Capitolo 34 - Siamo già a Primavera

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Dorian

Mi sveglio di soprassalto e mi ricordo che anche questa notte ho dormito accanto a Dorothy, nel suo  letto. Mi si è addormentata addosso: sento i suoi capelli che mi solleticano la pelle. Sarà un'impresa sgusciare via da qui senza svegliarla.

Le prendo il braccio che è sopra il mio petto e lo faccio scivolare accanto a me.
Non mi sembra essersi mossa, per ora. Si è addormentata con la testa appoggiata al mio petto e credo che quando cercherò di farla scivolare sul cuscino se ne renderà conto. Sicuramente il cuscino è più comodo, ma non più caldo.
Cerco di farlo nel modo più lento possibile affinché Dorothy non si svegli. Non voglio dirle che dobbiamo andare via oggi. So benissimo quali potrebbero essere le conseguenze se si svegliasse sola in questa casa, potrebbe fare mille cose, potrebbe addirittura provare scappare, buttando all'aria tutti i piani che abbiamo progettato insieme, ma spero che abbia capito e che non lo faccia.
Lo spero. Se lo facesse potrei solo che inseguirla.

Riesco a farle appoggiare la testa sul cuscino senza svegliarla.
Butto le gambe fuori dal letto e sento subito una fitta di freddo. E'appena primavera, dopotutto. Il tempo stringe: siamo già a primavera.
Da terra prendo la maglia che mi sono tolto ieri sera e mi alzo dal letto. Me la metto e faccio per uscire quando sento il rumore del materasso del suo letto.
Si è svegliata.

«Dove stai andando?»

Sento la sua voce farmi questa domanda. Io non mi giro, non mi devo girare, se mi girassi poi non me ne andrei più, lo so, mi conosco ormai.

Butto la testa verso il basso, senza girarmi. «Devo andare.»

Non posso dirle dove stiamo andando. No, non posso proprio. Non deve saperlo, per il suo bene, ovvio. Se le dicessi che stiamo andando a prendere Margareth so già che non reagirà bene, la conosco. Si sentirà come importunata, come se qualcuno avesse invaso il suo spazio vitale, perché, poi, in fine dei conti, sarà così.

La sento quasi scuotere violentemente la testa e poi il fruscio di lenzuola che vengono brutalmente scostate dal suo corpo, come se volesse saltare giù dal letto. Spero solo che non le venga la malsana idea di inseguirmi giù dalle scale, perché non saprei proprio che fare.

«Dove dovresti andare che non sono neanche le sei di mattina?»

Faccio un bel respiro e, dentro di me, cerco tutto l'autocontrollo di cui dispongo.
Non le vorrei davvero rispondere in questo modo perché non è giusto, non è giusto per lei quanto non lo è per me. Tutte le volte che mi sembra che si faccia un passo avanti, devo fare qualcosa che la fa allontanare da me, come oggi, ma anche come quando sono stato via per una settimana. Sembra assurdo ma è così.
Non vorrei andarmene ma penso che se non aiutassi Peeter e Seb a portare qua Margareth e Alex loro non ci aiuteranno a scappare.
E' per te che lo faccio, è per noi.

«Ciao Dorothy, ci vediamo stasera.» Rispondo uscendo dalla sua stanza e pregando non so' quale entità superiore affinché faccia sì che non si precipiti giù per le scale.

Scendo le scale più velocemente che posso. Non voglio girarmi indietro. Arrivo davanti alla porta quando sento un rumore che mi fa capire che sta facendo la stessa cosa che ho fatto pochi secondi fa.
E' infondo alle scale proprio adesso.

«Pensi di andare via come hai fatto l'ultima volta? Senza salutarmi e senza dirmi il motivo per cui lo fai? Perché ti comporti in questo modo, Dorian?» Sento dirmi da dietro alle spalle.

E la sua voce con questa inclinazione drammatica è come una coltellata alla schiena, come un tradimento, posso quasi sentire il suo cuore che dentro la sua cassa toracica si spezza a causa del mio comportamento.

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