T W O.

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-Stones, stia zitta e ascolti la lezione.- Mi ripeté per la centesima volta l'insegnante di chimica.

-Secondo lei se metto un po' di liquido rosso dentro a quello blu, che succede?-

-Stones non lo faccia!- Mi avvertì gridando, ma fu invano dato che appena ne versai qualche goccia, ci fu una piccola esplosione e la classe fu presto invasa dal fumo. Tutti i presenti, compresa me, cominciarono a tossire pesantemente.

-Stones, questa non la passi liscia. In sala punizioni, all'istante!- gridò furiosa, afferrandomi per il colletto del camice bianco e buttandomi fuori dalla sua classe.

Risi e tossii contemporaneamente a causa del fumo. Era tutto così bello, cacciarmi nei guai mi piaceva, adoravo vedere l'espressione dei miei insegnanti alla mia ribellione.

Mi tolsi il camice e gli occhiali datemi dall'insegnante di chimica per la lezione, e li buttai a terra.

-Salve signor Smith, come vanno le cose?- chiesi all'insegnante entrando in sala punizioni.

-Oh ciao Brooklyn! Tutto bene grazie, come mai ancora qui?- domandò togliendosi gli occhiali e spostando lo sguardo da Cime tempestose.

-Oh nulla di che, oggi ho solo fatto quasi esplodere l'aula di chimica.- annunciai con un sorriso vittorioso. Mi sedetti al mio solito posto: l'ultimo banco accanto alla finestra.

Diedi un'occhiata al giardino della scuola, l'autunno era ormai alle porte: l'aria era più fredda e la grande distesa di erba verde del giardino scolastico si stava man mano coprendo di foglie marroni e secche.

Un aeroplanino di carta volò sul mio banco, distogliendomi dai miei pensieri, lo afferrai e lo aprii.
Hey Brook. :)

Vi era scritto, lo stracciai. L'ultima cosa che volevo era farmi nuovi amici. Mi innervosii quando una pallina di carta mi colpì in testa.
Okay, non rispondermi, ma ci tenevo a dirti che sei carina. Ti andrebbe di uscire con me in questi giorni?

I muscoli del mio viso si contorsero leggendo quelle quattro righe. Ma chi diamine era?

Mi girai, intravedendo solo una ragazza dai capelli rosa rannicchiata sul banco, probabilmente stava dormendo.

-Stones, tutto bene? Sei così pallida.- Mi fece notare il signor Smith.

-Sì, sì. Solo potrei avere il permesso per il bagno?- domandai quasi in un sussurro.

-Uh, certo. Però fai presto.- rispose dandomi il pezzo di carta. Lo presi ed uscii dalla classe, camminai per qualche metro, poi quando fui certa che nessuno potesse sentirmi o vedermi, cominciai a correre. Scesi le scale a grandi falcate, arrivai al piano terra e spalancai la porta dell'istituto, uscendo. Corsi ancora, attraversando tutto il giardino, fino ad arrivare ad una grande quercia. Mi sedetti sulla sua estremità, poggiando la testa fra le mani, cominciando a piangere. Era un pianto liberatorio, dovevo far uscire l'energia negativa attraverso le lacrime e cercare di non pensare più all'incidente, accaduto più o meno un anno prima. Dovevo dimenticare o almeno provarci. Era invano, appena provavo a pensare ad altro, anche il più piccolo particolare mi faceva ricordare l'incidente e lì ero finita: non ragionavo più. Era tutto così complicato. A volte mi chiedevo cosa ne sarebbe stato della mia vita se tutto ciò non fosse mai accaduto. Probabilmente sarei stata ancora in Australia, con i miei genitori, con mio fratello Josh. E chissà, magari ci poteva essere ancora lui, con il suo sorriso ipnotico e il fascino che attirava ogni ragazza. E invece non è così. Vivo in un altro Paese, sono sola e depressa, lui non è qui, e mai ci sarà.

Alzai lo sguardo, stropicciandomi gli occhi con le dita, notando il trucco rigorosamente nero colato sui miei polpastrelli. Imprecai a bassa voce, come se potesse cambiare qualcosa. Poggiai la testa sul tronco dell'albero, scuotendo leggermente il capo. Era tutti così spastico.

Guardai l'ora sul display del mio cellulare, ero fuori da quasi un'ora. Mi tirai su da terra, pulendo i miei jeans dalle foglie secche. Stavo un po' meglio, quindi mi sembrava opportuno tornare in classe, probabilmente il signor Smith si stava preoccupando. Feci qualche passo quando il mio telefono vivrò, avvisandomi che mi era arrivato un messaggio.
Da: Zio.
La scuola mi ha appena chiamato, torna in classe.
A: Zio.
Ho avuto un'altra crisi quindi sono uscita. Ora sono in giardino, e non mi sono cacciata in nessun guaio. Potresti venire a prendermi?
Da: Zio.
Sono tra quindici minuti, non metterti nei guai. :) xx.

Roteai gli occhi leggendo l'ultima frase. Non si fidava di me, nessuno lo aveva mai fatto. Sbuffai, passandomi una mano tra i capelli. Cominciai a camminare verso l'entrata più vicina, quando sentii un urlo. Non era un urlo di gioia o di piacere, bensì di terrore e di dolore.

Cominciai a correre, non mi importava se potevo essere in pericolo o meno, la curiosità mi stava divorando.

Corsi per più o meno cinquanta metri, quando giunsi, un'immagine mi fece rabbrividire. I miei occhi si riempirono di lacrime e la mia mano destra coprì la mia bocca. In mezzo al prato, a qualche metro da me giaceva il corpo di una ragazza dal corpo martoriato. Aveva i capelli rossi. Rossa era morta.

Bloodstream. - Michael Clifford [slow updates.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora