Capitolo 5

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La trovò nella sua stanza. Era seduta sul letto, con le gambe strette al petto e le braccia intorno ad esse. Il capo era infilato tra le ginocchia e le ali le coprivano completamente la schiena pallida. Sembrava stesse piangendo.

Orochimaru si avvicinò di soppiatto, facendo attenzione a non compiere mosse azzardate. Non voleva spaventarla. Voleva solo vedere come stava.

«Maestro.» si levò la sua voce debole e roca. «Non riesco più a reggermi in piedi. Sono un disastro.»

L'uomo rimase paralizzato da quella semplice constatazione. Sayaka sembrava un fantasma, un essere debole ed evanescente destinato a svanire nel nulla. Le braccia erano più esili del solito, le dita lunghe e nodose parevano sul punto di spezzarsi. La sagoma spigolosa delle spalle lo fece rabbrividire. Da quanto non mangiava? Giorni? O la sua forma fisica era semplicemente una conseguenza dei processi di autodistruzione che stavano avvenendo nel suo corpo?

«Sai che se posso fare qualcosa per te...»

«È inutile. Lo so, l'ho capito, maestro. Non ho nemmeno più la forza di alzarmi. Il mio tempo sta finendo.»

Orochimaru si sedette al suo fianco e le strinse un braccio intorno alle spalle, guidato da un inspiegabile e inaspettato senso di affetto e pietà. Era la prima volta in tanti anni che si sentiva così legato a qualcuno.

«Purtroppo è il corso della vita, Saya-chan. Prima o poi tutti ce ne andiamo. Io stesso, forse, dovrò lasciare questo mondo, un giorno.»

La ragazza lasciò cadere le gambe e si girò verso il corvino. Gli gettò le braccia al collo e si mise a singhiozzare nel suo freddo abbraccio. Era tardi, era troppo tardi. Avrebbe voluto fare tante altre cose prima di andarsene, ma oramai il tempo era scaduto.

Orochimaru le accarezzò le piume cercando di darle conforto.

«Cosa posso fare per te?»

«La prego, resti qui, resti qui con me, maestro.» singhiozzò Sayaka aggrappandosi a quel corpo con tutta la forza che le rimaneva.

Orochimaru chiuse gli occhi e la ascoltò piangere. Non aveva mai pensato ai sentimenti delle vittime dei suoi esperimenti e ora che si ritrovava di fronte all'inevitabile fallimento non poté fare a meno di sentirsi colpevole.

Il giorno seguente Kabuto e Orochimaru sistemarono la ragazza a letto e le somministrarono ingenti dosi di antidolorifici e sostanze nutritive. Il più anziano dei due sperava con tutto se stesso di riuscire a bloccare il processo in atto, ma l'altro sapeva bene che era inutile aggrapparsi a una simile illusione. I dati parlavano chiaro. Era solo questione di minuti prima che la ragazza li lasciasse per la volta definitiva.

«Ho freddo...» mormorò Sayaka rigirandosi nervosamente tra le coperte.

Orochimaru sistemò come poté il piumino e la aiutò a posare la testa fra i cuscini. Non poteva fare nient'altro per lei. Il suo corpo era gelido come quello di un serpente e nemmeno i suoi preziosi animaletti avrebbero saputo scaldarla. Per un istante pensò di chiedere a Kabuto di portarle un tè, una brocca d'acqua calda, qualsiasi cosa, ma allo stesso tempo non voleva che Sayaka si agitasse ancora di più. Intervallò le sue dita a quelle della giovane e posò i suoi occhi sul suo viso stanco.

«Andrà tutto bene.» provò a calmarla.

«Io e Kabuto ti salveremo.» aggiunse.

Sayaka scosse la testa e tornò a piangere. La vista stava diventando sempre più debole. Faticava a distinguere le varie sagome. Respirare le sembrava difficile. Si sentiva come se i suoi polmoni si fossero riempiti di acqua e sabbia.

Si udirono dei colpi di nocche sulla porta.

«Maestro.» esclamò la voce di Sasuke. «Non possiamo perdere altro tempo con gli allenamenti. Sono passati tre giorni dall'ultima volta che ho avuto il piacere di battermi con lei.»

«Mi spiace, Sasuke, ma al momento ho da fare. Può venire Kabuto, se vuoi.» replicò l'altro con un tono freddo e calcolatore.

Kabuto si alzò in piedi e mostrò a Orochimaru una boccetta piena di liquido azzurrino.

«Se vede che il dolore aumenta, non esiti a somministrarle l'intera dose.» spiegò, dopodiché si avviò verso la porta e uscì.

«Che vuoi? Il maestro si sta occupando di Sayaka.» domandò all'Uchiha, il quale rispose con uno sguardo irritato.

«Anche tu la odi. Perché lo stai aiutando a salvarla?»

«Oh, Sasuke, quando capirai. Quella ragazza non posso proprio sopportarla, ma non potrei mai mancarle di rispetto. Orochimaru, in fondo, sembra avere un debole per lei. Di conseguenza il mio dovere è quello di aiutarlo a mantenerla in vita più tempo possibile.»

Sasuke incrociò le braccia. «Andiamo.»

«E comunque... Tieni a mente le mie parole. Domani mattina sarà già morta. Non ho dubbi.»

La nottata fu lunga e travagliata. Orochimaru stette accanto al letto a confortare Sayaka per tutto il dolore che stava provando, ma le sue parole erano vuote. La verità ormai incombeva sulle loro teste.

«Mi dispiace.» sussurrò la ragazza con un filo di voce. «Non sono stata abbastanza forte.»

«Lo sei stata, invece.» la rassicurò il corvino.

«Lo crede davvero? Non pensa che io sia soltanto... Un esperimento fallito?» chiese Sayaka con un tono freddo e piano.

«Sbagli a credere una cosa del genere. Sei stata una delle mie studentesse migliori.»

Sayaka gli sorrise stanca.

«Credo...»

«Non sforzarti.» la precedette l'uomo passandole una mano sulla fronte.

«Sono tanto stanca. E credo anche di sapere cosa significa.» aggiunse lei.

Orochimaru strinse i denti.

«Grazie. Grazie di tutto, maestro...»

«Riposa, bambina mia.»

Quando Sayaka chiuse gli occhi, il corvino si posò una mano sulle labbra e pensò alle parole che aveva appena pronunciato. L'aveva chiamata bambina mia, quasi si trattasse di una figlia. In fondo... Non era forse così?

Le sistemò i capelli neri in modo che le ricadessero ai lati del viso, si alzò in piedi e si inchinò. Si sentiva strano. Non aveva la forza di piangere, ma nemmeno la forza di sorridere. Era semplicemente vuoto.

Portò una mano al cuore e chiuse gli occhi.

«Mi dispiace, Saya-nee.»

Spazio autrice

Ehilà, sto progettando un nuovo tipo di storia (oltre a "Perle di rugiada", s'intende). Sarà una Sasusaku. Voglio chiarire che non sono una grandissima fan di questa ship ma mi è venuta un'idea meravigliosa.

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