Capitolo 3

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Fiona si svegliò tutta indolenzita, le ciglia appiccicose a causa delle lacrime, la bocca impastata e gli occhi gonfi. Sua sorella doveva essere tornata in camera sua durante la notte, perché la parte del letto che Savannah aveva occupato la sera prima era stata rassettata, le lenzuola erano fredde e sul cuscino non c'era l'impronta del suo capo.

Allungò il braccio per raggiungere il telefono, fece una piccola smorfia di dolore quando vide l'ora accecarla. Erano solo le otto, di un venerdì mattina. Il suo giorno libero. E lei era sveglissima.

Aveva ricevuto un messaggio alle 6:50 da Savannah. SONO ANDATA A CORRERE, TORNO SULLE 10 - aveva scritto. Quale pazzo andava a correre così presto, anzi, quale pazzo andava a correre? Fiona cercò pigramente di chiudere gli occhi, fingendo pure di fronte a se stessa di avere ancora sonno. Dopo qualche inutile tentativo di riaddormentarsi, si alzò sbuffando e brontolando a bassa voce, prendendosela con non si sa chi. Scansò le spesse tende da un lato e notò con piacere che qualche raggio di sole aveva deciso di mostrarsi. Spalancò la finestra e respirò a pieni polmoni il vento fresco e umido del mare, con la nota salmastra che le pungeva dentro il naso. Lasciò che l'aria invadesse la stanza per qualche minuto, poi richiuse la finestra e, infreddolita, si diresse, trascinando i piedi, verso il bagno. Come ogni mattina, le piaceva ascoltare Wildflowers mentre si sistemava i capelli e si truccava. Cantava insieme al signor Petty in maniera del tutto stonata e sapeva che si stava rivoltando indignato nella tomba. Quando iniziò Free fallin' iniziò pure ad alzare la voce e la situazione stava letteralmente sfuggendo di mano.

Si pettinò la frangia con le dita, raddrizzando una ciocca bionda con un po' d'acqua. Il resto dei capelli pareva fosse accettabile, quindi eliminò frettolosamente i residui di trucco con un piccolo disco di ovatta. Rimase qualche secondo a guardarsi e a decidere se valesse la pena truccarsi o meno. I suoi occhi azzurri spiccavano sopra alle lentiggini sparpagliate sulle sue guance magre e venivano quasi sfiorati da quei ciuffi di capelli chiari, che coprivano appena le fini sopracciglia leggermente più scure. Un nasino sottile e appena all'insù si affacciava sulle sue labbra rosee. Lasciò perdere il trucco e andò a farsi un caffè.

Mentre camminava a piedi nudi sulla moquette beige, notò che sua sorella non aveva spostato il pezzettino di stoffa rosso. L'aveva lasciato esattamente dove le era caduto dalle mani. Lo prese, ci giocò con le dita, abbozzò un sorriso. Guardandolo bene, però, lesse quello che sembrava essere un indirizzo. Rimandava a Victoria Terrace. Un brivido lungo la schiena le accelerò il battito del cuore: ecco dove sarebbe andata quella mattina. Le sembrava strano, fin troppo strano, che Savannah non avesse visto la scritta nera sulla strisciolina di tessuto, e non capiva se davvero avrebbe trovato qualcosa o qualcuno ad attenderla lungo Victoria Terrace.

Si vestì in fretta, dimenticò il caffè e continuò ad ascoltare The last DJ con le cuffie, mentre correva incontro al primo 44 che passava.

Era salita sull'autobus, aveva convalidato l'abbonamento - ancora tre giorni di validità, le aveva detto l'autista - e si era andata a sedere in fondo, al piano superiore. Non c'era nessuno a quel piano. Aveva alzato il volume della musica per coprire i rapidi rintocchi del suo cuore che le pulsava nella gola, nelle orecchie, nella testa, martellandole le tempie e facendole venire la nausea. Si era asciugata il sudore freddo che le aveva arricciato qualche ciocca della frangia, incollandola alla fronte pallida. Aveva guardato insistentemente il marciapiede scorrere alla sua destra, aveva setacciato ogni dettaglio, come se si aspettasse, per qualche oscuro motivo, di trovare quello che sperava trovare a Victoria Terrace.

Il viaggio proseguì velocemente, ma per Fiona sembrava fossero trascorse ore. Alla prima fermata in Princes Street, Fiona scese dall'autobus così di fretta da inciampare quasi subito sul piede di una donna che aspettava di poter salire sul bus. Si scusò con un cenno della mano e si diresse camminando velocemente verso il cancello dei grandi giardini.

I Portali verso i MondiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora