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L'appartamento era abbastanza silenzioso. I rumori che provenivano dall'esterno giungevano dentro la stanza mitigati dalle ante chiuse delle due finestre che si aprivano su una parete.

Il tempo non era molto soleggiato in quel giorno di inizio novembre, ma le temperature non si erano ancora fatte davvero rigide, lasciando la bella città di Roma a soffocare tra smog, umidità e il caldo di quella lunga – ancora inconclusa – estate che tornava a sorprendere i cittadini a giorni alterni, con temperature fuori stagione, facendo sberleffi all'autunno che rischiava di essere spodestato.

La pelle si copriva facilmente di un sottile strato di sudore, anche al più piccolo movimento. Il vento alzava nell'aria un turbinio di foglie e polveri sottili, rendendo difficile persino respirare e, proprio per quel motivo, Elia aveva preferito chiudere tutte le finestre di casa, persino quella del bagno.

Il giovane si trovava ormai da un po' davanti l'armadio aperto dal lato in cui erano riposti i vestiti di Eleonora. Fece scorrere le grucce sull'asse, cercando qualcosa che fosse il meno appariscente possibile.

Non che sua sorella fosse solita sfoggiare abiti in grado di attirare l'attenzione su di sé, ma c'erano tante dinamiche da tenere in considerazione – cose che ormai Elia aveva imparato a tenere in conto. Innanzitutto non doveva trattarsi di biancheria aderente, né troppo succinta. Nessuna T-shirt scollata, né gonne troppo corte. Per quel giorno, tuttavia, il giovane decise di optare per un paio di jeans e un maglione lungo, oversize.

«Che diavolo ci fai qui?!» esclamò Eleonora, entrando in casa e sorprendendolo con i suoi vestiti tra le mani.

La lingua del ragazzo impiegò qualche secondo per decidersi a muoversi e articolare parole, ma, alla fine, riuscì a risponderle.

«Stavo cercando di mettere ordine tra il caos delle tue cose.» disse.

«E da quando sei così magnanimo?» ribatté lei, per nulla soddisfatta dalla risposta che aveva ricevuto.

Sua sorella rimase a fissarlo per un po', in silenzio, sedendosi sul letto a una piazza e mezza che condividevano e che utilizzavano anche alla stregua di un divano, dato che non ne possedevano uno vero. Sciolse i suoi lunghi capelli biondi dalla stretta treccia in cui li aveva tenuti legati sino a quel momento, massaggiandosi la cute indolenzita. Odiava tenere i capelli legati, ma il suo lavoro non le permetteva altrimenti.

Elia rimase interdetto. Ovviamente, non aveva alcuna intenzione di mettere ordine nel suo caos, non avrebbe neanche saputo da che parte cominciare. Da quel punto di vista i due erano molto diversi: tanto il ragazzo era ordinato e meticoloso, allo stesso modo sua sorella era la personificazione di una dèa del disordine. In realtà erano diversi un po' su tutto ciò che li caratterizzava, rendendoli uniti e complici a partire proprio dalle loro peculiarità individuali, che li aiutavano a completarsi a vicenda.

«È che ultimamente sei stata molto impegnata con il lavoro. Quindi volevo aiutarti...» incominciò col dire il giovane, tentando di non insospettire la sorella, senza riuscire a terminare la sua frase. Scorse uno dei sopraccigli di Eleonora alzarsi dubbioso, enfatizzando la sua espressione scettica.

«Comunque sia, come sta andando all'Università?» gli chiese lei, decidendo che fosse meglio troncare la propria curiosità – almeno, ancora per quella volta.

Eleonora aveva già una mezza idea su cosa stesse facendo suo fratello con i suoi vestiti, ma comprese, dall'espressione sgomenta che gli aveva irrigidito i lineamenti del viso, che non fosse ancora giunto il momento per indagare ulteriormente sulla questione.

Elia tirò un sospiro di sollievo e si sedette di fianco all'altra, convinto com'era di essere riuscito a scampare il pericolo – nonostante fosse consapevole che era soltanto questione di tempo prima che Eleonora soccombesse alla propria curiosità, pretendendo da lui delle spiegazioni.

ELIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora