14.
"Dove cazzo sei stata?"
L'uscio della porta non ha ancora fatto in tempo ad aprirsi. Inattesi come in un acquazzone estivo fulmini di rabbia si scagliano su Matilde. Rocco ha in questi momenti tutta la statura di Zeus su Leda e non c'è nessun riparo possibile per sottrarsi alla sua ceca ira.
La porta è ancora aperta e Matilde ha il capo chino del cane che subisce l'adirazione del suo padrone e non ne sa il perchè, Rocco sbatte con violenza la porta, poi con un calcio manda in frantumi la lampada all'ingresso.
"Dimmi dove cazzo sei stata."
Matilde non risponde, sa che è del tutto inutile in questi casi. Nei suoi occhi goccia dopo goccia un distillato di terrore e desolazione.
"Non m'hai risposto al telefono tutto il pomeriggio, non m'hai detto che uscivi. A me non me ne frega un cazzo dei picci e delle manie che c'hai tu, dei tuoi tramonti del cazzo"
Di solito Matilde esce o sale sul tetto quando i tramonti rossi colorano il cielo. Adesso piange.
"Non rispondi. E non rispondere". Lei non risponde infatti.
"Ho chiamato cosa, come cazzo si chiama, mi ha detto dove stavi. Dove cazzo stavi? A fare cosa? Me lo dici ndo cazzo stavi?"
Rocco è pericolosamente vicino, Matilde prova a far finta che non stia succedendo nulla, che niente sia successo, posa la borsa sul divano, prova a defilarsi e ad entrare nella stanza da letto.
Rocco le si para dinnanzi.
Ha le narici dilatate come quelle di un toro da corrida, il volto rosso come il drappo del torero. Ogni parola sarebbe inutile, ogni parola sarebbe vana per lei.
"Sono stata a vedere un villag-"
"Non me ne fotte! Non mi frega un cazzo di dove sei stata. Co chi eri? Perchè quando ho chiamato Anna, Alice, o come cazzo se chiama quella, non c'eri? Me lo spieghi? Me lo spieghi?"
In uno scatto d'ira Rocco le afferra bruscamente i polsi, una morsa stretta e senza scampo, la scuote e la trascina verso di se. Matilde emette un urlo lancinante di dolore. Il perchè dei lividi. Il terrore scava sempre di più il suo viso.
"Sentiamo"
"Ness-singhozzi – Nessuno"
"Stà zitta, ti devi stà zitta"
Matilde cade in ginocchio ai suoi piedi e continua a singhiozzare. Rocco prova nelle sue vene quel sottile piacere che si ha nell'umiliare il sottomesso, la rabbia mista al senso remoto di dispiacere nel vedere quanto lei sia debole, quanto lei non accenni nessuna reazione ad una violenza spropositata ed eccessiva. Rocco sa. Rocco vuole.
"Io lavoro tutto il giorno e tu vai a fare la puttana, co chi eri? Co chi eri?"
"Ti prego basta"
Un attimo di buio, qualcosa risuona sordo nelle orecchie di Matilde, poi un secondo violento e pesante ceffone le percuote il volto.
Ancora buio, ancora silenzio.