(special) Capitolo 7

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...Pelle troppo pallida, occhi rosso sangue, capelli di uno strano color platino quasi bianchi.
Ogni giorno mi guardavo allo specchio e desideravo con tutta me stessa di poter essere normale, ma non era possibile, oltre l'aspetto c'erano molte cose che non riuscivo a fare, ad esempio uscire d'estate con il sole senza ustionarmi o semplicemente comprare delle lenti a contatto per vedere meglio. Odiavo me stessa, c'erano certi giorni che avrei voluto sparire dal mondo, avevo rovinato l'esistenza ai miei genitori, la mia vita era da casa all'ospedale per via degli innumerevoli controlli medici.
Anche se non era colpa mia mi pentivo della mia nascita, i miei genitori cercarono sempre di tranquillizzarmi, ma dopo la loro separazione quelle belle bugie non funzionarono più.
Rimasi con mia madre, lei aveva paura delle svariate spese mediche, ma mio padre che aveva un lavoro proficuo pagava ogni mia spesa.
I dottori un bel giorno mi consigliarono di trasferirmi in un città meno frenetica per vivere con più tranquillità, così mia madre decise di portarmi in una modesta cittadina in cui aveva vissuto la sua adolescenza, distava solo quaranta minuti da dove vivevo prima.
Decisi che non avrei sprecato quell'occasione d'oro, sarei andata in un posto dove nessuno mi conosceva, avrei potuto iniziare da capo.
Ricordo ancora quando alle elementari, alle medie e anche per i quattro anni di superiore come tutti mi evitassero quasi come se avessi avuto una specie di malattia contagiosa, ero un'emarginata, in tutta la mia vita non avevo mai avuto dei veri amici, mi rifugiavo nel telefono, ma dopo capii che non era una soluzione; in un giorno di pura rabbia e frustrazione cancellai tutto e tirai il mio telefono contro il muro e lo ruppi, mio padre ne voleva comprare subito un altro, ma io rifiutai senza dare spiegazione.

Era arrivato il primo giorno di scuola, in realtà la scuola era già iniziata da una settimana, e il sole era ancora molto forte, ma per mia fortuna arrivò la pioggia. Io amavo la pioggia o quando era nuvoloso, perché potevo uscire tranquillamente senza mettermi quintali di protettore solare.

Il pullman mi venne a prendere, ero agitata, il mio cuore batteva forte, avevo paura di andare a scuola e incontrare delle nuove persone, già immaginavo gli sguardi delle persone disgustate dal mio strano aspetto e nelle mie orecchie sentivo già le voci di chi mi criticava.
Cercai di tranquillizzarmi guardando le gocce di pioggia che scendevano dal finestrino, mentre guardavo fuori notai un ombrello nero, e il pullman stava frenando lentamente.
Salì una ragazza dai capelli castani mossi, ad un certo punto alzò la testa per guardare nella mia direzione; aveva degli occhi bellissimi di color ghiaccio e le labbra sottili. Ad un certo punto la ragazza si fermò davanti a me, nel suo volto c'era uno sguardo curioso e imbarazzato, era differente agli sguardi precedenti che avevo ricevuto, gli occhi della ragazza non avevano malizia o cattive intenzioni.
Mi incuriosì, allora decisi di iniziare una conversazione.

-Mi dici cosa stai guardando?-

Il miglior modo che conoscevo di parlare era quello diretto, forse era stata la mossa sbagliata dato che la ragazza iniziò a balbettare, quasi come se avesse fatto qualcosa di sbagliato.

-Ecco... Il fatto è che il tuo aspetto è strano-

Anche lei pensava che fossi anormale, ma forse ero saltata a conclusioni troppo affrettate dato che la ragazza cercò di parlare di nuovo.

-Cioè, non sei strana... Ecco... Cioè sei carina, ma sembri strana... No aspetta... Io...-

Per un secondo il mio cuore si fermò, io carina? Nessuno mi aveva mai fatto un complimento del genere, ero talmente nervosa che mi scappò una risata.

-Ahahahahaha... Dio... E io sarei la strana? Ma ti sei vista? Ahahahaha-

Anche lei rise un po imbarazzata, il suo viso era diventato rosso, ma vidi in lei la curiosità che la stava divorando.

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