Quando ti parlano dell'amore quando sei bambino, te lo descrivono sempre come qualcosa di bello e meraviglioso. Cresci con l'idea del principe azzurro, della principessa perfetta, delle storie d'amore banali, ma che durano per sempre.
Poi crescendo ti rendi conto che l'amore, quello narrato nelle fiabe, non esiste. Che tutto ciò in cui hai sperato da bambino, non lo avrai mai.
Anche io sognavo il mio principe. Ma no, il mio non era azzurro. Il mio principe aveva i tratti esotici e la pelle scura, una adorabile scimmietta sulla spalle, e gli occhi come il carbone. Aladdin aveva rubato il mio cuore dalla prima volta che lo avevo visto o forse semplicemente perché assomigliava così tanto all'uomo che ha tormentato la mia esistenza per tutto questo tempo.
Mario è sempre stato il mio principe indiano e io sono sempre stato felice di incarnarmi della sua Jasmine. Ma poi le favole sono finite e siamo stati catapultati in una realtà scomoda, troppa da grandi, con la voglia di scappare e di restare sempre bambino.
E allora che ho messo da parte i cartoni della Disney, per iniziare a guardare tutti i film drammatici al mondo. E ci rivedo sempre me e lui. In ogni storia, in ogni disastro, in uno peripezia, alla fine i due protagonisti sarebbero finiti siamo. Sempre se non parliamo di Sparks, in quel caso muore sempre qualcuno, ma almeno non terminava con loro due che invece stanno con altri.
No. Ho messo addosso chili e centimetri di altezza sapendo che prima o poi Mario si sarebbe voltato, mi avrebbe guardato e tutto si sarebbe messo al posto. Sarebbe andato tutto bene alla fine, perché altrimenti non è la fine, no?
Però Mario si è voltato davvero e io l'ho stretto tra le mie braccia, come ogni cosa che prima desideri e poi sei incredulo di averla davvero tra le mani e per questo ti sfugge e tu la perdi.
L'ho perso in un secondo, l'ho perso per quella fottuta paura di dirgli di amarlo, perché il mio cuore non può amare, non può farlo.
Non può farlo da quando mio padre è andato via. Non può perché l'amore non esiste. Io l'ho visto negli occhi di mia madre, delle sue lacrime, nelle sue notti passate sveglia a chiedersi dove avesse sbagliato. E lei non aveva sbagliato proprio in niente.
Avevo sei anni quando quel uomo che aveva gli stessi miei occhi verdi, mi ha salutato con una carezza sul caschetto biondo e poi è uscito da quella porta senza farci più ritorno. Neanche me lo ricordo il volto di mio padre, non so neanche dove abita, non so se si è rifatto una famiglia, se è felice, se pensa ancora me o mi ha lasciato semplicemente indietro.
Ho perso fiducia nell'amore, quando preparavo io stesso la cena per mia mamma, quando andavo nella sua stanza e mi sdraiavo accanto a lei, abbracciandola, dicendola che io non l'avrei mai lasciata sola, che l'avrei amata per sempre.
E così ho fatto. L'amore per me è quello che nutro per lei e quello che lei mi ha dato incondizionatamente, per tutto ciò che lei ha fatto per mantenermi, anche facendo un doppio turno di lavoro e lasciandomi da solo a casa ad aspettarla.
E' così che ho continuato a credere nell'amore eterno, ho continuato a leggerlo nei libro e a sognarlo, ma non per me. Io non volevo amare, perché amare fa soffrire e io morivo dall'idea di poter far soffrire qualcuno per mano mia.
Ma è successo. Sono caduto nel vortice di questi sentimenti, ho perso la mia vita e ho iniziato ad amarlo in silenzio, senza saperlo fare, vivendo costantemente con questa paura.
E ho finito per ferire Mario.
Mi tiro su dal letto. Il mio aspetto è orribile. Sono quattro giorni che il mio telefono squilla, ma che non rispondo perché non è mai la persona che voglio sentire.
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Vieni Con Me // Clario
FanfictionOPERA COPERTA DA COPYRIGHT, TUTTI I DIRITTI RISERVATI. "Lui. Arrogante, bello, dannato, popolare. Io. Sfigato, secchione, con la testa tra le nuvole, asociale. Lui. Musica, feste, alcol, corpi sudati sempre addosso. Io. Astemio, occhiali da vista e...