3 Capitolo

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Nel momento in cui i suoi occhi incrociano i miei, il mio corpo inizia a tremare senza controllo.

Tutti i ricordi tornano a galla e la paura ormai repressa torna ad impossessarsi di me, fottendomi completamente il cervello.

«Ciao bambolina.
Ti sono mancato?»

Chiede con voce maliziosa, con il suo solito ghigno stampato sulle sue labbra.

«Non è possibile...»

Mormoro con tono spaventato.

Il mio cuore batte forte come non mai, rimbombandomi nel petto.

Sento le mie mani bagnate.

Abbasso lo sguardo su di esse e le vedo piene di sangue.

Sento un gran freddo ovunque e noto di essere nuda, con il corpo martoriato e pieno di lividi.

Questi sono i suoi segni.

Lui mi ha marchiata e fatta sua.

A pochi passi da me, vedo il corpo di Cody senza vita, circondato da una pozza di sangue.

«Che c'è bambolina?
Non sei felice di rivedermi?»

Parla rompendo il silenzio che si era creato, attirando la mia attenzione.

Il mio sguardo si posa sulla sua mano, la quale impugna una pistola.

La pistola che ha posto fine alla vita di tante anime innocenti.

Un grido di terrore esce spontaneo dalla mia bocca, facendomi andare a fuoco i polmoni.

Cado in ginocchio con la testa fra le mani, strisciando il più lontano possibile da lui.

«Ti prego... non uccidermi!
Metti via quella pistola... ti prego!»

Lo supplico con tono spaventato, guardando terrorizzata la mano con la quale la impugna.

Guarda confuso la mano che io sto guardando, ma pochi secondi dopo la vedo sorridere.

«Tu dici, questa pistola?»

Chiede con tono fintamente confuso, alzandola in aria.

D'istinto porto le mani al volto, cercando di ripararmi.

Lo sento ridere di gusto, mentre dentro di me provo un terrore inimmaginabile.

Non sentendo alcun rumore di sparo, porto le braccia ad avvolgere le ginocchia contro il mio petto.

«Davvero ci tieni alla tua vita da puttana?
Ma guardati, mi fai schifo!»

Dice con tono disgustato, alzandosi in piedi.

Guardo ancora una volta le mie mani e un conato di vomito mi sale su per la gola.

«Tu l'hai ucciso... hai ucciso Cody senza una ragione!
Il sangue... il sangue che ho sulle mani è il suo.
Per colpa tua è sulle mie mani»

Sbraito guardandolo con gli occhi colmi di lacrime.

«No bambolina, l'hai ucciso tu.
Sei tu quella che ha le mani sporche del suo sangue.
Tu hai posto fine alla sua vita, tu!»

Urla aggrappandosi alle sbarre, con un'espressione da pazzo.

«No, non è vero!»

«Invece si, basta che guardi le tue mani.
Guardale!»

Ordina con tono autoritario, facendomi sobbalzare.

Rapidamente abbasso lo sguardo sulle mie mani, guardando attentamente la sostanza rossa che mi cola fra le mani.

«Lo vedi quel sangue?
Quello è la prova che sei stata tu ad ucciderlo.
Sei un'assassina, spietata e spregevole.
Vergognati di te stessa, puttana che non sei altro!»

Urla con tono di rimprovero, facendomi sentire maledettamente in colpa.

«Hai ragione...»

Mormoro sconvolta, alzandomi in piedi.

«Io ho ucciso Cody... sono un'assassina»

Dico con tono sconvolto, guardandolo con gli occhi appannati dalle lacrime.

«Esatto bambolina.
Non hai avuto pietà di un ragazzo che voleva solo aiutarti.
Come fai a guardarti ancora ad uno specchio?
Sei una puttana che ha tradito Axel più e più volte, hai ucciso un'innocente e ti ritieni la vittima di tutto quel che è successo?
Tutto questo è colpa tua puttanella.
Dovresti porre fine alla tua vita»

Commenta guardandomi disgustato.

«Dovrei uccidermi?»

Chiedo in un sussurro, avvicinandomi di qualche passo a lui.

«In ginocchio davanti a me, subito!»

Ordina con tono autoritario e subito eseguo il suo ordine.

Sogghigna soddisfatto e incrocia le braccia sul braccio.

«Tu credi veramente che la tua vita valga qualcosa?
Secondo te, meriti veramente di vivere?
Una donnaccia come te non merita, non ha il diritto di vivere.
Hai ucciso una vita per soddisfare la tua, chi ti dice che non ricapiterà ancora?
Stavolta chi ucciderai, Axel, Lewis... o le tue amiche?
Io ti consiglio di toglierti la vita e di levarti dalle palle una volta per tutte»

Abbasso lo sguardo, con il volto in preda alle lacrime.

Singhiozzo rumorosamente, strozzandomi quasi con la mia stessa saliva.

All'improvviso la sua mano si insinua in mezzo alle sbarre e afferra il mio collo.

Si accovaccia davanti a me e avvicina i nostri volti, facendomi sbattere la fronte sul freddo ferro.

I suoi pieni di malizia incontrano i miei decisamente spaventati e quella vista lui non fa altro che ghignare.

«Ucciditi prima di uccidere tutti quelli che ami»

Sussurra alitandomi sul volto, per poi lasciarmi bruscamente.

Indietreggio strisciando col sedere sul pavimento, finché non sento le sbarre della cella opposta sulla mia schiena.

Scoppia a ridere come solo un maniaco farebbe, facendola risuonare per tutte le pareti dei sotterranei nei quali ci troviamo.

Istintivamente mi tappo le orecchie con le mani, cercando di calmarmi.

«Non voglio essere un'assassina...»

Sussurro dondolando su me stessa, rannicchiata contro le sbarre.

«NON VOGLIO ESSERE UN'ASSASSINA!»

Urlo facendo risuonare le parole in tutta la stanza, interrompendo la sua risata.

Mi alzo velocemente e con uno scatto fulmineo corro verso l'uscita.

Con le lacrime agli occhi non vedo bene e mi scontro con l'uomo di prima.

«Signorina cosa...»

Cerca di afferrarmi per le spalle, ma non appena un suo dito sfiora la mia spalla mi scosto malamente.

«NON VOGLIO ESSERE UN'ASSASSINA!»

Urlo di nuovo, spingendolo con tutte le mie forze.

Riesco a farlo indietreggiare leggermente e senza perdere tempo corro fuori dalla porta di casa.

Corro a perdifiato, senza una meta precisa.

Mi fermo e con un braccio mi sorreggo ad un palo, piegando leggermente le ginocchia e riprendendo fiato.

Lui ha ragione, merito la morte per aver ucciso Cody.

Il suo sangue è ancora sulle mie mani e non appena lo rivedo, un urlo di terrore esce spontaneo dalle mie labbra.

Alcuni passanti mi guardano sconcertati, ma li ignoro correndo verso il molo.

Cado sulle ginocchia e batto i pugni sul legno, sfogando il mio pianto.

Non merito la vita, non la merito!

I miei occhi vanno lentamente a scontrarsi con il mio riflesso sull'acqua.

Il mio pianto cessa immediatamente, mentre fisso con curiosità la mia immagine stampata sull'acqua.

Ho i capelli completamente arruffati e le trecce sfatte, mentre i miei vestiti sono strappati.

Sembro una pazza appena uscita dal manicomio.

Non merito di vivere, ma di morire.

Morire, questo è il mio destino.

Avrei preferito morire di vecchiaia, magari conoscere dei ipotetici nipoti, ma tutto questo non si potrà fare.

Io devo morire adesso, oggi.

Tiro su con il naso e mi asciugo le lacrime con il dorso della mano.

Mi alzo malamente e pongo un piede sul bordo del molo.

E' giunta l'ora di porre fine a tutti i problemi, di porre fine alla vita di una maledetta assassina.

Faccio un'altro passo e cado a peso morto nell'acqua.

Non è così fredda, anzi, è piacevole.

Sento i polmoni riempirsi poco a poco di acqua fredda, facendomi sorridere felice.

Finalmente sono tutti al sicuro.

La mia morte farà bene a chiunque.

Le forze iniziano ad abbandonare il mio corpo e il mio corpo inizia ad abbandonare me.

Sprofondo sul fondo del lago e inizio a vedere la luce.

La luce della mia libertà.

Sto per perdere i sensi una volta per tutte quando sento un tuffo sopra di me.

Due braccia afferrano i miei fianchi e mi riportano a galla, ma ormai è troppo tardi.

Piccole macchioline nere occupano il mio campo visivo, finchè il buio non mi avvolge completamente.

**

«Lui deve andarsene da qui.
Se Alexa lo vede... non so come potrebbe reagire»

Cerco di far capire a mio padre, ma è duro di comprendonio a quanto pare.

Continua a voler tenere Samuele rinchiuso nelle celle, che si trovano sotto ai piedi di Alexa.

«Tu stesso mi hai detto che lei non ha accesso a queste zone.
Hai dato ordine ai tuoi uomini di non farla scendere qui sotto.
E poi, guardalo...»

Dice ammiccando dietro di me.

Mi volto e lo guardo da dietro il vetro oscurato.

Gioca con la catena legata intorno alla sua caviglia, dondolando su sé stesso.

