Capitolo 1

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Savannah si alzò presto quella mattina, aveva il turno delle sette al piccolo negozio vicino a casa. Spostò le tende da un lato e spalancò la finestra: una giornata ventosa, fresca e pungente come al solito, le verdi distese erbose delle Pentlands splendevano sotto ai raggi del sole che squarciavano qua e là le nuvole dense. 

Si infilò le pantofole e andò in cucina. Scaldò dell'acqua col bollitore, spanse due cucchiaini di caffè nella tazza coi gatti che le aveva regalato suo fratello Ian e ci versò dentro l'acqua fumante. Mescolò il tutto a due manciate di zucchero, cercando di non fare rumore: sua sorella Fiona dormiva nella stanza a fianco. 

Bevette il suo caffè guardando la foto di lei, Fiona e Ian, tutti insieme, due anni prima, quando avevano finalmente rimesso insieme i cocci dei loro cuori dopo la morte dei loro genitori in un incidente d'auto a Southampton. Lei e Fiona avevano deciso di trasferirsi ad Edinburgh, di prendere in affitto un piccolo appartamento ai bordi della città e di trovarsi un lavoro qualsiasi. Ian, invece, aveva preferito partire per un viaggio, «In Sud America», aveva detto, ma poi - da quel 17 maggio 2017 -  non lo avevano più sentito, né tantomeno visto. Aveva mandato qualche e-mail, dicendo che era difficile trovare un buon wi-fi, diceva che sarebbe tornato per Natale, ma poi a Natale non si era fatto vivo. Si era scusato, non aveva abbastanza soldi per permettersi il volo.
Così era passato un anno e mezzo. Savannah faceva la commessa in una bottega e Fiona lavorava come fiorista. Niente di che, ma ci si poteva pagare l'affitto e i week end al pub.
Finì il caffè, andò a lavarsi i denti e si infilò la divisa sintetica verde e nera. Indossò la giacca a vento e uscì, con la borsa sulla spalla destra e il cappuccio a coprirle i capelli rossastri.

Fiona uscì qualche ora dopo, le avevano detto di non venire in negozio prima delle undici, sarebbe stata una giornata tranquilla. Salì sul bus 44 per Portobello, le piaceva lavorare potendo guardare il mare e i bambini correre a piedi nudi sulla sabbia fredda e le buffe scene della gente che rincorreva i propri cappelli rubati dal vento.
Dal piccolo quartiere di Bonaly ci si impiegava quasi un'ora per arrivare a Portobello, ma in quella fascia oraria anche di più. Già a Slateford, i piccoli cottage graziosi, lasciavano sempre più spazio a negozi, supermercati, e tanti - tanti! - bus.
Dopo Haymarket però iniziava lo spettacolo: Princes Street, trafficata, un tripudio di persone, e dall'altra parte il castello e la città vecchia che si affacciavano imponenti sui giardini.
Fiona trovava curiosa tutta quell'agitazione delle persone, che non si guardavano attorno, non incrociavano sguardi; si chiedeva se fossero sempre così, e, se no, come facessero a tornare ad una vita frenetica dopo aver provato la lentezza. Con "lentezza" non intendeva "pigrizia", ma accorgersi delle cose intorno, respirare e sorridere. Le piaceva stare a contatto con le piante, e si sorprendeva spesso ad accarezzarne i gambi, annusarne i petali e a sorridere.
Si pettinò con le dita una ciocca di capelli biondi, guardandosi nel riflesso del vetro. Si sistemò la frangia cercando di coprire di più il sopracciglio sinistro: ci aveva tolto qualche pelo di troppo la sera prima. Soffocò una risata sguaiata, mentre ricordava la sua espressione scioccata davanti allo specchio con la pinzetta in mano.
Passata Princes Street, il traffico cominciò a farsi più scorrevole; Fiona continuava ad analizzare le persone in attesa del verde alle strisce pedonali, il bambino che tirava il nonno per un braccio, la madre sbuffante con tre borse piene di cose, la coppia di innamorati che si sorridevano e si tenevano per mano, in un mondo a parte. Non aveva mai perso la testa per qualcuno, non amava spartire i suoi pensieri con la gente. Savannah era l'unica con cui parlava, davanti ad una pinta, al sabato, nel loro pub.
Proseguì a guardare la gente, ma con la testa altrove, finché non notò un tizio, di spalle, più alto degli altri intorno a lui, con un impermeabile marrone e i capelli scuri. Ma non fu né il suo modo di vestire né il colore della sua capigliatura ad attirare l'attenzione di Fiona, quanto piuttosto lo zaino che aveva: assomigliava in maniera straordinaria allo zaino di tela che Savannah aveva regalato a Ian prima che partisse per il suo viaggio. Beige, con una toppa sulla tasca inferiore. Ma poteva tranquillamente essere possibile che quello sconosciuto avesse comperato il medesimo zaino. Quello che però la fece sobbalzare sul sedile fu quella piccola striscia di tessuto rosso annodata sullo spallaccio destro. Ripensò a quando l'aveva strappata da una camicia di sua madre e l'aveva legata allo zaino di Ian, con le lacrime agli occhi e augurandogli buon viaggio, prima che scomparisse in un taxi diretto all'aeroporto. Ma sullo zaino anche Savannah ci aveva messo qualcosa: aveva scritto, ridendo, un numero di telefono inventato e poi aveva aggiunto, con quel grosso pennarello nero, "per dieci minuti di fuoco chiamami". Anche Fiona era scoppiata a ridere, inghiottendo le lacrime e correndo ad abbracciare il fratello. Sullo zaino di quello sconosciuto c'era la striscia di stoffa rossa e una vaga macchia nera, che Fiona non riusciva a distinguere bene. Il suo cuore iniziò a battere in fretta, il respiro le si accorciò. Doveva scendere al più presto.
Una volta fuori, in una via dietro Princes Street corse più che poté per ritrovare quell'angolo di marciapiede dove credeva di aver visto lo zaino di Ian, si fece quasi investire da un taxi, urtò due signore, inciampò in un bicchiere di Starbucks, ma poi ci arrivò. Guardò in tutte le direzioni: quell'uomo non poteva essere andato lontano, erano passati solo tre o quattro minuti.
Poi lo vide, in mezzo alla gente.
Alto con lo zaino beige.
Si fece strada tra le persone, provò a correre per aggirarle da un lato e vedere lo sconosciuto di fronte. Prima di fare ciò riuscì ad avvicinarsi sufficientemente da poter vedere quel numero di telefono e leggere la scrittura rotonda della sorella. Le faceva male a respirare, le gambe le tremavano e si erano fatte pesantissime. Superò la gente correndo come poteva, si voltò ad attendere l'uomo.
Ma non c'era più. Non poteva aver svoltato. Non c'erano vicoli laterali.
Era scomparso. Con lo zaino di Ian.
Fiona era lì, sola con non mai, ma piena di sensi di colpa per averlo perso di vista.

I Portali verso i MondiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora