4 Capitolo

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Nasconde il viso sul mio petto, sfogando il suo pianto.

Sento le sue lacrime bagnarmi la maglia, mentre la tengo stretta a me.

Le accarezzo la schiena, le lascio i baci fra i capelli, le accarezzo il viso cercando di calmarla, ma a nulla serve.

E' spaventata, ha paura, trema violentemente fra le mie braccia e come biasimarla?

Indotta al suicidio dal suo stesso rapitore e violatore.

«Calmati amore.
Sei con me, stai tranquilla»

Mormoro al suo orecchio, baciandole la guancia.

Tira su con il naso e singhiozza rumorosamente.

«Ho p- paura»

Confessa con voce rotta dal pianto.

«Di cosa hai paura piccola?
Sai che non devi averne con me»

La rassicuro stringendola a me.

«Ho paura di farti del male e io non voglio questo»

Mormora staccandosi dal mio petto, alzandosi in piedi per la stanza.

«Ma di cosa stai parlando?»

Chiedo con tono confuso, cercando di avvicinarmi a lei, ma subito indietreggia di qualche passo.

«Non avvicinarti, ti prego»

Mormora con tono di supplica.

«Ma tesoro...»

Faccio per avvicinarmi, ma indietreggia fino a toccare la parete.

«Non avvicinarti!
Non voglio ucciderti come ho fatto con Cody!»

Urla spaventata, con gli occhi colmi di lacrime.

Cade a terra con le ginocchia, chiudendosi in se stessa.

«Che assurdità stai dicendo?»

Chiedo con tono confuso.

«I-io ho ucciso Cody s-senza rendermene c-conto.
L-l ‘ho u-ucciso»

Mormora con tono scioccato, mentre alcune lacrime gli solcano le guance.

«No amore, no.
Ascoltami, tu non...»

Cerco di avvicinarmi ancora una volta a lei, ma un suo urlo spaventato mi fa tornare sui miei passi.

«Non avvicinarti ho detto!
Io l'ho ucciso cazzo!
Mi sento il suo sangue sulle mani e l- li sotto ho visto il suo corpo a terra.
L'ho ucciso senza alcun motivo, quando lui invece mi ha sempre difeso o almeno ci ha provato.
Sono una schifosa assassina che non merita di vivere su questo mondo, ma di andare all'inferno!
Io... io... potrei ucciderti senza motivo e non voglio questo.
Ho p- paura che succeda e tu... non lo meriti.
Per questo voglio togliermi la vita, perché se non mi uccido potrei uccidere qualcuno di voi.
Samuele mi ha detto la verità e ha ragione.
Io devo morire»

Dice tutt'ad un fiato, scoppiando poi in un pianto isterico disperato.

Rimango allibito a sentire le parole che quello schifo di persona gli ha infilato nel cervello.

Quel pazzo squilibrato è riuscito a dominare la sua mente, facendole credere di essere la responsabile dell'omicidio di Cody e in più l'ha spinta deliberatamente al suicidio.

Una rabbia incontrollata si fa spazio nel mio corpo, facendomi tirare un pugno contro la parete.

Non posso credere al potere che Samuele ha su Alexa e cosa ancor peggiore in questo campo mi ritrovo con le mani legate.

E' così frustante non poter far nulla, tanto da farmi tirare un altro pugno sulla parete.

Un urlo spaventato attira la mia attenzione, risvegliandomi dai miei pensieri.

Mi volto di scatto e trovo la mia piccola guardarmi terrorizzata attraverso le lacrime.

Mi guardo le mani e noto le nocche piene di sangue.

Devo darmi una calmata o rischio di spaventarla ancora di più.

Prendo un bel respiro profondo e a passi lenti mi avvicino a lei.

Si schiaccia ancora di più nell'angolo e scuote il capo vigorosamente, mormorando con un fil di voce ripetuti no.

Mi abbasso alla sua altezza e prendo le sue mani tremolanti fra le mie.

<<Amore, devi calmarti, okay?
Non è vero che hai ucciso Cody, non sei stata tu e soprattutto non sei un'assassina.
Samuele ti ha detto solo delle sciocchezze per farci del male.
Non devi ascoltarlo, perché quel che ti ha detto non è affatto vero.
Adesso, calmati, calmati, altrimenti rischi di sentirti male così>>

Cerco di accarezzarle il volto, ma mi spintona e si alza in piedi, ma le sue gambe non la sorreggono e cade a terra.

Provo ancora ad avvicinarmi a lei, stavolta con più cautela, e non si rifiuta.

Posa la testa sul mio petto e le bacio la fronte per tranquillizzarla.

Non appena le mie labbra entrano in contatto con la sua pelle mi rendo conto di quanto scotta.

«M- mi fa male la testa»

Mormora tirando su con il naso.

«E' normale amore, hai la febbre»

Mi alzo da terra con lei fra le braccia e la poso delicatamente sul letto, stendendomi accanto a lei.

L'attiro contro il mio petto e la circondo con le mie braccia.

«Cerca di riposare amore.
Ne hai tanto bisogno»

Le dico dolcemente, accarezzandole il volto.

Sotto le mie carezze la vedo addormentarsi lentamente, come una vera e propria bimba.

**

Prendo la libreria e la scaravento a terra, dando sfogo alla mia rabbia.

«Axel cerca di calmarti»

Non l'ascolto e vado verso la cattedra, ribaltando anche quella.

«Di questo passo farai a pezzi l'intero
ufficio!»

Sbraita su tutte le furie, tirandosi i capelli dalla rabbia.

«Allora lasciami andare ad uccidere quel mostro!
Voglio ucciderlo con le mie mani!»

Urlo con il fiatone, guardandolo con occhi traboccanti di rabbia.

«Se fossi arrivato solo qualche secondo più tardi, a quest'ora Alexa sarebbe morta.
E sai per colpa di chi?
Di quel mostro rinchiuso là sotto che reputi ancora tuo figlio!»

Prendo la sedia e la scaravento contro la parete.

«Cerca di capirmi, io...»

Prova a dire, ma sovrasto la sua voce con la mia.

«Capirti?
Io dovrei cercare di capire te?!
Stai dicendo sul serio papà?!
Qui l'unico che deve capire sei tu, non io razza di scemo!
Quel mostro le ha fatto credere di essere responsabile dell'omicidio di Cody quando lei non ha la minima colpa, ma a te non frega un cazzo!
Lui, con le sue persuasioni, ha dominato la sua mente e l'ha spinta a suicidarsi, facendole credere di non avere merito di vita su questo mondo, ma a te non frega un cazzo!
Dopo tutto quello che ha fatto insistete ancora nel tenerlo qui!»

«Tua madre non...»

«Non me ne fotte un cazzo!
Se ne deve andare!»

Urlo non facendogli terminare la frase.

«Non credi che sia meglio allontanare Alexa.
Forse cambiare aria le farebbe bene e si risolverebbero tutti i problemi»

Cerca di convincermi, ma riesce solo a farmi innervosire ancora di più.

«No, non se ne parla proprio.
Qui il problema non è Alexa, ma Samuele.
Non caccerò di casa la mia ragazza per un verme senza valore.
Scordatelo proprio perché questo non accadrà mai»

«Non ho detto questo.
Sto solo dicendo che...»

«Non me ne fotte!
In questa casa comando io adesso e se io decido che lui se ne va, allora lo farà.
Il discorso si chiude qui»

Dico con tono determinato, incamminando verso la porta.

«No, non finisce qui.
Non capisci che tua madre ne risentirebbe?!»

Alzo gli occhi al cielo e mi volto verso di lui.

«E tu non capisci che...»

Faccio per finire di parlare, ma a distrarmi è la porta che si apre lentamente.

Si apre di poco e mi tranquillizzo non appena vedo la testolina della mia piccola sbucare da lì.

«Amore»

Apre ancora di poco la porta e a passi incerti si avvicina a me.

Posa delicatamente la testa sul mio petto e sbadiglia dal sonno.

«Che succede?
Perché stavi urlando?»

Chiede con tono confuso, stropicciandosi gli occhi.

«Scusa piccola, non volevo svegliarti, ma stavamo parlando...»

«Stavate discutendo sul fatto di allontanare Samuele da questa casa,  vero?»

Chiede terminando la frase al posto mio.

«Se qui c'è qualcuno che deve andarsene
sono io.
Non sono nessuno per cacciare di casa suo figlio signor Ivan»

Dice rivolta a mio padre, il quale sorride leggermente e fa per avvicinarsi ad Alexa, ma lei arretra di scatto, facendolo tornare sui suoi passi.

«No Alexa, non preoccuparti...»

«Esatto amore, perché se qui c'è qualcuno che deve andarsene è... quello, non tu amore»

Le dico accarezzandole i capelli dolcemente, con fare amorevole,

«Ma...»

Cerca di contraddirmi, ma la zittisco con un bacio sulle labbra.

«Niente ma piccolina.
E' per la tua sicurezza tesoro e su questo non si discute»

«Ma io non voglio che discuti con tuo padre a causa mia»

Mormora guardandomi negli occhi, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«Non sei tu la causa del nostro litigio, ma ben si quel mostro.
Non sentirti richiamata in questo campo, mai, è chiaro?»

Le chiedo guardandola negli  occhi, vedendola annuire.

Mio padre fa per parlare, ma viene interrotto da un bussare alla porta.

«Avanti»

Ordino con tono autoritario, volgendo lo sguardo verso la porta.

Si apre e ne entra la domestica.

«Signori, ci sono delle visite per voi.
La signora Sabina chiede di essere ricevuta»

Comunica a testa bassa, attendendo una risposta.

«Fatela accomodare nel soggiorno principale.
Saremo lì fra qualche minuto»

Le comunica mio padre e lei annuisce, uscendo poi dalla stanza.

«Padre voi andate, io vi raggiungo dopo.
Voglio prima accompagnare Alexa nelle sue stanze per riposare»

Mio padre acconsente con un cenno del capo e inizia ad incamminarsi.

Prendo la sua piccola manina e faccio per uscire dalla stanza, ma a fermarmi è la sua voce.

«No!
Voglio venire anch'io!»

Dice tirandomi per un braccio, con sguardo supplichevole.

«Amore non so... dovresti riposare.
Hai ancora la febbre alta»

«Per favore»

Mormora facendomi gli occhi dolci.

Sospiro e alzo gli occhi al cielo divertito.

«Va bene»

Sorride coma una bambina e mi bacia felice.

**

Scendiamo le scale lentamente, diretti al piano inferiore.

«Sei ansiosa?»

Mi chiede Axel con tono curioso, mentre scendiamo le scale.

«Un po'.
E' da quando sono tornata che non la vedo»

Arriviamo sul pianerottolo e stringo la sua mano per l'emozione.

Sorpasso lo stipite della porta e la vedo lì, sul divano, intenta a guardarsi intorno.

«Zia»

La chiamo, facendola voltare verso di me.

I miei occhi colmi di lacrime si scontrano con i suoi sorpresi.

Le lacrime ci mettono poco a raggiungere anche i suoi.

Questioni di secondi e si alza al divano, correndo verso di me.

Compio qualche piccolo passo verso di lei e le sue braccia mi stringono forte.

Ci stringiamo in un abbraccio disperato, mentre continuiamo a piangere dall'emozione.

«Bambina mia, bambina mia...»

Mormora stringendomi fra le sue braccia.

Mi scosta leggermente e mi accarezza i capelli, scrutando intensamente il mio volto.

«Stai bene bambina mia?»

Chiede con tono preoccupato, accarezzandomi i capelli.

Tiro su con il naso e annuisco, incapace di parlare.

Un dolore lancinante alla testa e un forte capogiro mi fanno chiudere gli occhi di scatto.

Le forze mi abbandonano all'istante e cado a terra.

«Alexa!»

Due braccia possenti mi afferrano al volo e mi posano sul divano.

«Tesoro cos'hai?»

Chiede mia zia con tono preoccupato.

Faccio dei respiri profondi per cercare di riprendermi.

Provo ad aprire gli occhi, ma la testa gira vorticosamente.

«Ha la febbre, per questo non si regge in piedi»

Risponde Axel, accarezzandomi la fronte.

«Sto bene»

Mormoro sospirando.

Provo a mettermi seduta, ma ricado all'indietro.

«Resta distesa amore.
Hai bisogno di riposarti»

Si siede sul divano accanto a me e mi prende fra le sue braccia, lasciandomi un bacio sulla fronte.

«Ma sto bene.
E' stato solo un mancamento»

Gli dico con tono dolce, accarezzandogli il volto.

«Non capisco come tu possa aver preso la febbre.
Non sei una ragazza che si ammala facilmente»

Dice mia zia con tono sospettoso, sedendosi sul divano di fronte a noi.

«Sabina non sa nulla?»

Chiede Axel rivolto al padre, riferendosi all'accaduto recente.

«No figliolo.
Dato che sapevo del suo ritorno, ho preferito non dirle nulla e attenderla, per parlarne di persona»

«Dirmi cosa?»

Chiede mia zia con tono confuso, guardando intensamente i due.

Ivan sospira pesantemente e si volta verso di lei.

«Sabina, quello che sto per dirti è una cosa delicata, ma ti dico già che si è risolta nei migliori dei modi»

Annuisce poco certa, incitandolo a continuare.

«Alexa ha... Samuele ha spinto Alexa al suicidio.
Per un nostro disguido Alexa è scesa nei sotterranei dove lo teniamo rinchiuso e li ha avuto un violento attacco di panico.
Lui ha colto la palla al balzo e in qualche modo ha dominato la sua mente, convincendola a togliersi la vita.
Axel è arrivato in tempo ed è riuscito ad rianimarla»

Mia zia ascolta attentamente, per poi guardarmi pietrificata.

Una lacrima riga il mio volto, mentre poso la testa sul petto di Axel.

«Non posso crederci»

Mormora con tono sconcertato, alzandosi in piedi.

Va verso la finestra e si porta una mano alla bocca, cercando di placare i singhiozzi del suo pianto.

Ivan si alza in piedi e va alle sue spalle.

«Sabina...»

Fa per posare una mano sulla sua spalla, ma lei lo scansa in malo modo.

«Lasciami!
Non toccarmi!»

Urla con il volto in preda alle lacrime.

Cade in ginocchio con la testa fra le mani.

«Quel ragazzo è come suo padre!»

Urla portandosi le mani fra i capelli.

Sento Axel irrigidirsi all'istante e involontariamente alzo lo sguardo, incrociando i suoi occhi.

«Tu sai chi è il padre di... quello?»

Chiede con tono confuso, rivolgendosi a Sabina.

«Axel non adesso!»

L'ammonisce il padre, con tono nervoso.

«C- cosa ho s- sbagliato con... lui?!
C- che cosa?!»

Urla con voce rotta dal pianto, singhiozzando sommessamente.

Ivan si passa una mano fra i capelli esasperato, abbassandosi poi alla sua altezza.

«Sabina cerca di calmarti.
Qui ci sono i ragazzi»

Tira su con il naso e con l'aiuto di Ivan si alza in piedi.

«E' momento che sappiano la verità.
Abbiamo atteso anche troppo»

Mormora mia zia, guardandolo dritto negli occhi.

«Sabina, non credo che questo sia il momento adatto.
Alexa ancora non si è ristabilita del tutto e poi, non pensi a come potrebbero prenderla i ragazzi?
Siamo in una situazione delicata e non credo che...»

Le sussurra a voce bassa, ma facendosi comunque sentire da noi.

«Sapere cosa?»

Chiedo con tono confuso, attirando l'attenzione dei due.

Per un momento mia zia mi guarda negli occhi, ma subito abbassa lo sguardo.

Mi alzo malamente in piedi e compio alcuni passi verso di lei.

Mia zia fa per parlare, ma viene fermato da Ivan.

«Sabina non...»

Fa per finire di parlare, ma stavolta viene interrotto da Axel.

«Stai zitto e lasciala parlare.
Se c'è una verità nascosta su quel mostro è giusto che veniamo a saperla, quindi non rimandare l'impossibile e lascia parlare Sabina»

Ordina con tono autoritario, guardandolo in malo modo.

Ivan sbuffa innervosito e si siede sul divano, passandosi una mano fra i capelli nervoso.

Mia zia tira su con il naso e con un gesto della mano invita a sedermi sul divano.

Torno sul divano e mi accoccolo fra le braccia di Axel, mentre lei torna a sederti sul divano di fronte a me.

«Quello che sto per dirti... non so come lo prenderai, ma come ha detto Axel e come lo ritengo io è giusto che la verità venga finalmente svelata»

Annuisco certa, incitandola a continuare con un cenno del capo.

«Samuele è mio figlio»

A quelle parole il mio cuore ha un sussulto e m'irrigidisco all'istante.

E' come se la mia vita abbia smesso di proseguire il sui giro e si fosse del tutto arrestata, facendomi sentire fuori dal mondo.

«Che cosa?»

Chiedo con un filo di voce, con i battiti del cuore che sembrano essersi fermati.

«Si Alexa, Samuele è mio figlio.
Io sono sua madre e suo padre è tuo zio Andrew.
E il suo vero nome non è Samuele, ma Christopher»

The king's girl 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora