Capitolo 2

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Gli allenamenti terminarono qualche ora più tardi. Il sole aveva già smesso di brillare dietro alle finestre, segno inequivocabile che era scesa la sera.

Orochimaru aveva lasciato soli i due ragazzi, i quali si trovavano ad appena qualche metro di distanza, con gli occhi incastonati in un gioco di forza. Sasuke Uchiha non osava muoversi di un solo millimetro. Lasciarsi sconfiggere da una novellina pseudo-sconosciuta non era contemplato.

«L'ho imparata prima di te.» osservò Sayaka reinserendo nel fodero la spada a doppia lama con cui era solita allenarsi.

«Puoi essere veloce quanto vuoi, ma se non sei potente non ottieni nulla.» rispose l'Uchiha con un ghigno beffardo.

«Sei soltanto invidioso.» mormorò Sayaka spedendogli un bacio con la mano.

Sasuke sgranò gli occhi e poi si voltò a darle le spalle. Stava perdendo fin troppo tempo con quella sciocca di una ragazzina.

«Scappare non ti aiuterà a raggiungermi, Uchiha.»

L'altro si fermò. «Non sto scappando.»

«Ma davvero? Non stai scappando? E allora cosa staresti facendo?»

La voce della ragazza traballò per un momento e Sasuke udì anche un colpo di tosse. Girò la testa verso di lei per controllare che fosse tutto a posto, ma la scena che vide lo perforò da parte a parte.

Sayaka era in ginocchio, le grandi ali piumate si stagliavano in tutta la loro maestosità verso il soffitto e gli occhi le brillavano di una nuova luce. Ma non furono quei dettagli a colpirlo. Dalla bocca della ragazza colava un rigagnolo di sangue fresco che sembrava non volersi arrestare.

«Che hai?» le domandò semplicemente.

Ancora senza fiato, Sayaka non riuscì a rispondere. Passò distrattamente il polsino sul viso e si asciugò. Si resse nuovamente in piedi e tossì ancora, non distogliendo mai lo sguardo da quello del suo rivale.

«Non vedi?» esclamò. «Il mio corpo rigetta se stesso. È per questo che io sono diversa da te, Uchiha.» concluse sparendo in una nube nera come l'oltretomba.

Sasuke rimase imbambolato per qualche istante, incapace di togliersi quelle immagini dalla testa.

Ora lo sapeva, sapeva perché Orochimaru si era dimostrato sempre così disponibile con lei. Lei stava morendo lentamente.

E stava morendo per mano sua.

Orochimaru rimase per qualche momento a guardare la porta che gli si stagliava davanti. Strinse le dita intorno alla maniglia ed entrò.

«Kabuto.» disse solamente.

L'altro rizzò il capo e si mise ad ascoltare.

«Non resisterà ancora per molto.» aggiunse.

«Si riferisce a Sayaka, maestro?»

«Già.»

«Beh, non è da sorprendersi. È già un miracolo che sia sopravvissuta così a lungo. Purtroppo, il suo corpo è troppo debole per contenere tutto il potere che ha voluto donarle.» mormorò il più giovane chiudendo il libro su cui era chino prima dell'arrivo dell'altro.

«Credevo che fosse un ibrido perfetto.» commentò Orochimaru.

«E lo è. Il problema sta nel suo sistema immunitario. Ha riconosciuto parte del genoma che le abbiamo inserito come estraneo e ha iniziato un processo di eliminazione che non possiamo fermare.» spiegò Kabuto raddrizzandosi gli occhiali.

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