. Io sono cambiata, e spero vivamente che lo siano anche loro.
Muovo incerta qualche passo verso la porta della mia stanza. Mia madre urla una seconda volta e soltanto allora mi decido a risponderle, alzando la voce a mia volta.
« Arrivo mamma, dammi un attimo! » Sento che borbotta tra sé e sé, ma la ignoro palesemente. Per quanto possa desiderare il mio bene, non sa quanto in realtà mi sta portando dritta tra le braccia della disperazione, del fallimento. Perché tutto questo esperimento sarà un totale fallimento.
Cammino a passo spedito, col sole che brucia come se fossimo in piena estate. Effettivamente, la scelta di questo maglione è stata più che sbagliata, ed è già un punto a mio sfavore. Ecco che partiamo male.
La scuola non dista molto da casa nostra, per cui in cinque minuti sono arrivata. Qualcuno è già davanti ai cancelli; chiacchiera, fuma, si trucca o addirittura, come nel caso di Alexa, che riconosco per via dei capelli biondi ossigenati, amoreggia follemente con quello che riconosco per Ace, i cui capelli neri sono sparati in diverse direzioni.
Mi ricordo di tutti loro, dei loro volti, delle loro voci. Non ho dimenticato nulla, nonostante le innumerevoli sedute con Bianca, la mia analista a Brooklyn.
Mi nascondo dietro il muretto, cercando di far rallentare il battito cardiaco. Devo restare calma, contare fino a dieci e camminare a testa alta.
È questo il trucco; non posso mandare a monte tutti i soldi che i miei genitori hanno speso per guarirmi.
Sistemo come posso i miei capelli sulle spalle, tiro un lungo sospiro e poi svolto l'angolo. Riesco a muovere solo qualche passo prima che si accorgano di me. I primi visi si voltano a guardarmi, confusi, sorpresi, meravigliati. Non so come interpretare le loro emozioni, non mi concedo neanche di farlo. Vado dritta, stringo la cinghia della mia borsa.
Sono riuscita a superare il cortile senza che sia successo nulla. Ma cosa dovrebbe mai succedere? Non è più come un tempo. È una frase che mi ripetono tutti.
Mi guardo attorno, ed effettivamente, nessuno è intenzionato a dirmi nulla. Stanno ancora cercando di capire se sia davvero io o meno. E sopratutto perché, tutto ad un tratto Evelyn Myers sia tornata in Texas dopo quattro anni di assenza.
Incrocio lo sguardo di Amy, colei che un tempo era la mia migliore amica. Non sembra più la stessa di un tempo; i capelli che ricordavo crespi e disordinati adesso sono dei riccioli biondi assai graziosi. Le unghia mangiucchiate ora sono smaltate e curate alla perfezione. Il suo modo di vestire non è più sciatto, anzi, a dire dalla giacchetta bianca che indossa direi che si è del tutto convertita alla moda. Gli occhi sono li stessi, soltanto cerchiati da una linea sottile di eyeliner nero. Le labbra a cuoricino si piegano in un sorriso timido, quasi poco accennato. Forse non sa che reazione potrei avere. In realtà è l'unica che speravo di poter riavere al mio fianco.
È seduta su un muretto, le gambe fasciate in jeans scuri che penzolano a pochi passi da terra. È sempre stata molto bassa, da quel che ricordo. E anche questo sembra non essere cambiato. Resto a guardarla per qualche altra frazione di secondo, poi salgo gli scalini del portone. Immagino le tante domande che le staranno frullando in testa, come a tutti gli altri miei ex compagni.
Il corridoio è sempre uguale; bianco, con gli stessi armadietti grigi. Soltanto alle pareti sembrano cambiate le cose. Causa il passare del tempo, la crescita degli studenti e i progressi che maturano negli anni. Se quattro anni fa, la squadra di basket era il centro dell'attenzione del liceo grazie alle sue innumerevoli vittorie , adesso enormi gigantografie della squadra di rugby occupavano le pareti intere.
Tutti volti che conosco; Tyler, Logan, Ace, Cade e ... deglutisco a fatica. Soltanto pensare al suo nome mi fa stare male, figurarsi guardarlo in gigantografia. I suoi soliti capelli castani cadono sulla fronte, coprendogli a malapena gli occhi color nocciola, intensi e profondi come un oceano. Nella foto ha un sorriso accennato e le braccia incrociate al petto, ad evidenziare i muscoli e la pelle bianca, priva di tatuaggi. Sembra voglia dirmi questo è il mio territorio. E lo sarà sempre.
E come dargli torto, non è lui quello che è andato via da questo posto per quattro anni. Non è lui quello a sentirsi un perfetto estraneo in questo momento.
Smetto di guardare il suo volto ormai cresciuto e mi dirigo verso il mio nuovo armadietto. Non è più quello di un tempo per fortuna. Riaverlo sarebbe come tornare indietro nel tempo. È già tutto particolarmente ridicolo, sarà meglio non pensare ai dettagli.
Lascio cadere la mia roba nell'armadietto, liberando cosi la borsa. Rimango soltanto il libro di chimica, la mia prima lezione, delle salviette profumate e una bottiglietta d'acqua. Il necessario per sopravvivere a questo inferno.
Sbatto l'anta dell'armadietto senza farlo apposta, e quasi sobbalzo alla vista di Amy a pochi metri da me che solleva un cartoncino bianco con su scritto a lettere cubitali ' Bentornata a casa, Evelyn! '
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Fall Out
RomanceEvelyn è tornata in Texas dopo aver trascorso quattro anni a New York. Ricominciare da capo non sempre è facile come sembra. Spesso la buona volontà, la voglia di farcela, non bastano. Lo sa benissimo lei, la cui voglia di tornare alla vecchia vita...