3.
Appena eclissatosi l'ultimo barlume di illuminazione stradale, e chiusa la porta, come di consueto Rocco si perde tra le cromie sempre diverse del suo divano. Ogni sua attenzione deraglia dal suo contesto e affluisce su Matilde.
Quante copertine di lana abbia Matilde è tuttora un mistero.
Ha quelle Disney che si è portata da casa sua,quelle che ha comprato l'anno scorso allo stand di una tribù cilena o peruviana, il plaid materializzatosi nel carrello dell'Ikea, la copertina ricamata dalla nonna calabrese della sua compagna di corso, chi lo sa quale, ci saranno almeno un centinaio ragazze calabresi per ogni singola facoltà di psicologia d'Italia.
Matilde ha cambiato gli occhiali da riposo, ora rotondi. Ma in ogni caso non puoi smettere neanche a casa, neanche tra quelle orrende coperte, di pensare a quanto sia incantevole. Rocco è fortunato, ce l'ha tutta per se dall'ultimo anno di liceo, anno in cui è sempre troppo facile piombare come un falco sulla ragazza dolce e languida dei primi anni.
Matilde smette di fare quello che sta facendo, forse studiando, leggendo un libro, ascoltando qualche cantante indie ormai conosciuto da tutti. Non è facile capirlo ogni volta che ha il tablet tra le mani.
Rocco è fortunato perchè in pochi secondi ce l'ha acciambellata lì, sulle sue gambe, bisognosa di tenerezza, di effusioni e chissà di cos'altro poi.
Ma Rocco accende la TV.
"Che c'ho le labbra screpolate?"
Matilde si inumidisce le labbra, si avvicina.
"Non troppo"
"Che me lo vaia prendere il burro cacao?".
Rocco non esita un secondo, si alza, entra nella stanza adiacente. Matilde intanto si riposiziona sul divano, col consueto tablet tra le mani.
"Me lo metti?"
Attento come un mastro scultore del cinquecento Rocco leviga con cura le labbra di Matilde, ad ogni angolo, ad ogni crepa della sua opera perfetta.
"Devi andare a studiare domani?"
"Nono, ci ha messo un altro appello a Dicembre, mi sa che alla fine faccio quello"
"E che fai?"
"Messo tutto?"
"Sisi"
"Volevo andare in un posto. Tu lavori?"
"Devo chiedere a papà, vediamo che dice"
"E se lavori?"
"Troverò il tempo per te".
4.
Ferma il tempo nella sua stanza Matilde.
Nei suoi cassetti scorrono i secoli, tra le sue mani gli anni. L'amore che Matilde ha per la fotografia in bianco e nero è secondo solo a quello per Rocco, o forse neanche a quello.
Tra le sue mani ogni foto è come in un proiettore.
E la sua fronte la parete bianca.
La prima foto raffigura due ragazzi poco più che adolescenti, con i primi peli sulle guance e la prima uniforme addosso. E' una foto che risale più o meno alla fine degli anni sessanta, agli ultimi decenni della leva obbligatoria. I due ragazzi in questione non sorridono.
L'unico che sorride nella foto è un anziano signore, tarchiato, dagli occhiali spessi e molto ben vestito, che siede tra di loro. Neanche le giovani leve sono molto alte, infatti nell'immaginario di Matilde si chiamano Salvo, siciliano e Massimo, lucano. Hanno da poco saggiato per la prima volta il mondo urbano. Da figli di una civiltà contadina che in quegli anni stava per esalare l'ultimo respiro si ritrovano catapultati nella periferia di Roma, in una caserma militare.
L'uomo distinto che siede tra loro li ha adocchiati già al porto di Civitavecchia, e si è offerto di portarli in caserma. Alle sue mani allungate sulle gambe, alle sue avances, solo Salvo ha ceduto, annusando una lauta ricompensa. Massimo era rimasto intontito ai primi contatti, ai primi approcci erotici, ma poi si è ravveduto e ne ha preso le distanze.
Tuttora, nel tempo della foto, Salvo continua a percepire queste ricompense, cedendo in cambio solo pochi rudi gesti e l'illusione di un amore.
Col tempo si è formata nella testa di Matilde anche un'altra storia, una storia che prende spunto dalla foto di una vecchia sartoria. Siamo pressocchè negli stessi anni della foto precedente. Al centro della bottega c'è Tina con suo padre Pasquale. Tina avrà al massimo vent'anni.
Indossa un abito di seta finissima, un abito bianco. Tina è totalmente circondata da scatole di latta colorate, e da tessuti, e da drappi, fasce, fini ricami, ed è come se il bianco e nero riuscisse a comunicarceli tutti questi colori. Poco distante il padre guarda Tina con autorità.
C'è un dettaglio che ha colpito Matilde la prima volta. Una grossa spilla sul petto di Tina, una spilla che il padre le ha posto sul petto con poca grazia per chiuderle il vestito.Tina vede ogni giorno molti ragazzi ronzarle attorno. Non si cura di nessuno di loro. Tina adora avere qualche lira in più, viaggiare per comprare le stoffe, occuparsi gli affari di una famiglia che con una scollatura troppo moderna stava per disonorare.
Perchè illibata deve rimanerci, almeno fino al matrimonio.
Passa tra le mani di Matilde una terza foto. E' un attimo ancora più impresso nella sua mente: ritrae due donne su una vespa immerse in un paesaggio silvano, selvatico più che agreste.
Tra le due donne una, non quella che guida, volge lo sguardo a lei. I due sguardi sembrano toccati dalla stessa luce, da un intesa di cellulosa. Un acconciatura quantomai sobria, un sorriso pulito, una sottile collana d'argento e un lungo vestito monocolore, forse azzurro, si intuisce.
La somiglianza con lei, con Matilde, è impressionante. Sopra la sua testa la stessa donna è ritratta in una foto appesa al muro, in una posa simile sebbene ancora più indietro nel tempo: sul balcone in ferro battuto di casa sua, poco più che bambina. Nel quadretto affisso alla parete, è ancora più evidente quanto quei due visi, per quanto lontanissimi negli anni e nei chilometri, si somiglino.
Riposta la foto di sua nonna Matilde sembra finalmente aver trovato quello che cerca.
Immergendosi in quest'ultima foto Matilde respira uno spazio più ampio, chiude gli occhi, li riapre in una piazza di paese. E' una foto magnifica, sembra scattata da uno smartphone in modalità panoramica. I soggetti che animano la piazza di questo paesino italiano sono così vivi e consapevoli del momento, ed è un dettaglio non da poco: a quei tempi doveva essere ben strano il pensiero della propria immagine impressa su una pellicola.
Si racconta, e ne avrete sentito parlare, di quelle popolazioni polinesiane venute da poco a contatto con i vizi della modernità, restii a farsi rubare l'anima da macchine e da piedistalli. Senza non aver mai visto uno schermo,una raffigurazione grafica se non pittorica, ognuno di noi si sentirebbe derubato alla visione del proprio corpo su qualcosa che non gli è mai appartenuto.
Allo scatto della piazza seguitano altri scatti, forse dello stesso posto, e sono queste foto cheMatilde raccoglie, che mette da parte e poi nella borsa. Una dopo l'altra. Scorci brevi e inafferrabili su momenti fermi per sempre, su momenti che Matilde vorrebbe fermarsi a vivere. Forse più che per vivere per contemplare.
5.[TV]"L'assistenza come l'insegnamento della lingua italiana
verranno forniti a tutti quelli che necessitano di
protezione umanitaria"
Matilde trova Rocco davanti alla TV.
[TV] "Ma lei ha drasticamente ridotto la protezione umanitaria!"
Nota la conduttrice
Matilde gli si avvicina, gli prende la mano.
[TV]"La protezione umanitaria, mi lasci dire, viene data a chi
la merita, come in tutti gli altri paesi europei"
Rocco gesticola, approva ed ignora Matilde.
[TV] "Fino ad oggi c'era un business di cinque miliardi di euro
sui quali molti furbetti si sono arricchiti. Chi scappa
dalla guerra,donne, bambini, non si toccano"
Matilde prova ad interromperne la trance. "Devo chiederti una cosa. Mi ci accompagneresti in un posto?"
[TV] "...e alcuni di questi erano permessi date a persone che poi
diventavano responsabili di furti, di violenze carnali."
Passato qualche secondo Matilde ottiene finalmente risposta.
"Ti ho già detto che domani lavoro, ascolta qua" Rocco punta il dito alla TV.
Matilde si angoscia quando Rocco non la ascolta: "Non so se dice la verità. Bisognerebbe approfondire e andare a leggersi i dati di quello che dice."
[TV] "Vi dico solo che preferisco spendere i soldi degli italiani
in quei paesi per aiutarli a casa loro"
Rocco finisce religiosamente di ascoltare il suo leader: "Amò ma che ne sai tu che stai sempre a casa?"
Matilde non ci sta: "Anche tu sei sempre a lavoro. Chi non ha il tempo di approfondire i temi di solito non si esprime perchè non conosce: fossi in te non vorrei lasciarmi ingannare da semplificazioni o da notizie false"
[TV] "Ma per forza che non può esserci convivenza civile in
quartieri popolati da ragazzi di colore che vagano
e delinquono. Altro che migranti, altro che brave persone"
Rocco: "A me quello che dice mi basta, che me fotte di approfondire. Che me ne fotte dei dati quando in stazione è pieno di delinquenti e io ho paura a mandartici"
Matilde, sorridendo: "Quindi mi ci accompagni tu domani in un posto?"
Rocco: "Amò su ste cose senza che parli, tu non capisci, vivi nel mondo incantato coi puffi"
Matilde sembra stizzita: "Ti stai facendo prendere in giro , e non dimenticarti che i tuoi nonn-"
Rocco: "I nonni, i bisnonni, continua a vivere nel castello incantato, principessa."
Vene d'ira spuntano negli occhi di Matilde, poco prima di girargli la faccia. E di allontanarsi.
Indifferente alla scenata, Rocco sa come comportarsi:
"Amò, t'ho preso una cosa oggi, te l'ho messa sul tavolo"
Matilde torna dritta nella stanza dei ricordi, senza nemmeno degnarsi di guardare il regalo, una collanina di argento sottile, custodita dal suo scrigno in plastica.
"Dai amò, non fare così"
Rocco si alza e la segue.