2

837 72 16
                                    

L'aula di Informatica Uno era immensa. Si apriva dall'alto verso il basso, in una grande scalinata a mezza luna che richiamava la forma di un anfiteatro. Le scale erano larghe, di legno lucido, e aprivano l'ingresso ai corridoi in cui si trovavano i banchi, i quali potevano ospitare fino a una ventina di studenti per fila. Le sedie erano di plastica, di colore nero, e la cattedra del professore era stata collocata nel punto più interno della stanza, al centro, davanti un grande pannello su cui era puntato un proiettore.

Eleonora si trovò circondata da decine di sconosciuti che condividevano con lei soltanto l'imbarazzo della prima lezione. Scelse per sé e le sue amiche dei posti che fossero il più vicino possibile alla cattedra dell'insegnante e per due motivi ben precisi: il primo era che voleva davvero impegnarsi a essere una brava studentessa; il secondo, invece, la portò a preferire quella soluzione nella speranza di vedere gli altri studenti occupare l'aula a partire dai posti in fondo, permettendole di non essere circondata da troppe persone.

Provava una costante ansia che le stringeva il petto, rendendo i suoi respiri brevi. Tremava, rivolgendo continuamente occhiate furtive intorno a sé. Aveva il timore di essere scoperta da un momento all'altro, per quello aveva fatto subito in modo di circondarsi di poche, ma buone persone, in modo da avere sempre qualcuno intorno a minimizzare la sua figura tra la folla. Sapeva come sarebbe apparsa se si fosse trovata da sola in mezzo a centinaia di sconosciuti e sarebbe subito risaltata agli occhi, neanche se avesse avuto una freccia puntata sul capo, ma lei non voleva stare al centro dell'attenzione.

Lontana dall'influenza negativa dei suoi zii, era diventata consapevole della propria bellezza e si era trovata costretta a cercare in ogni modo di sminuirla, facendo sì che gli altri non la notassero, proprio per via di quel suo desiderio di essere lasciata in pace. Cosa che non aveva molto funzionato poco prima, dato che aveva attirato su di sé l'interesse di quei due. A ripensarci, si rese conto che erano entrambi dei bei ragazzi e per motivi ben diversi: Stefano sembrava in grado di calamitare gli altri verso di sé con la propria allegria, mentre Orso era un tipo affascinante proprio per via del fatto che appariva cupo e minaccioso.

La ragazza trasse un lungo respiro e con la coda dell'occhio si accorse che il vestito le era scivolato un po' troppo in basso sul decolté. Arrossì, sollevando la scollatura e maledicendosi mentalmente per la scelta poco saggia che aveva fatto indossando quell'abito. Il suo intento era stato quello di apparire il più femminile possibile, prendendo spunto da quegli stessi pregiudizi con i quali era cresciuta, ma la sua si stava rivelando una mossa poco intelligente. Correva il rischio di svelare il proprio segreto già durante i primi minuti della prima lezione, il primo giorno di Università.

Alzò gli occhi al soffitto e sbuffò sonoramente.

«Che hai?» le chiese Rachele, avvicinandosi a lei, ed Eleonora si trasse istintivamente indietro, cercando di ristabilire una certa distanza tra di loro. Così facendo, tuttavia, finì per urtare un braccio di Cristina e il contatto con la pelle dell'altra la fece impallidire di colpo.

«Stai bene?» le domandò Cristina ed Eleonora borbottò un paio di scuse.

«Non mi piace il contatto fisico.» disse, tentando di giustificarsi, prima di riportare gli occhi di fronte a sé, distogliendo lo sguardo dalle altre due.

A dire la verità non conosceva Cristina e Roberta. Le aveva incontrate per caso davanti le tabelle che contenevano gli elenchi dei nomi dei vari studenti che frequentavano il suo stesso corso di laurea, affissi nei pressi della segreteria universitaria, e che erano stati suddivisi per gruppi in base alla lettera iniziale del cognome, di modo che gli studenti non avrebbero finito per sovraffollare le aule, partecipando alle lezioni senza doversi presentare tutti insieme. Aveva subito intuito che le due ragazze erano spaesate e imbarazzate, proprio come lo era lei nel momento in cui le aveva incontrate, da sole in mezzo al caos, e avevano iniziato a scambiarsi battute frivole, trovandosi presto complici.

ELIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora