Il nodo alla cravatta

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Mi sono presentata a questa festa vestita da uomo. Completo nero, camicia bianca inamidata. Sì, la giacca è un po' più corta e stretta, ho le scarpe col tacco, e la cravatta è slacciata, solo appoggiata intorno al collo, ma è un look che concede poco ai canoni della femminilità classica.

Ci sono donne troppo belle, in abiti da sera stupendi, non potrei proprio competere. In generale è una di quelle feste che sono riuscite bene, in una casa grande ma non volgare, con le luci soffuse e dorate, la musica bassa e tenera, le chiacchiere e le risate appena accennate.

C'è un uomo che ho visto entrando e che incontro di nuovo ora, mentre ci prendiamo una flute di champagne nello stesso momento. Non saprei dargli un'età precisa, ha gli occhi azzurri curiosi di un bambino, i capelli folti ma bianchi sulle tempie, il vestito serio di suo padre ma il fisico asciutto di suo figlio.

In questo periodo storico di confusione in cui i ragazzini si mostrano più grandi per farsi prendere sul serio e gli adulti non vogliono invecchiare mai una non può mai essere sicura di nulla, e sapete, lo trovo interessante, risveglia la curiosità.

"Ti invidio la camicia" Mi fa "Non credo di averne mai viste di così belle"

"Grazie, l'ho pensato anche io quando l'ho comprata, lo prendo come un complimento"

"Posso vedere meglio la cravatta?" Mi chiede sorridendo.

"Sì certo" Non posso certo esimermi ora.

Lentamente lui appoggia la flute sul marmo del caminetto e mi sfila la cravatta con due dita affusolate. Ha un buon profumo, fresco, agrumato.

Rigira la seta tra le dita, la stende porgendola alla luce, la sfiora con i polpastrelli, sospirando.

"Questa sì che è roba di classe, dove l'hai presa?"

Sorrido, sorseggiando lo champagne.

"Non posso dirtelo, mi spiace, è un segreto."

Lui accenna una smorfia di dolore.

"Ah, beh, peccato, e peccato anche che non la porti annodata"

"Sai che non ho mai imparato a farlo, il nodo alla cravatta?" Gli rispondo.

I suoi occhi azzurri si fanno più stretti, e il sorriso più beffardo.

"Se vuoi te lo faccio io" mi dice, tendendo la cravatta tra le mani.

"Perchè no?" rispondo, e intanto mi sporgo in avanti per appoggiare anche io il bicchiere, il mio collo è a pochi millimetri dalla sua faccia, e lo faccio apposta perché voglio che senta anche lui il mio profumo.

Fa un altro passo e ora siamo pericolosamente vicini, noto che è decisamente più alto di me, e deve chinarsi un po' per tenere l'attenzione sul mio colletto. Inizia a farmi il nodo e poi si blocca, improvvisamente.

"Che c'è?" gli chiedo.

"Pensavo, non va bene così, tu non vedi cosa sto facendo, e non imparerai mai così. Ci vuole uno specchio"

"Già" rispondo, guardandolo fisso negli occhi "Hai perfettamente ragione".

Saliamo la scala per il primo piano senza dire una parola, il silenzio rotto solo dai miei tacchi sulla scala, scandiscono i secondi come il ticchettare di un orologio.

C'è una camera chiusa in fondo al corridoio, mobili di legno scuro, il copriletto rosso fuoco, e uno specchio da terra antico che occupa tutto l'angolo vicino alla finestra.

Nell'immagine riflessa mi vedo nervosa come una ragazzina, e vedo lui che si avvicina alle mie spalle, mi passa la cravatta intorno al collo e ricomincia a fare il nodo, lentamente, con gesti solenni.

Si china a sussussurarmi le istruzioni in un orecchio, e sento di nuovo il suo profumo, più intenso. La seta fruscia tra le sue dita e quando finalmente il nodo si chiude sotto la mia gola ho come un sussulto e mi scappa un gemito piccolissimo.

Lui non si muove.

"Grazie" gli dico a bassa voce.

"Vedi, ti sta benissimo, avevo ragione"

"Ora perché non me la togli invece?"

Le sue dita ritornano sul mio collo e iniziano a sciogliere lentamente la stoffa, mentre con la bocca mi bacia il collo e il lobo dell'orecchio.

Chiamami LolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora