Frisk p.o.v.
«Pronta, mia cara?» Mi chiese Virgilia, preparandosi per uscire. Mi sistemai per l'ultima volta il vestito, cercando di combattere l'istinto di strapparmelo di dosso. I tacchi mi facevano male, la mia vita era stata stretta in un corpetto e riuscivo a malapena a respirare, per non parlare del caldo soffocante che mi procuravano tutti quegli strati di tessuto. Il trucco era troppo, decisamente troppo pesante. Ma non potevo uscire da quell'outfit prima di aver ammazzato Mettaton.
«Certamente.» Risposi a denti stretti, zampettando su quelle scarpe orride e vertiginosamente alte. Mi diressi verso l'ingresso, dove Gerson ci aspettava insieme ad un nuovo Mostro, mai visto prima. Si trattava di un coniglio dal pelo color carta da zucchero, vestito elegantemente di nero. Aveva un'espressione dolce ed era stranamente allegro per essere un lavoratore di Virgilia.
Uwah, è adorabile. Gongolò Chara, mostrando il suo apprezzamento per il nuovo venuto.
«La macchina è pronta, signora!» Disse con una voce squillante e vivace. La donna invisibile fece per uscire, seguita da me, ma Sans mi afferrò per il braccio.
«No, aspetta.»Cosa vuole ancora, questo cretino?
«Cosa c'è?» Chiesi, impaziente di sedermi comodamente sulla vettura.
«Ti devo parlare; Virgilia, ci metterò un attimo.» Disse ciò, per poi trascinarmi nella stanza accanto e chiudere la porta, mentre Virgilia concedeva il permesso con tono stuzzichevole.
«Va bene, ma non metteteci troppo, piccioncini.»«Cosa volevi dirmi?» Domandai a bassa voce, appoggiandomi sulla porta chiusa.
«Io... » Fece subito una pausa «Sono sicuro che andrà tutto bene.»
Ci serviva proprio un incoraggiamento da te, faccia da culo. Non stavamo proprio aspettando altro.
Per rompere il mio silenzio, disse: «Dopo tutto questo, ti devo dire una cosa.»
«Dimmela adesso, Sans.» Risposi subito, avvertendo un piccolo allarme nella mia mente. Sentii per la prima volta l'insicurezza scorrermi dentro, come una scossa elettrica, come un fiume che distrugge una diga. Se non fossi stata appoggiata alla porta, con ogni probabilità sarei caduta per terra, in preda ad una crisi di panico che mi rendeva le gambe di gelatina.
«No... Tu devi fare quello che devi, stasera. Non puoi permetterti un solo attimo di distrazione e neanch'io.» Rispose lui.
Non fare tanto lo splendido, sfigato. Non siamo in un film da casalinghe annoiate, questa è vita vera e tu ci stai solamente dando fastidio.
Una parte di me, rabbiosa, concordava con Chara e voleva solo andarsene velocemente. La parte dominante, invece, rimase ferma mentre lo scheletro si avvicinava sempre di più.
Era a pochi centimetri da me, ormai. Pochi millimetri... Per due volte, le mie labbra sfiorarono la sua bocca, fredda e bollente allo stesso tempo. Nessun movimento o passione, si trattava di un semplice fruscio. Tuttavia, solo quello bastò rendermi più sicura ed a farmi dimenticare per un poco il male ai piedi, la mancanza di aria e il caldo.
Quel piccolo incantesimo durò fino a quando si lui si allontanò, con il viso completamente rosso.
«Vai. Solo ricordati... che c'è qualcuno a cui importi, 'kay?»
«Questo vale anche per te.» Aiutata dai tacchi, mi elevai fino alla sua altezza e lo baciai, questa volta veramente. Niente di serio, un semplice schiocco con le labbra. Un bacio da due secondi.
Frisk, che schifo!
«A dopo.» Bisbigliai, aprendo la porta e richiudendomela alle spalle.
Sans rimase fermo per qualche secondo, toccandosi nel punto in cui le mie labbra avevano lasciato il segno del rossetto.
«Dopo questo non mi laverò mai più la faccia.»
Io e Virgilia entrammo in macchina, un'elegante Isotta Fraschini 8A. Solo i più ricchi della città si potevano permettere automobili di manifattura italiana o inglese, perciò era la mia prima volta in una vettura così lussuosa e comoda. Lo spazio abbondava, cosa che differenziava quella nuova macchina del 1929 dalla sua sorellina, l'Isotta Fraschini 8, usata da Annika in rare occasioni.
In un quarto d'ora arrivammo davanti al palazzo di Mettaton. Era uguale alle cartine che Virgilia mi aveva mostrato: enorme, stravagante, schifosamente pacchiano.
La mia complice ordinò ad Andy (il coniglio) di andarci a riprendere verso le dieci. Detto questo, uscì e si ritrovò di fronte alle guardie che pattugliavano il grande cancello di ingresso. Non fecero domande riguardanti me e ci fecero entrare, insospettendomi terribilmente.
«Oh, santo cielo. Guardate!»
«Una di loro, qui!»
Una folla di invitati puntava il dito contro di me, bisbigliando e mormorando.
Umani e Mostri non sono poi così diversi.
Entrammo nel salone d'ingresso, pieno di gente. Tutti i loro occhi erano fissati su di me, sulla mia figura minuta in confronto alla loro, sul mio vestito molto più chiassoso. Qualcuno di fece avanti verso di me prima di essere spinto da parte da un Mostro infinitamente più importante.
Il suo corpo era interamente rifinito di metallo lucidissimo, indossava soltanto degli stivali rossi e dei guanti. Dietro la sua schiena, oltre al paio di braccia comuni per ogni Umano, un paio aggiunto si agitava in continuo movimento, come se in quel momento il robot fosse in fibrillo. I suoi capelli di plastica danzavano in modo innaturale coprendo due dei suoi quattro mostruosi occhi rossastri. Aveva uno sguardo folle, completamente svitato.
Mettaton si stava dirigendo verso di noi, con lo sguardo incastonato su di me. Dopo aver scambiato dei frettolosi convenevoli con Virgilia, si rivolse subito a me. I suoi occhi mi analizzarono da capo a piedi, mentre parlava.
«Che deliziosa anima giovane. Come vi chiamate?»
«Amelia Crawford, signor Mettaton. È... un vero onore conoscervi. » Dissi con finta voce emozionata. Agli uomini influenti piacevano questi comportamenti subdoli da parte delle donne.
«Oh, mia cara Amelia... l'onore è tutto mio. E chiamami pure Ton-Ton.»
Detto questo, afferrò delicatamente la mia mano e vi posò le sue fredde, gommose labbra sopra. Il disgusto di quel contatto mi diede la nausea, ma non ritirai la mano.Frisk, tifo per te.
Con disinvoltura, mi attaccai ad una delle sue braccia meccaniche e mi feci guidare attraverso i corridoi del palazzo. Intanto il robot aveva già abbandonato la sua maschera di galanteria, per rivolgersi a me, sussurrando, con frasi spinte.
«Il tuo vestito starebbe benissimo, sul pavimento, accanto al mio letto.»
Un senso di nausea ancora più elevato mi percosse interamente.Gioca al suo gioco, ce la puoi fare, Frisk.
Abbandonando a mia volta la maschera innocente, replicai suadente:
«Cosa vuoi che faccia per te, stanotte?»
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I Ain't No Kid, Pal (Mafiafell Frans)
FanficLe persone diventano marce. Le città diventano marce. Tutto, prima o poi, diventa marcio. Frisk questo lo sa fin troppo bene. Loro, i proprietari, i "protettori", non fanno altro che accorciare i guinzagli e le catene. La gente inizia a morire, stro...