«Non può scappare, quindi puoi stare tranquillo.
Ad Alexa non succederà niente»

Prende i documenti della riunione e li mette in ordine, per poi chiudendoli nella cassaforte.

All'improvviso sentiamo un' urlo e ci voltiamo spaventati, trovandolo in piedi, davanti alle sbarre a parlare da solo.

«Ma con chi sta parlando?»

Chiedo con tono confuso e curioso allo stesso tempo.

Faccio per andare a controllare, ma vengo fermato dalla voce di mio padre.

«Lascialo stare.
Parla sempre da solo, non preoccuparti»

Fa spallucce, per poi tornare a guardare i fogli.

«Non solo parla, ma urla pure.
Fortunatamente abbiamo fatto insonorizzare tutto prima di portare Alexa qui, altrimenti l'avrebbe già visto»

Mio padre sbuffa pesantemente, andando a posare i documenti su uno scaffale.

«Lo vedi?
Devi stare tranquillo»

«Questo lo dite voi padre, ma c'è comunque il rischio che succeda, quindi vedi dove mandarlo perché qui non lo voglio»

Lo sento sospirare, per poi volgere lo sguardo su di me.

«Axel, sai bene che non si può.
Tua madre è ferrea e non vuole sentire ragioni riguardo al suo trasferimento»

Un altro urlo riecheggia fra le pareti, accompagnato poi da una risata maligna.

«Non me ne fotte un cazzo di quel che pensa mia madre.
Lui da qui se ne deve andare!»

Sbotto arrabbiato, battendo un pugno sul tavolo.

Subito si alza in piedi, facendo cadere la sedia.

«Non ti permettere di alzare la voce con me, altrimenti...!»

Non gli faccio terminare la frase, sovrastando la sua voce con la mia.

«Altrimenti cosa, eh?!
Questa casa e tutto il resto ormai mi appartengono da ben due anni e se dico che lui se ne deve andare»

Mi volto e lo indico con un dito.

«Se ne deve andare!»

Dico con tono autoritario, alzando di poco la voce.

«Ma sono pur sempre tuo padre e l'uomo a dettar legge in questa casa!»

«No, ti sbagli!
Qui a dettar legge sono io e lo sai benissimo.
Non sei tu a dire sempre che a dettar legge è il proprietario?
Ebbene, di chi è questa casa?
E' la mia e sono io a decidere chi rimare e chi se ne va!»

Parlo alzando ancora di più la voce.

«Ma sei così egoista da non pensare al dolore che proverebbe tua madre?
Non ti ricordi quanto ha sofferto?»

Chiede con tono di rimprovero.

«E non ricordi cosa ha fatto, quel mostro che consideri ancora è tuo figlio, alla nostra famiglia?!
Non ricordi cosa ha fatto alla mia ragazza?!
Di come l'ha torturata o distrutta?!»

Gli domando accecato dalla rabbia.

«So che quel che ha fatto non merita perdono, ma è pur sempre una persona e soprattutto tuo fratello»

«No!»

Urlo battendo una mano sul tavolo, facendolo sobbalzare.

«Lui non è mio fratello, non più!
In questo momento preferirei vederlo morto!
Lui doveva fare la stessa fine che hanno fatto i suoi amici!
Morto sarebbe un problema in meno
per tutti!»

Sospira pesantemente e si passa le mani sul volto esausto.

«Non dire così figliolo.
Lui...»

Non riesce a finire la frase che viene interrotto dalla risata di quel pazzo.

«Adesso basta!»

Urlo battendo i pugni sul tavolo.

Esco di corsa dalla camera seguito da mio padre, fermandomi davanti alla sua cella.

«Che cazzo hai da ridere?
Finiscila una buona volta!»

Urlo al colmo della pazienza, senza ricevere alcuna risposta.

Resta di spalle dondolando su sé stesso, mormorando parole incomprensibili.

«Guardami quando ti parlo, razza di bertuccia!»

Urlo aggrappandomi alle sbarre.

Mio padre mi posa una mano sulla spalla cercando di calmarmi, ma lo rifiuto scansandolo in malo modo.

Si volta lentamente, guardandomi con il solito ghigno.

«Ciao fratello caro.
Come stai?»

Chiede in tono sarcastico, guardandomi con occhi da pazzo.

Si alza malamente da terra ed a passi lenti si avvicina alle sbarre.

«Alexa si è fatta ancora più scopabile, sai?
Penso che per tutte le volte ché stata fottuta, adesso la sua figa sarà grande come il grand canyon»

Stringo le mani in un pugno e faccio per aprire la cella, ma vengo fermato da mio padre.

«Con quei jeans azzurri il suo culo è ancora più bello e quella maglia nera che le aderisce sul seno è fantastica.
E quelle sue trecce la rendono ancora più bambina»

Dice con tono malizioso, scoppiando a ridere come un pazzo.

Spalanco gli occhi sorpreso e agitato allo stesso tempo non appena sento le sue parole.

M'irrigidisco all'istante, guardandolo intensamente e cercando di capire se stia dicendo il vero o meno.

«Cosa c'è figliolo?»

Chiede con tono confuso e curioso allo stesso tempo, notando il mio comportamento.

«Questi sono i vestiti e l'acconciatura che Alexa porta oggi»

Dico con faccia sconvolta, guardandolo dritto negli occhi.

Scuoto il capo vigorosamente cercando di riprendermi, con il cuore che batte forte nel petto.

«Cosa stai blaterando?»

Chiedo cercando di mantenere un tono di voce calmo e fermo.

«Lei è venuta qui.
Abbiamo parlato di tante cose e poi, la cosa più bella, è che l'ho convinta a suicidarsi»

Dice con tono divertito e soddisfatto, restando a pochi passi da me.

A quelle parole il mio cuore perde un battito, mentre guardo mio padre preoccupato.

«Tic toc, tic toc.
Ti consiglio di sbrigarti se vuoi trovarla ancora viva»

Un moto di rabbia si fa largo nel mio corpo, facendomi perdere il senno completamente.

Lo prendo per il colletto della maglia e lo tiro con forza verso di me, facendogli sbattere violentamente la fronte contro le sbarre.

«Axel fermati!»

Subito mio padre cerca di fermarmi, provando a farmi mollare la presa.

«Se quel che sta dicendo è vero non abbiamo molto tempo da perdere!»

Mi sussurra all'orecchio, posando una mano sulla mia spalla.

Emetto un basso ringhio e lo spingo indietro, facendolo cadere a terra privo di sensi e con la fronte sanguinante.

«Dì a tutti i nostri uomini di cercarla per tutta la casa e in città.
Io vedo se si trova al molo o al parco.
Non appena qualcuno sa qualcosa voglio essere informato immediatamente»

Dico rivolgendomi a mio padre, il quale annuisce.

Volgo un' ultimo sguardo a Samuele e gli sputo addosso, per poi uscire dalla stanza.

*

Ho il fiatone a causa delle corse fatte fino ad adesso.

L'ho cercata nei dintorni come un pazzo e adesso sto correndo verso il molo.

Nessuno ancora mi ha fatto sapere qualcosa e spero di trovarla viva e vegeta.

Arrivo lì nel giro di qualche minuto, camminando sul ponte del molo.

Guardo l'infinità dell'acqua e qualcosa di piccolo attira la mia attenzione.

Una piccola mano va a farsi sempre più evidente.

Mi avvicino ancora di più e noto un corpo salire a galla.

Subito riconosco ché la mia piccola.

Non perdo tempo e mi butto in acqua, nuotando verso di lei.

L'afferro per il braccio, avvicinandola a me e facendo scontrare i nostri corpi.

La porto in superficie e nuoto verso il molo in legno.

Con delicatezza l'appoggio sul molo e poi salgo io, ponendomi a cavalcioni su di lei.

«Resisti amore, resisti!»

Mormoro con tono supplicante, accarezzandole il volto.

Le scosto i capelli dal viso e le tappo il naso con due dita, facendo combaciare le nostre labbra ed iniziando a pomparla nei suoi polmoni.

«Dai piccola, ti prego»

Ripeto l'azione per la seconda volta, sperando con tutto il cuore che si riprenda.

Nella mia vita non mi sono mai ritrovato in una situazione del genere.

Non mi sono mai trovato a cercare di salvare la vita di una persona, anzi, ho sempre fatto il contrario.

Me ne sono sempre infischiato: lo facevo e basta, senza pensare alle conseguenze che avrebbero avuto sugli altri, ma con lei è diverso.

Lei è troppo importante per me e... non sono pronto a lasciarla morire per colpa di alcune parole bugiarde uscite dalla bocca di un pazzo.

«Avanti amore, forza»

Ripeto lo stesso gesto per la terza volta e finalmente riesco nel mio intento.

Un fremito poco accennato e un violento spasmo da parte sua mi fanno sorridere come un'ebete.

Immediatamente la pongo a sedere e inizia a tossire in modo convulsivo, espellendo l'acqua ingerita.

La prendo fra le mie braccia e la tengo stretta a me, mentre trema senza sosta.

«Brava tesoro.
Tranquilla, è tutto finito»

Le bacio i capelli e mi alzo con lei fra le braccia.

Trema dal freddo e ha il respiro corto.

«E' finito amore.
Torniamo a casa»

Posa la testa sul mio petto esausta e con lei fra le braccia torno a casa.

The king's girl 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora