Beatrice
Mi chiesi diverse volte se, il momento in cui ci si accorge di non amare più qualcuno, avesse un nome.
Il momento in cui ci si rende conto che l'amore non c'è più e che ci si sta "disinnamorando".
Scoprii che un nome ce l'aveva.
Razliubit: un termine russo, intraducibile in italiano, se non così.
Lo trovai in un vecchio e polveroso libro che pensavo di aver perso un sacco di tempo prima.
Me lo aveva regalato Tommaso per il mio ventunesimo compleanno, quando avevo deciso che avrei imparato almeno quattro lingue, tra cui il russo.
Mi ci ero imbattuta facendo le valigie e, non appena lessi quella pagina, mi accorsi di come quel nome fosse perfetto per quello che provavo.
In passato credevo di esser stata innamorata di Chiesa.
In lui, però, avevo sempre cercato un altro Federico. Il mio Federico.
Ero convinta che lui potesse darmi l'amore che non avevo più, che potesse sostituire Bernardeschi ed aiutarmi a non pensarci.
In un certo senso ci riuscì, ma non fu sufficiente.
Non si può riempire un vuoto con qualcosa di una forma diversa ed il vuoto che aveva lasciato Bernardeschi era suo e soltanto suo.
Portava il suo nome e nessuno sarebbe stato in grado di riempirlo, se non lui.
Lo avevo capito soltanto alla vista dei suoi occhi, dopo quasi un anno, quando credevo ormai di non ricordarli neppure.
Bastò uno sguardo e ritornò tutto dov'era: la memoria di come gli spazi tra le mie dita potessero essere colmati soltanto dalle sue e di come l'incavo tra il suo collo e la spalla fosse il luogo più bello per addormentarsi.
Ricordai le mie mani tra i suoi capelli, il suo profumo addosso dopo una notte assieme e le sue promesse, sussurrate all'orecchio.
Capii di amarlo ancora non appena risentii la sua risata. Mi parve di essere tornata a casa dopo un lungo viaggio.
I miei sentimenti per Chiesa erano lentamente ed impercettibilmente sfumati a partire dal nostro arrivo a Torino, mentre, il numero trentatré della Juventus, iniziò a riconfermarsi come un bisogno primario.
Lui, che era sempre l'ago della bilancia.
Lui, che era arrivato ed aveva stravolto ogni cosa.
Lui, che avrei voluto odiare ed invece amavo.
Lui, a cui avevo perdonato ogni sbaglio, nonostante mi avesse distrutta.
Lui, che svegliandomi la mattina e vedendolo dall'altra parte del letto, mi faceva sentire completa.
Non avevo scelto Bernardeschi tra tutti gli altri.
Non c'erano mai state altre opzioni.
Di nuovo in Piemonte, prima che gli Azzurri facessero ritorno da Roma, impiegai il tempo a pensare a come dire a Chiesa che tra noi due era finita.
Mi misi persino a scrivere possibili discorsi ed a ripeterli da sola nella vasca da bagno.
Quando fu il momento, però, non trovai le parole.
Spezzare il cuore a qualcuno non è mai facile ed io a lui volevo un bene assurdo.
'Devo parlarti' fu l'unica frase che uscì dalla mia bocca in un'ora.
Chiesa si sedette accanto a me e, con naturalezza, domandò soltanto: 'Sei ancora innamorata di lui?'
'Sì' mormorai piano, senza che ci fosse il bisogno di specificare di chi stessimo parlando.
'Lo avevo capito'.
Io cominciai a piangere come una fontana e lui cercò di tranquillizzarmi.
Lo stavo lasciando io ed, ironicamente, a consolarmi, era proprio lui.
'Mi dispiace'.
'Bea...non posso obbligarti ad amarmi' sorrise. 'Vai da lui e fammi un favore'.
'Quale?'
'Sii felice'.
Ci abbracciammo e me ne andai, senza smettere di ripensare alle sue parole.
Mi sembrò di camminare a piedi nudi sui cocci di un vaso rotto, tanto forte era il dolore che sentivo.
Le schegge si conficcavano in profondità e tagliavano come lame.
Sapevo di averlo ferito.
Sapevo che cosa si provava ad esser lasciati.
Sapevo anche che non si moriva. Che il tempo, per molti, poteva rivelarsi un efficace alleato.
Avevo già lasciato le mie cose da Mattia, in attesa che, anche Bernardeschi, facesse ritorno dalla capitale.
Prima di passare da mio fratello, feci un salto in supermercato, per cercare, inutilmente, di placare i miei sensi di colpa con dei dolci.
'Oddio!Beatrice!' sentii gridare alle mie spalle.
Posai subito la barretta di cioccolato che avevo in mano e mi girai. Sobbalzai quando mi resi conto della presenza dell'ex ragazza di Federico, in piedi davanti a me.
'A...Alessia!' esclamai.
Naturalmente, il nome non lo ricordavo, ma avevo studiato una tecnica ben congegnata per evitare ulteriori figuracce.
Quando la vidi infatti, la chiamai con l'ultimo nome che mi venne in mente. Avrei giurato si chiamasse Asia, ma avevo dei seri dubbi su Antonia.
'Come stai?'
'Bene...credo' risposi incerta. 'Che ci fai qua?'
'La spesa' disse, indicando il suo carrello, come se fossi una deficiente.
'Intendo a Torino. Pensavo che fossi tornata ad Asti dopo la rottura con...' lasciai la frase incompleta.
'Oh, pensavo di andare da lui proprio adesso'.
'Ah...e per quale motivo?' domandai, con un sorriso più finto dei suoi capelli.
'Non so se dovrei dirtelo' replicò, guardandosi attorno. 'Non lo sa ancora nessuno'.
'Di che parli?' chiesi terrorizzata.
Migliaia di pensieri affollarono la mia mente, ma non avrei mai potuto immaginare quello avrebbe detto. Nessuna delle mie idee aveva niente a che fare con la notizia che stava per darmi.
'Beatrice...sono incinta' mormorò a bassa voce. 'Di sei settimane'.
Rimasi di sasso, incapace di muovere alcun muscolo.
Lasciai cadere il cestino della spesa a terra e cominciai a borbottare frasi sconnesse.
'È di Fede'.
'Congratulazioni'.
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Back to you | Federico Bernardeschi
Fanfiction'È possibile amare due persone contemporaneamente?' 'Bea...tu non ami due persone contemporaneamente. Tu ami solo lui e lo sai'. Seguito di More than Words|Federico Bernardeschi