Capitolo II

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La prima cosa che percepì di nuovo, annichilito dal torpore, mentre risaliva la strada per la piena coscienza di sé, fu il mal di testa.

Era come se un rapace delle Montagne Nere gli stesse beccando il cranio con forza, cavando via ciò che c'era dentro e mangiandoselo pure.

Poi, si accorse della sua posizione.

Era seduto. Qualcosa di molto freddo premeva insistentemente contro i suoi polsi, bloccandoli in una morsa contro i braccioli della sedia.

Sfregò istintivamente la pelle contro il legno, percependo un paio di schegge entrare e rabbrividendo.

Riuscì a mettere a fuoco, aprendo finalmente le palpebre, ma se ne pentì subito: un fascio di luce puntava proprio sulla sua faccia, oscurando e bruciando il resto del mondo intorno.

Lacrime punsero i suoi occhi color miele; tentò di scacciarle via, per capire la situazione in cui si trovava.

Era in una stanza quadrata, molto piccola. Le pareti sembravano della stessa pietra nera delle Prigioni.

Lo avrebbero interrogato?

Sbuffò.

Quella luce puntata dritta sulle retine, distruggeva definitivamente la poca pazienza di cui era a disposizione dalla nascita.

Non decifrava altro di ciò che lo circondava, a stento teneva gli occhi aperti.

Sentiva continuamente l'impulso di sfregarli ma non poteva fare neanche quello. Piegò la testa, quasi a toccare il petto col mento e in quella posizione la luce parve dargli un po' di tregua.

Studiò i polsi: due spesse fasce di metallo.

Ecco... quelle avrebbero potuto essere un problema.

La sua attenzione cadde poi sul suo braccio destro, che ancora percepiva bollente e poco responsivo.

Invece che trovarlo in pessime condizioni, però, esso era stato avvolto in una garza e medicato.

"Che gentili..."

Si sforzò, invano, di decifrare quella che sembrava una piccola sigla rossa, dalle lettere arzigogolate, cucita sulle garze ma, prima che potesse tentare, un pezzo del muro alla sua sinistra si mosse.

Un suono molto poco maschile scappò dalle sue labbra e temette sul serio di essere impazzito.

Ma non era il muro.

Era qualcuno, rimasto nascosto ai limiti del suo campo visivo.

«Ben svegliata, principessa» esordì una voce roca e profonda, che gli sembrò rimbombare più volte sulle pareti della stanza, fino a penetrare nella pietra e nel suo cranio.

La figura si spostò con estrema lentezza e il suo movimento fu accompagnato da un fruscio.

Un mantello.

Le normali guardie non portano mantello.

Come un rettile, lo sentì strusciare fino a sparire dietro la potente luce.

Un brivido percorse la spina dorsale di Joef, che si sistemò meglio sulla sedia, drizzò la schiena.

Inumidì le labbra, prima di rispondere, saccente: «Principessa? Non sono io dei due ad avere un mantello.»

Una risata di qualche istante; Joef strinse i denti con la lingua in mezzo, sapore di sangue.

«Vedo che siamo parecchio perspicaci. Che ne dici di farla finita presto e darmi qualche informazione?»

Il Sangue di Meith - Stars are Falling [in pausa] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora