Sfogare la frustrazione

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Sono ancora un po' scioccata e su di giri dalla scena di pochi minuti fa, non mi era mai capitato di spiare una coppia in intimità, sensazioni opposte si rincorrono nella mia mente. Cerco di calmarmi all'aperitivo, la musica, il rumore, qualsiasi cosa per distrarmi. Le risate delle amiche mi rallegrano, ma arrivo sulle battute sempre con mezzo secondo di ritardo. Ho qualcosa che non va, mi chiedono. Ovviamente no, rispondo.


il drink mi rilassa, ma rinforza la sensazione di calore. Controllo i like alla foto che ho postato, civetto nei commenti come una ragazzina. Una serie di saluti, abbracci e baci mi riscuotono. C'è un gruppo di colleghi della mia amica Cristiana. Gente della finanza, noiosa all'apparenza. Lui l'ho conosciuto una volta, amico di amici, presentato una volta da qualcuno che neanche ricordo. Moro, belloccio, giovanile, elegante, ma con qualcosa che non quadra nell'insieme. La faccia da bambino con le rughe da adulto. L'orologio di lusso, il sorriso accennato, gli occhi nervosi.


La sua è una maschera da cumenda, nasconde insicurezza. Mi sta facendo il filo raccontandomi di quanto ha lavorato e di quanto stressante è stata la sua giornata, ma basta uno sguardo alla camicia ancora perfettamente stirata per capire che sta mentendo. Il nodo alla cravatta non è stato allentato neanche un po'. Tutto quello che ha fatto durante la giornata è stato programmare questo aperitivo. Sicuramente però nel frattempo si sarà arricchito più di tutti qui dentro. Che ingiustizia la vita a volte.


Sorrido cortese, ma lascio morire la conversazione. Lui fa finta di niente, si mette a parlare con qualcun altro, io ne approfitto per ritornare nel mondo social, ma commetto l'errore di non coprire lo schermo. Lo sento commentare con un fischio sommesso. Mi sta sbirciando da sopra la spalla, e non si è perso la foto dei miei tacchi. Che sono gli stessi che ho su in questo momento, ma la posa è diversa, e il contesto della foto fa di più.


Ora mi dà le spalle, e tutto il tavolo sta parlando di vacanze, sempre i soliti piani, sempre le solite idee ogni anno, persone ricche con la casa sulla spiaggia da qualche parte hanno perso il ricordo di andare in giro zingari con solo uno zaino in spalla. Mi metto anche io nel gruppo, la vita comoda ha cambiato anche me. E mentre le parole scorrono banali lui, in segreto, mi commenta via web. Giovanni si chiama. Chi se lo sarebbe mai ricordato senza la tecnologia.

"complimenti per l'eleganza, bei tacchi."

"ti piacciono?"

"molto. io non mi intendo di moda donna, ma mi piacciono davvero molto. di chi sono?"

"Ferragamo."


"Bellissimi. Ma sembrano un po' fragili. Non hai paura che si rovinino?"


"Fa parte della vita. Se una cosa mi piace, la metto, e pazienza."


"Già. Poi se si sporcano beh. Io li pulirei con la lingua, volentieri"


"Anche la suola?"


"Ovvio"


"Non seguirmi subito"


Mi alzo, chiedo scusa, devo andare un attimo in bagno, e mi allontano in fretta, schiena dritta, passi lunghi, tacchi che risuonano sul pavimento.Allo specchio triste del bagno delle donne guardo il mio viso riflesso, le labbra umide, le gote arrossate, le narici leggermente dilatate. Questa eccitazione non è merito suo, non darò soddisfazione a questo stronzetto, arrivare all'ultimo e prendersi tutto il merito.

La porta si apre e Giovanni sguscia dentro con fare circospetto, guardandosi intorno. Appena è sicuro che siamo soli si avventa su di me, mi cinge i fianchi da dietro e inizia a strusciarsi. Le sue mani avide esplorano il mio corpo, la sua bocca è sul mio collo, e il suo membro eretto si fa sentire nonostante gli strati di stoffa.

"Non ti stai dimenticando qualcosa?" gli dico, staccandomi a fatica. Lo vedo dubbioso nello specchio, incrocia il riflesso del mio sguardo deciso, fa un paio di passi indietro.Mi volto, allungo leggermente la gamba davanti a me, faccio ondeggiare il piede. Lui sembra nervoso.


"Ma sono pulite.""Non più. Il pavimento del bagno fa davvero schifo. Guarda come è sporco."

Sporco. Enuncio la parola sillabando, con la voce che si affievolisce in un sussurro, schioccando le labbra esageratamente sulla c. La mia lingua fa capolino tra i denti e Giovanni si inginocchia.

"Vedi quelle borchiette sul cinturino? Succhiale bene, a una a una."

Annuisce, e si inchina il più possibile, nello spazio angusto del bagnetto, per portare la faccia sul mio piede.

Apre la bocca e io, improvvisamente, gli tiro un calcio in faccia. Non forte, ma improvviso. Uno schiaffo. Lo sento trasalire, lanciare un urlo di sorpresa. Lo colpisco ancora e allora si gira, cercando di coprirsi il volto con le mani.

"Pensavi di scoparmi, e invece ti sei sbagliato, capisci?"

Giovanni annuisce, piagnucolando.

"Dimmelo!"


"Sì, ho sbagliato. Ti prego..."


"Ora apri la bocca, e inghiotti il tacco fino in gola, da bravo."

Resto lì, a pompargli il tacco a spillo in gola finché non sento bussare alla porta del bagno. Poi gli passo sopra, camminando sulla camicia stirata e me ne torno al mio aperitivo.

Chiamami LolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora