Capitolo 2: la tortura di Tantalo è una porta appena socchiusa

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Qualcuno sfonda la finestra del bagno che dà sul terrazzino, poi scavalca. Forse è mia madre. Qualcun altro strilla con un telefono in mano. Mia cugina mi guarda, è in mutande. Siamo entrambe in mutande, è agosto (o luglio o giugno), siamo a casa dei suoi e abbiamo meno di dieci anni. Quindi mi guarda e non dice nulla, scappa via. La perdo di vista - [ricordo mancante].

 La perdo di vista - [ricordo mancante]

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Mio padre forse muore per davvero. Ma no, è un padre, i genitori non muoiono, sono immortali. Non me ne importa niente, guardo e passo oltre: no che non muore. È riverso sul pavimento del bagno di zia M, quella che implora il marito nullafacente di allungarle cinque euro per comprarsi i collant. Perché, mi chiedevo spesso, elemosinare i propri soldi e per giunta da qualcuno che non se li è guadagnati?
Osservo mio padre ancora per un po'. Mamma ha paura, lo scuote e prova a svegliarlo. È colpa dell'anguria, lo diceva lei che era allergico. Arriva il medico, faccio meglio a togliermi dalle palle.

Dov'è mia cugina?

La camera dei miei zii è buia, il letto a due piazze è invitante. Da lì si vede il bagno, posso scrutare quello che vi succede mentre me ne sto al sicuro. Lascio la porta aperta.

[Mi sforzo ma non riesco a ricordare. Avrò avuto paura? Cos'è successo a tutti quanti, quand'è arrivato il dottore, dov'era quell'idiota di mia cugina? Che confusione, non dovrei scrivere queste cose. Perché raccontarle al mondo, che importa? Ho dei flashback. Che strana sensazione, me la ricordo, ma questa viene dopo. Ho la nausea, non dovrei ingozzarmi fino a stare male. Perché continuo a farlo?]

No, ho detto che non voglio saperne niente. Guarda un po', c'è quella roba con cui gioca sempre mia cugina. È per bimbi piccoli, ma è rilassante tirare corde e girare manovelle. Assomiglia al tappetino sensoriale che la pediatra tiene in sala d'aspetto: se fai ruotare una foglia sbuca fuori il sole, se premi un pulsante, una nuvola. Questo qui è molto più semplice. C'è qualche tasto e un paio di animali, ma le batterie sono scariche e non produce più alcun suono. Lo allontano e mi stendo; quasi quasi chiudo gli occhi. Magari appena mi sveglio sparisce tutto quanto, di là smettono di urlare e papà si mette in macchina e ce ne andiamo a casa. No, non voglio andare a casa. Preferisco alzarmi, uscire fuori sul terrazzino e trovarlo a bere caffè con gli altri.

Il padrone di casa entra in camera come il serpente che è, in silenzio, strisciando alle spalle di sua moglie e dei suoi cognati

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Il padrone di casa entra in camera come il serpente che è, in silenzio, strisciando alle spalle di sua moglie e dei suoi cognati. 

Messo alle strette, molti anni dopo mi confesserai che reputavi mio padre un fratello. Alla faccia. E comunque a mio papà hai sempre fatto pena. Non pietà, proprio pena, quella che si riserva ai mezz'uomini.

Sobbalzo. Cavolo, mia madre non vuole che io entri in camera sua. Magari anche a mio zio 'sta cosa non va ed è venuto a dirmelo. Non mi è mai piaciuto che qualcuno che non fosse uno dei miei genitori mi rimproverasse, mi metteva in profondo imbarazzo. Pensavo a quanto mortificati potessero sentirsi i miei. Insomma, se tua figlia viene strigliata da un altro tipo potresti sentirti un po' un fallimento come genitore.
Tendevo sempre a gonfiare le prospettive altrui, sia in bene che in male.
Soprattutto in male.

Socchiude la porta lasciando uno spiraglio millimetrico di luce. Assomiglia ad un neon. Non provo particolari emozioni e mi appare normale: mio padre non ha ancora iniziato a farmi pesare la permanenza in una stanza in cui sia presente anche un uomo. O un coetaneo. Un pene-munito, insomma.

[Ho appena avuto un deja-vu. Ho già scritto queste parole, provato questa sensazione, utilizzato questo editor di testo. Sistema operativo Ubuntu, schermo nero, font verde acido. È tutto troppo reale. Ricordo l'ambiente in cui mi trovo, la cucina del mio nuovo appartamento. Mi sono trasferita a marzo. Vivere da sola è parte della terapia, lo dice anche la psichiatra. La mia esistenza è una lunga, lenta, infruttuosa terapia.]

Tutto si svolge in silenzio, nessuno dei due parla. Io l'osservo interrogativa - e penso che magari sia lì per prendere una cosa; del resto è la sua camera da letto e sono io ad essere fuori posto - ma lui non mi guarda in faccia. È sbrigativo, sembra tremare come quando metti male un piede e la gamba non smette di fermarsi. Un dettaglio mi colpisce particolarmente: le sue mani. Sono attraversate da tremori fini ma fastidiosi, e così pure il suo respiro.

Perché mi è sembrata una cosa normale?

Mi sbatacchia parallela alla barra del letto. Lo spiraglio di luce è ora di fronte a me, ma non penso a scappare. Non protesto. Mi piazza davanti il gioco di mia cugina ma ho improvvisamente perso interesse. Mi forza pancia in giù, faccia contro il materasso.
Perché mi sta spalmando sul piumone?
Non respiro.
Mi sollevo ma non oppongo resistenza. Lui imita l'azione di prima ma vi aggiunge un dettaglio disturbante - caratteristica di altri episodi, tutti uguali, monotoni e soprattutto muti - mi allarga le braccia a croce. Perché, per impedirmi di scappare? O per sentirsi potente sul corpo di una ragazzina di sette anni dall'alto del suo metro e sessanta?
Stavolta non respiro sul serio.

Dov'è mia cugina?

Il suo peso addosso mi soffoca al limite ma rimango immobile.
Cosa diavolo fa.
Sono in mutande, cosa sta facendo.
Dio, come trema. Perché trema? Mi sento in imbarazzo.
Adesso però smettiamola. 

Fisso la luce, spio oltre lo spicchio di libertà. Scorgo qualcuno passarvi velocemente accanto. Tortura. Se urlo sono finita, siamo tutti finiti. Papà sta male, io non posso creare problemi. Sto zitta. Mi abbassa la testa: deve tener d'occhio l'ingresso, potrebbe entrare qualcuno e prenderlo a mazzate. Magari.

Che schifo lo sento sul sedere.
Che schifo smettila di tremare, smettila di muoverti.
Che schifo, che schifo, che schifo.

Che è successo poi? In generale, intendo

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Che è successo poi?
In generale, intendo.
Non ricordo nemmeno di essere tornata a casa. 

Cosa cazzo è successo?

So quante altre volte è successo, ne ricordo i dettagli.
E poi, se lo sogno ancora, allora esiste. 
Ma se lo sogno sempre meno spesso, perché sono ancora terrorizzata?

Sei in debito della mia vita. 

Potrebbe valere la tua? Quanto vale, in generale, l'esistenza di un essere umano?
Se ci vuole tanto poco per annientarne uno, per renderlo inerme, schiacciarlo, ammorbarlo di morte, l'anima avrebbe un peso trascurabile. 

Allora perché mi sento sempre così pesante?

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 18, 2020 ⏰

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